Il melanoma uccide? No, se sei come il cavallo.

Mauro Sartorio
Il melanoma del cavallo: una visione psicosomatica
Nella rubrica "vivere biologico" raccolgo le ricerche e le informazioni che mettono in bella mostra la differenza tra il vivere puramente biologico di un animale selvatico e il vivere "civilmente", spesso meno bio-logico, dell'essere umano.
Questa distanza crea infatti lo spazio in cui l'organismo umano ha necessità di reagire con fisiologia speciale ad una posizione scomoda e in attrito con le leggi di vita, manifestando le cosiddette malattie.
Tra gli elementi che, al giorno d'oggi, sono fortemente coinvolti nel creare questo iato, troviamo quella tendenza esclusivamente umana ad eccedere in diagnosi e medicalizzazione.
In questo articolo sperimenteremo quanto peso possa avere tale tendenza, mettendo a confronto il protocollo di intervento che la medicina applica all'essere umano rispetto a quello che la medicina veterinaria applica all'animale.

Proprio oggi è iniziata l'estate. Molti nelle prossime settimane si esporranno ai raggi solari, accompagnati da un certo timore di fondo che aleggia intorno al melanoma e ai tumori della pelle, ai rischi delle radiazioni ultraviolette e intorno alle campagne di screening preventivi con la mappatura dei nei.
Nella nostra società la paura è ad altisimi livelli, con punte di panico alimentate da una pressione mediatica crescente.
Il melanoma è infatti classificato come uno tra i tumori più metastatici, infiltranti, aggressivi e pericolosi, ed è misurato nella sua "malignità" in base a caratteristiche di spessore, velocità di replicazione cellulare, presenza di ulcerazioni, coinvolgimento dei linfonodi e metastasi in genere.
Le ulcerazioni, in particolare, sono ritenute segnali di elevata "malignità" e pericolosità.

Se invece guardiamo alla società equina, non ci sono campagne di informazione e prevenzione, e in effetti i cavalli non se ne preoccupano affatto.
Ma anche gli stessi esseri umani, quelli che quotidianamente hanno a che fare con i cavalli, non si preoccupano del melanoma equino con ansia, perchè in medicina veterinaria è acquisito e scontato il fatto che i cavalli abbiano dei melanomi e difficilmente moriranno di quelli.
In particolare i cavalli grigi, che hanno una incidenza di melanoma dell'80%, si portano dietro tali forme tumorali fino alla vecchiaia e generalmente muoiono di altro.
Mentre un'ulcerazione su un essere umano mette in agitazione il medico per un intervento urgente, un'ulcerazione su un cavallo viene medicata e osservata, perchè potrebbe indicare al medico veterinario che il processo sta regredendo.

EZIOLOGIA PSICOSOMATICA DEL MELANOMA

Ma allora il melanoma in un cavallo e quello in un uomo sono due cose diverse?
Un melanoma è un processo che coinvolge le cellule del derma, lo strato basale profondo della pelle, il quale ha funzione di sostegno, protezione e nutrimento dell'epidermide esterna.
Il derma ha un'origine filogenetica molto antica, è innervato dal cervelletto (paleoencefalo) e quindi reagisce con una percezione biologica che è la medesima nell'uomo, nel cavallo, nella maggioranza degli altri animali e probabilmente si osservano analogie in alcuni vegetali.
La ricerca di base infatti si orienta nell'indagine su diverse specie animali. Fonte: PubMed.

Il derma reagisce ad una sensazione viscerale di "essere attaccato nella propria integrità".
Quando l'uomo (o il cavallo) ha bisogno di protezione da un attacco in un certo punto del corpo, il tessuto basale della pelle si ispessisce (Fase Attiva) accrescendo la sua funzione protettiva.
Quando il pericolo viene meno, il tessuto in eccesso (fase PCL) è smantellato ad opera di funghi e micobatteri (con ulcere maleodoranti) o, in assenza di microbi, è incapsulato rimanendo in quello stato per il resto della vita.

L'uomo fa melanomi in quei punti del corpo in cui sente di essere attaccato o "insudiciato".
Anche il cavallo reagisce per gli stessi motivi, ma con il cavallo in cattività si possono riconoscere zone specifiche e tipiche:
- principalmente nella zona perianale sotto la coda, spesso in seguito ad accoppiamenti forzati o ad inseminazione artificiale;
- nella commissura labiale, a protezione dal contatto con l'imboccatura metallica;
- sul pene, soprattutto in seguito a castrazione;
- nell'area oculare, per diversi motivi che possono avere a che fare con insetti e parassiti.

Il processo di proliferazione cellulare è descritto in ogni testo accademico: ma mentre il melanoma dell'uomo veicola un carico di paura intrinseco, al contrario non si insegna la paura del melanoma del cavallo.

GESTIONE CLINICA VETERINARIA

In base a queste due diverse percezioni del medesimo fenomeno, come viene quindi gestito clinicamente?
Nell'uomo si interviene rapidamente e drasticamente, in funzione del grado di "malignità" rilevato, generalmente con asportazione chirurgica.

Invece in medicina veterinaria si concorda che i melanomi del cavallo hanno raramente bisogno di intervento. 
Solo in rari casi è necessaria l'escissione chirurgica a causa della grandezza della proliferazione stessa che può provocare impedimenti meccanici ad alcune funzioni vitali (defecazione, protrusioni palpebrali ecc.). 
In generale viene sconsigliata la rimozione chirurgica a causa di recidive con proliferazioni maggiori rispetto a quelle iniziali.
Si nota che in alcuni casi queste proliferazioni ulcerano fino a scomparire.*

Nel cavallo si tende a tenere in osservazione e a non si intervenire.
Perchè si sa che il melanoma può rimanere e senza rischi, può incistarsi, può anche andare via da solo e può essere rimosso nel caso di impedimenti meccanici. Tuttavia si tende a evitare l'intervento, perchè si è consapevoli che la probabilità che si riformi è molto alta.
Un tale epilogo è evidente nel suo senso biologico: se c'è il bisogno di proteggersi in un punto e qualcuno rimuove la protezione, l'organismo cercherà di ricrearla e anche più forte di prima.

LE INCOGNITE DELLA RICERCA

Il melanoma equino e quello umano hanno caratteristiche comuni, sia a livello immunologico, sia istologico, sia patogenetico.
Allora oggi la ricerca scientifica sta disegnando una strada: "dobbiamo trovare quei fattori sconosciuti che inibiscono o ritardano le metastasi nel melanoma del cavallo"*.
Ovvero, considerando acquisito il principio metastatico, si starebbe cercando la risposta alla domanda "qual è quella cosa speciale, forse genetica, che consente al cavallo di resistere alle metastasi e che l'uomo non possiede?"
Ricordi l'orso che resiste al colesterolo e al diabete?

La ricerca può essere precisa e tecnicamente ineccepibile, tuttavia, quando non si concede il dubbio se la domanda sia corretta, rischia di chiudersi in un vicolo cieco di vani tentativi.
Quando invece la ricerca prendesse atto che l'ipotesi metastatica non è solida, sorgerebbero nuove domande, una delle quali potrebbe essere: "se il cavallo con melanomi arriva alla vecchiaia senza grandi fastidi, sintomi ed handicap...cosa fa l'uomo di diverso per produrre le reazioni successive che lo mettono in pericolo di vita?".
Domande che sono nel dominio della ricerca di base, le cui risorse oggigiorno sono fagocitate dalla più pragmatica ricerca clinica.
Un indizio 5LB per cominciare a battere una nuova strada: "come reagisce un cavallo quando il suo veterinario gli dice che ha 3 mesi di vita?".

E con queste domande torniamo all'argomento centrale, cioè a quei fattori che esasperano lo iato tra il vivere biologico dell'animale e il vivere civile umano, quest'ultimo pesantemente militarizzato nell'impresa disperata di proteggersi dai fantasmi dell'inafferrabile e dell'inspiegabile.

Attenzione: quando si sceglie una cura per se stessi, questa atmosfera in cui siamo immersi non può essere ignorata.
Per quanto possa essere invasivo un qualsiasi intervento, la fuga dalla paura "faccio (finta di) niente come fa il cavallo" può, a queste condizioni, essere irrispettosa del proprio sentito profondo e, quindi, controproducente.


*La fonte di questo articolo e delle singole citazioni è lo studio comparativo tra melanoma umano ed equino, svolto dalla dottoressa Benedetta Nesti, medico veterinario, e presentato al convegno Siamo vivi per miracolo - davvero siamo così malati come ci dicono? organizzato a Milano il 26/04/2015 da Salute Attiva Onlus.
Ecco il video integrale dell'intervento.




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