Se i tempi non sono maturi...il silenzio è sacro.

Eleonora Meloni
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Il silenzio sulla nostra esperienza è sacro, perchè sacra è la nostra esperienza.

E. - "Ho un forte desiderio di raccontare a tutti come ho attraversato il mio percorso con il "cancro" seguendo il modello delle 5 Leggi Biologiche, e soprattutto come, in tutto questo tempo ho potuto non sentirmi una persona "malata". 

Sento una grande spinta a comunicare, soprattutto a quelle persone che vedo essere cadute nel girone della diagnosi-nefasta, che vengono più guidate da anatemi e scenari ineluttabili piuttosto che dall'osservazione di sè. 
A quelle persone a cui la paura ha preso il comando della vita, e ha sostituito ogni capacità di comprensione e discernimento.
A quelle persone che si sentono un destino segnato e, nonostante si lascino sottoporre a tentativi di medicalizzazione (molto spesso per amore dei famigliari), dentro di loro si arrendono e gettano la spugna convinti di essere finiti in sabbie mobili dalle quali non usciranno."


Guida - "Capisco il tuo desiderio di condividere la tua esperienza. So che lo faresti per permettere di conoscere altri modi di vedere le "malattie" e, soprattutto, per incoraggiare a leggere una diagnosi in modo biologico senza terrorismo.
Ma ora è molto importante che tieni per te questa esperienza, perché è ancora molto recente, perché non sei forte a sufficienza per sostenere i commenti e i giudizi che riceveresti sicuramente dalle persone che ti sono intorno.
"Sei matta! ...ti è andata bene, sei stata fortunata, la prossima volta non ti andrà così bene, è un caso, sei incosciente, hai rischiato grosso"... 
Frasi reattive, emesse senza la conoscenza né dei processi né dei tuoi sentiti personali.
Sono commenti che sgorgano da paure soggettive e collettive, proferiti con impulsività e spesso anche con rabbia.
Essi non dispensano certi giudizi per cattiveria, ma solo perché hanno paura, sono terrorizzati da quello che ti è successo, dall'idea che si sono fatti, nel corso della loro vita, del "brutto male". 
Rispondono in base alle loro credenze e alla più profonda paura che ciò che è capitato a te potrebbe capitare anche a loro o a un loro caro... e allora, come potrebbero reagire?
Capisco il tuo entusiasmo per la tua esperienza e la voglia di riscatto; ma non sei ancora sufficientemente forte per poter ricevere e sostenere questi commenti e soprattutto la veemenza con cui vengono pronunciati. 
Ti toglierebbero forza, che per te è ora più che mai preziosa, una forza non ancora consolidata, perché ti manca una completa integrazione del vissuto che hai affrontato. 
L'esperienza è sufficiente a tenerti agganciata al fatto che ce l'hai fatta ad attraversare l'inferno, ma soprattutto per renderti conto che, in realtà, non si trattava dell'inferno, se non per il terrorismo e la paura da cui eri circondata, nonostante i tentativi di minimizzare e sostenerti nella lotta contro un terribile nemico. 
Conserva quindi questa forza, non fartela portare via da frasi depotenzianti: ti serve per andare oltre, ti serve come riserva per affrontare altre cose, non è sufficientemente radicata per rendere pubblico il tuo vissuto.
Più le persone sono a te vicine e care, più le parole che dicono avranno peso sul tuo senso critico, perchè tu dai peso alla loro opinione e sei solita prenderla in forte considerazione. 
Il potere delle parole è molto grande e potrebbe inficiare la forza che ti ha portato a questo punto. 
É importante, per ora, tenere questa esperienza per te stessa: è sacra, è tua e solo tu, il tuo compagno e il tuo medico/terapeuta la possono capire e rispettare in pieno. 
Aspetta di diventare forte, aspetta di consolidare le tue certezze, non attraverso atti di fede o convincimenti puramente mentali ma con esperienza, così da rafforzarti sempre di più.
Allora scoprirai che qualsiasi commento o giudizio esterno perderà potere su di te, non ne sarai scalfita.
Solo con questa forza potrai iniziare a raccontare la tua avventura, senza alcun dubbio e soprattutto con una determinazione che non lascerà spazio alle paure altrui.
Datti il tempo che serve ad INTEGRARE la tua esperienza: quando sarai pronta, e sarà diventata parte di te, potrai condividerla da una radicata posizione di forza."


Quando ho potuto comprendere e stare con i processi biologici impegnativi in corso (le cosiddette "brutte malattie" o "metastasi") e quando ho potuto verificare in prima persona che questi processi non erano poi così ineluttabili come li avevo immaginati e come me li avevano descritti, ho sentito un irrefrenabile desiderio di condividere l'esperienza che avevo attraversato con tutte le persone che mi erano vicine, per mostrare loro che "c'era un'altra via" e che "si poteva fare", nonostante le opinioni, il "comun pensare", nonostante le negative prognosi avessero tentato di spingermi verso la rassegnazione ad un inevitabile destino.
Mio malgrado, ho dovuto subito fare i conti con le reazioni che la mia entusiastica dichiarazione procurava negli altri, constatando che, soprattutto gli amici intimi e i parenti, si discostavano di gran lunga dal sostegno che mi aspettavo.
Mi aspettavo un incondizionato consenso, l'approvazione di avere fatto la scelta giusta, anche solo per il semplice motivo di essere ancora viva qui a raccontarlo.
Ma più avevo questo bisogno di condividere per sentirmi approvata, più era chiaro che necessitavo ancora di conferme esterne (più che interne) per sentirmi di nuovo allineata con il mondo intorno.
Le risposte che ricevevo si limitavano ad un imbarazzante sorriso di compiacimento che nascondeva una totale disapprovazione mal celata, oppure, proprio perchè amici cari, ero travolta da parole allarmanti che buttavano i semi del dubbio sulla validità della mia esperienza, nonostante l'evidenza che l'essere ancora viva a raccontarla fosse fuori discussione. 
Mi sono resa conto immediatamente che, a parlare in questi termini, mi sentivo in pericolo, de-potenziata, delusa di non venire compresa, mettendo a rischio il delicato lavoro di INTEGRAZIONE che stavo ancora compiendo con quella extra-ordinaria esperienza. 

Oggi i tempi sono prematuri per condividere certi vissuti personali con la "malattia", rivisitata e affrontata secondo la mappa delle 5 leggi biologiche: perchè, essendo un modello non ancora riconosciuto accademicamente e non rientrando nelle "procedure standard", viene ignorato a priori. Si dice che "la nuova visione non funzioni", nonostante l'evidenza di esserne dei testimonial viventi.
Ecco perchè ho compreso che era importante moderare la condivisione di esperienze intense e importanti con quelle persone che, nonostante il loro bene, non erano (e forse non lo sono ancora) pronte a comprendere; semplicemente non era ancora momento di "fare outing"... 
La paura del “ brutto male”, del “cancro”, è talmente radicata nella cultura che, se non si è solidi sulle proprie gambe e integri nelle proprie convinzioni, si viene travolti anche da semplici parole, sguardi o atteggiamenti di disapprovazione.

Ho potuto comprendere che i tempi non erano maturi, e il rischio di perdere la mia forza, che mi aveva guidato e sostenuto fino a quel momento, era troppo alto.
Scoprire che i processi biologici che il mio corpo attraversava, e attraversa quotidianamente, non sono altro che le migliori risposte sensate che l’organismo è in grado di dare all'ambiente, mi ha permesso di entrare in contatto con una parte molto profonda di me stessa, e di rendermi conto di quanto le mie percezioni del mondo siano legate ai bisogni ancestrali di "macchina biologica", di competizione per la vita, piuttosto che legate alla ricerca del piacere, dell’unione, della bellezza come essere umano dotato, oltre che di un corpo, di un’emotività, di una ragione e anche di coscienza. 
Ho scoperto concretamente che le parole come “cancro” o "metastasi" sono solo PAROLE, icone religiose alle quali crediamo da fedeli devoti, senza sapere che dietro l'etichetta c'è un fenomeno complesso ma anche sensato; analizzare quindi i fatti concreti al di là dei significati dei nomi, ha rappresentato per me un risveglio personale da un’ipnosi culturale nella quale non mi ero accorta di aver vissuto per tanti anni.

Sono passati 11 anni, e solo da 1 ho cominciato a raccontare della mia esperienza ad amici, conoscenti, e anche qui sul 5LB Magazine e in conferenze pubbliche sul tema. 
Solo dopo 10 anni di silenzio, e di ininterrotto studio e verifiche, per la prima volta mi sento di testimoniare, qui e ora, nero su bianco, quella esperienza che mi ha fatto da maestra e da guida.
Capisco che prima non sarebbe stato possibile: ora, però, i tempi sono maturi.