Prevenzione: fare o non fare? Questo è il dilemma...

Eleonora Meloni
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Siamo nell' "ottobre rosa" e una forte propaganda a favore della prevenzione del "brutto male" al seno viene proposta mediaticamente, nonostante diverse evidenze scientifiche mettano in discussione la sua efficacia (rimando agli articoli del Magazine che citano gli studi trasversali condotti a tale proposito).

Con l'occasione mi sono chiesta quindi cosa spinga, profondamente dentro di sè, l'essere umano ad aderire a sempre più numerosi, e talvolta invasivi, controlli periodici preventivi, nonostante goda di ottima salute.

L'esortazione, talvolta la pressione, esercitata da canali informativi che ci raggiungono a domicilio? Probabilmente. "C'è qualcuno a cui sta a cuore la mia salute e mi programma screening senza che me li debba ricordare".

Difficoltà nell’ accedere e discernere informazioni più specifiche e dettagliate? Anche. A volte nel dubbio di ciò che ci viene proposto o raccomandato si sceglie di "fare qualcosa in più tanto per essere più sicuri".

Credenze radicate e "social norms"? Senza dubbio. Tendiamo a muoverci nel mondo in base alle nostre più profonde credenze e a dei comportamenti collettivizzati, secondo la formula di comportamento biologico-sociale "così fan tutti" (traduzione biologica: "restare nel gruppo non mi fa sentire  isolato e aumenta le possibilità di salvarmi").

Paura? ...certamente. Al di là di tante spiegazioni mentali che ci diamo, scavando anche poco al di sotto del velo della razionalità, possiamo dire che la paura copre il 90% del reale movente.

Ma cosa c'è di concreto e scientificamente convalidato in questa paura?

Essa si basa per lo più su una serie di supposizioni, talvolta smentite, che ci vengono passate per diversi canali di informazione non del tutto completi ed esaustivi e che prendiamo per buone...vere...assolute anche quando l'evidenza scientifica non ne abbia ancora dimostrato la veridicità (eclatanti gli inviti per screening alla prostata con PSA e quelli alle ovaie).

Forse che con la paura non si possa discutere?

Forse che la paura non preveda un pensiero logico razionale per poter essere alleggerita?

La paura è un sentito viscerale, profondo, istintivo, che se aspettasse la ragione per attivare i programmi biologici di sopravvivenza di attacco o di fuga ... saremmo già estinti da un pezzo. 
Essa fa parte del codice biologico di sopravvivenza e va tenuto conto che, in quanto esseri altamente condizionabili, alle paure ancestrali, basate su eventi concreti e reali, si aggiungono quotidianamente paure soggettive basate su percezioni un po' alterate della realtà che ci circonda. 

Come esseri umani abbiamo la possibilità, con uno sforzo in più, di poter riconoscere se siamo mossi da una paura reale oppure da una soggettiva. Questo ci consente di accedere all'arte del discernere ciò che ci è più utile e funzionale.

Quindi, considerando che la paura è automatica, cercare di convincerla sarebbe un fallimento certo; occorre agire per altra via, indiretta, ovvero smantellando, pezzettino per pezzettino, con verifiche personali e fatti concreti, quelle credenze e convinzioni dis-funzionali e de-potenzianti che la alimentano. 

Ma come fare?

Il primo passo è riconoscere che la paura c'è, il secondo è osservarla, il terzo è rispettarla.

Se, nonostante l'evidenza scientifica sulla quale mi baso per fare tutta una serie di considerazioni e ragionamenti, ho una grande paura del " brutto male" (per come mi è stato dipinto fin da bambina dai genitori, insegnanti e medici o perché ho avuto esperienze più o meno dirette), allora occorre che io la tenga in considerazione, che la accolga e che osservi quali pensieri e azioni mi spinge a fare. 

Le decisioni che prendo per la mia salute non sono né giuste né sbagliate in assoluto, sono quelle che risultano essere più utili a me in un preciso momento a patto che io mi senta nella MIA FORZA ovvero che io rispetti tutto quello che sono e quello che sento a prescindere sia dai buoni consigli di amici e parenti sia dai protocolli imposti.

Dalla mia esperienza con il "brutto male" mi sento fortemente allineata con tutte le paure che riconosco muovere molte persone alla ricerca di "assoluzioni" quando si espongono a controlli periodici.
Tuttavia in questi anni mi sono anche resa conto che il problema non è la paura, ma quello che io considero essere pericoloso.

Quello che percepiamo come paura in relazione alla malattia, oggi non ha quasi più nulla a che fare con la paura reale determinata da una concreta necessità biologica. 

La paura della malattia che abbiamo da "sani" è molto forte e ben radicata, altrimenti non andremmo a fare i controlli preventivi.
La paura di essere costantemente in pericolo (anche da sani) è alimentata da tutte quelle sovrapposizioni di credenze che si sono sviluppate, nell'arco della nostra vita, a causa dei condizionamenti sul "brutto male". Ogni volta che si nominano parole come "cancro o metastasi", immediatamente il nostro inconscio ci proietta nefasti scenari con ineluttabili epiloghi.
Per questo, quando ci si presenta una diagnosi importante, ci si sente senza più via di uscita, senza scampo.
Allora la paura degenera in terrore, con le conseguenze che ben conosciamo alla luce delle 5 leggi biologiche

La conoscenza di come funzioniamo come macchine biologiche, ci permette di prendere le distanze dallo stato ipnotico della paura, perché sappiamo cosa avviene ai tessuti coinvolti, fase dopo fase.

A quel punto il dilemma a cui si riferisce il titolo si scioglie: fare i controlli diventa una pratica non più spinta dalla paura e dalla speranza quasi "scaramantica" di una assoluzione da parte del medico, ma diventa un'azione consapevole al fine di esercitare "capacità di scelte realmente funzionali" per noi stessi, momento per momento.