Di seguito il mio intervento al Convegno dell'Istituto di BioQuantica Applicata "La nuova era della Sincronicità Quantistica" che si è tenuto a Verona il 18 ottobre 2025.
In compagnia degli altri relatori Prof. Paolo Silvestrini, Dott. Guido Paoli, Prof. Carlo Ventura, Prof. Gioacchino Pagliaro, Prof. Federico Faggin.
Mi è dispiaciuto che Faggin si sia dovuto assentare pochi minuti prima del mio turno in orario serale, cosicché non abbiamo avuto modo di dialogare direttamente intorno al concetto di panpsichismo quantistico (Quantum Information-based Panpsychism)... sono certo che sarebbe stato molto fruttuoso.
A fondo pagina la risposta ad una domanda della dott.ssa Erminia Ferrari riguardo a malattia e guarigione all'interno del quadro epistemologico proposto.
Su International Journal of Molecular Sciences un recente articolo che ho pubblicato insieme a Pierre Madl sull'argomento: From “Information” to Configuration and Meaning: In Living Systems the Structure Is the Function
https://doi.org/10.3390/ijms26157319
Rossana Becarelli: Adesso chiamo il dottor Paolo Renati.
Hai una piccola clac, vedo. Paolo, bravo. Bisogna fare così. Fisico e filosofo. Non li hai neanche pagati. Madonna che roba. Mettiti dove vuoi, e mi aspetto molto da te.
Paolo Renati: Mi ero preparato molto perché credo che i messaggi spesso sono assolutamente giusti, profondi, condivisibili, e io sono molto attento ai motivi che li supportano. Diciamo che secondo me ci sono alcune cose da precisare. Io parto dal fatto che vorrei mettere in luce alcuni problemi in alcuni aspetti di questo modello, però pur sposandone totalmente alcune tesi.
Io credo che non siamo ancora andati al di là di un paradigma che è di fatto legato alla categoria della quantità e in certi passaggi dell'articolarsi dei discorsi che ho sentito oggi lo rivelano molto bene e rivelano alcune, se vogliamo, piccole incoerenze.
Si è sentito dire: non ci sono bordi, non ci sono confini, non trovate, in un prisma che apre lo spettro della luce, non trovate una riga tra l'arancione e il rosso. Però, al contempo, io sto sentendo che esiste un postulato implicito della dualità tra coscienza e mondo, tra spirito e materia, tra Dio e universo, tra informazione e materia, non so.
Questa è la stessa modalità con cui tutto quello che noi classicamente identifichiamo come particella, molecola – già il professor Ventura ci ha fatto vedere qualcosa di questo e poi ci torno su questa roba. È come se cercassimo di guardare un'onda nel mare e dicessimo: "La vedi quell'onda?" "Sì." E che ti dico, se ti chiedessi dove inizia, dove finisce? Facciamo un'approssimazione e diamo un cutoff.
Non c'è distinzione tra quell'onda e quel mare, cioè, come è già stato detto, non c'è una differenza ontologica tra questo campo unificato, questo Uno, e le sue corrugazioni che potrebbero in qualche modo dare l'apparenza di materialità, anche perché altrimenti siamo di fronte a un problema gigantesco, un problema della continuità del reale che non può assolutamente topologicamente essere lacerato, avere delle infrazioni della propria autoconsistenza, perché se ci fosse appunto qualcosa come materia ultimativamente indivisibile, io sostengo sempre, chi conosce il mio lavoro lo sa, che l’atomos democriteo dovrebbe essere tradotto con l’indiviso, non con l'indivisibile, perché qualunque cosa io posso sempre partizarla. Se voi ragionate classicamente, immaginate una qualunque porzione di qualunque sistema, potrete sempre trovare sottodivisioni, sottodivisioni, oltre la scala di Planck, quello che volete.
Questo è un punto fondamentale perché vi fa capire che il dualismo tra informazione e materia, tra software e hardware, tra anima e corpo, tra Dio e mondo, tra coscienza e materia è assolutamente surrettizio, insostenibile.
Questo cosa vuol dire? Molti di voi si sentiranno tirare via la sedia da sotto il sedere perché è come se pensaste che io "così ci tolgo Dio, ci tolgo l'anima, ci tolgo questo osservatore dall'alto con cui posso consolarmi e che guida la mia vita." Non è affatto così, nel senso che già negli ultimi due interventi abbiamo capito che non c'è bisogno di un direttore d'orchestra esterno perché ci sia ordine emergente e se noi non consideriamo le proprietà emergenti rischiamo di fare, in realtà, proprio nel propagandare un nuovo paradigma, un olismo, in realtà non c'è nessun olismo perché stiamo facendo uno dei peggiori riduzionismi che ci siano.
Guardate che non c'è un solo tipo di riduzionismo, ne cito almeno tre. C'è il riduzionismo epistemologico, c'è il riduzionismo metodologico e poi c'è un riduzionismo che forse è molto sano, proprio perché non ha un costo, che è il riduzionismo ontologico, cioè il capire che tutto quello che esiste è uno.
Il riduzionismo epistemologico e metodologico sostanzialmente postulano l'idea che rispettivamente le leggi che vigono ad un certo livello di scala di descrizione e potremmo aggiungere di complessità sono le stesse a tutti i livelli e questo è pesantemente falso, dimostratamente falso. Il riduzionismo metodologico ci dice in qualche modo che le logiche, che le categorie che compaiono a un certo livello descrittivo, è molto ingenuo, sono riconducibili a qualunque livello. Vi faccio un esempio molto semplice per farvi vedere quanto sia ingenua e fallace questa posizione.
Non è che perché io posso parlare dell'indice di rifrazione di questo bicchiere di penso polistirene, se non erro, allora posso parlare dell'indice di rifrazione di una molecola di polistirene? Non ha nessun senso. E qui c'è un punto importante, ce ne sono due o tre che vi sto snocciolando.
Ovviamente guardate, ho una scaletta di 15 pagine e per me la cosa complicata adesso non è dirvi le cose, ma è cercare di fare un discorso coerente che si riallaccia a tutto quello che avete sentito. Per questo io non ho portato nessuna slide oggi, perché volevo che questo discorso fosse per voi possibilità di sintonizzare qualcosa rispetto a quello che è stato detto, perché qua credo che bisogna fare un po' di ordine, perché se sostituiamo le credenze religiose con delle credenze che hanno altri vestiti con la quantistica o quant'altro, non credo che andiamo molto lontano. E poi vi dirò dei problemi che sono insiti rispetto a questo aspetto, rispetto all'aspetto del postulare la coscienza come fatta di unità, come le seattis, che sono inconoscibili solo perché sarebbero dei qubit. E un domani che i qubit sono possibili da essere scambiati e processati senza essere collassati, cosa facciamo?
Apriamo la strada a quello che è il transumanesimo di Kurzweil che vuole convincervi e vi daranno degli argomenti che ve lo faranno credere, come hanno fatto coi sieri e con tutto il resto e i lockdown e quant'altro, che non c'è problema, potrete abbandonare il corpo biologico perché tanto la coscienza è un'altra cosa, soltanto perché vi hanno raccontato che i qubit non vengono collassati in bit. C'è un grosso problema nel pensare alla coscienza come fatta di sommatoria di oggetti. È di nuovo un problema di creare bordi laddove si dice che di bordi non ce n'è.
Comunque vi dicevo, io ho un dottorato in fisica della complessità e ho fatto una tesi proprio in elettrodinamica quantistica della materia vivente. Le cose che ha presentato il professor Ventura sono il mio pane. Gente che ha seguito i miei corsi sa che il secondo modulo è tutto sulla morfogenesi e la rigenerazione cellulare. Ci sarebbero delle cose interessanti da scambiare, sarebbe molto bello, però quello che vorrei farvi cogliere è questo. Spesso ho sentito Faggin dire: "se la coscienza fosse un epifenomeno, allora sarebbe un dramma" e io invece dico no. In natura tutta la biologia funziona con epifenomeni, nel senso che sono proprietà emergenti che scattano quando un certo livello di complessità e coerenza viene inverato, ma sono decisive, sono cruciali.
Faccio l'esempio, dico: la temperatura è un epifenomeno. Se andate a livello microscopico non esiste niente come la temperatura. La temperatura è semplicemente un'etichetta comoda che diamo per avere un osservabile da inserire in qualche equazione che esprime nient'altro che l'energia cinetica media in una distribuzione di Boltzmann di questi oscillatori. Ma la temperatura ha un impatto enorme, voglio dire, non è che solo perché è un epifenomeno tranquillo tocca pure la piastra a 1000° che non ti fai niente. Oppure - e qui poi si apre una cosa importante sulla questione dei qualia e della percezione - un colore che tra l'altro è un epifenomeno che non esiste in sé. Quando io dico "che bella mela rossa" o "che bella rosa gialla," chissà come la vede un'ape.
Questo è un punto importante per dire due cose. In natura riusciamo ad avere una cosa del tipo che una vespa che esce dallo stadio di pupa e diventa adulta, sa già, senza aver mai visto niente, su quale pianta cercare, a che profondità della corteccia, quale specie di larva, dove deporvi l'uovo e a quale stadio di adultità, tra virgolette, della larva. Come diceva Riberson: c'è una continuità. E come ha detto bene il professor Silvestrini, non c'è una dicotomia tra osservante e osservato, perché è come se quella larva, nonostante uno potrebbe dire, nel moralismo che giudicherebbe quell'azione crudele perché la sta parassitando, quella larva è di fatto una propagine, è una continuità percettiva aistetica della vespa. Oppure pensate quando un albero è in grado di produrre frutti e fiori che abbiano sapore, profumo, o colore perfettamente giusto per attrarre e cattivare come se conoscesse i gusti delle altre specie.
Dove si muove questa roba? Allora, noi possiamo inventarci un altro livello, un livello dell'informazione pura, come ha fatto Faggin, ma non è il solo. Oppure possiamo pensare che, molto in rispetto del rasoio di Ockham, molto semplicemente quello che chiamiamo reale non è altro che il corrugarsi, così articolato, sofisticato e complesso di un unico campo dal quale vengono prodotte qualità diverse che sono dalla carica elettrica, la massa, lo spazio, l'accelerazione, qualunque cosa che, parentesi e la chiudo, dove inizia un osservabile fisica e finisce l'altra? Come si fa a separare la carica elettrica dall'accelerazione, dalla massa? Giustamente il professor Ventura diceva, guardate che quando questa roba oscilla fa tanto onde acustiche quanto elettromagnetiche e chissà cos'altro. Se possiamo considerare anche le eccitazioni che emergono come quasi-particelle, ossia per esempio polaroni, polaritoni. Vabbè, queste sono cose complesse.
Chiusa la parentesi. Allora, dicevo, possiamo immaginarci quindi di creare un nuovo strato. Lì ci sta tutta l'informazione. Perfetto dualismo cartesiano, lo riproponiamo in un'altra salsa e abbiamo un problema enorme del capire come fa un qualcosa che non sarebbe sottoposto alle leggi fisiche. Non è co-sostanziale con quello che in realtà possiamo esperire, sia materiale che non. Ricordiamoci che fisico non vuol dire materiale. Per i greci physis è il reale, tutto ciò che c'è. E io lo intendo in questo modo.
Dovremmo poi chiederci allora com'è possibile che qualcosa totalmente un'altra sostanza riesca però a muovere qualcosa che noi vediamo, come per esempio la nostra fisiologia. Dico cretino a uno in pubblico e dovete spiegarmi come faccia una parola a creare una vasodilatazione perché diventa rosso in faccia, per dire.
Allora, queste sono cose che si collegano molto, tra l'altro, questa domanda all'intervento che mi ha preceduto, quando il mio buon collega si stava chiedendo quale senso dare alla malattia, quale senso dare notazioni casuali, non casuali, ma non c'è niente di casuale, ma non per un moralistico top-down appiccicato dall'alto buonismo... non c'è niente di casuale perché — e adesso qua meno male che siete seduti — perché tutto è deterministico, ma attenti.
Deterministico non ha nessuna accezione negativa, meccanicistico ce l'ha. Io ho sentito un sacco di volte oggi usare la parola deterministico al posto di meccanicistico. Sono due cose completamente diverse. Determinismo significa che ogni cosa ha una relazione causale con altro e non potrebbe che essere così.
E qui introduciamo un altro problema, il problema del probabilismo e del libero arbitrio. A me, scusate, sembra una proposta un pochino facile, una scappatoia un po' semplice dire: visto che non posso spiegare la coscienza e il libero arbitrio in termini più semplici, li postulo, li postulo come fondamentale. Beh, insomma, potremmo parlarne un attimo. Mi sentite a fatica? Ah, caspita. Mi avvicino al microfono. Meglio.
Scusate. No, dicevo, è molto delicata questa cosa. Io capisco che sfida, challenges, proprio le credenze di molti di noi che non hanno bisogno di aggrapparsi a qualcosa che continui come entità, come identità. E per questo tipo di problema dobbiamo ringraziare Platone che purtroppo per creare una sorta di... è per quello che io ho fatto tempo fa un seminario per accademici dove spiegavo il problema della falla metafisica della scienza, cioè la scienza, il fisicalismo è tanto metafisico quanto un atteggiamento misticoide. E ho voluto dire misticoide e non mistico specificando l'accezione deteriore in questo caso, cioè l'idea aristotelicamente, ma soprattutto platonica, che noi possiamo fare la realtà a pezzi anche in senso funzionale, non solo topologico, cioè non soltanto che vedo la realtà con gli occhi della fisica classica e dico: qui c'è la bottiglia, qui c'è il tavolo, qui ci sei tu, qui ci sono io.
Da un punto di vista funzionale, ho la possibilità, mi invento l'idea che posso separare le proprietà dalle cose immaginando aristotelicamente — e tutta la scolastica si porta dietro questo dramma, anche i grandi alchimisti del Cinquecento, del Seicento — che esista una substantia assoluta, la cosiddetta materia nel senso latino prima, e che poi questa sostanza venga rivestita di qualità. Quindi se io ho questa substantia assoluta e viene rivestita di rossezza, croccantezza, profumatezza, rotondità, lucidità, che ne so, vien fuori mela, e se invece ne vengono fuori altri viene fuori un cubetto di ferro.
Ci sono due grossi problemi in questo. Intanto si postula che questo tipo di qualità siano delle categorie universali, cioè la rossezza, come se esistesse, tra l'altro un codice, un unico modo per essere rosso e senza tener conto che la rossezza non è una proprietà intrinseca della mela, ma è intrinseca della mia relazione percettiva con la mela. Ripeto, io non so niente di come vede un'ape una mela. Non so niente di che cosa provi l'ape quando succhia il nettare di un fiordaliso.
Allora, il postulare i qualia — e adesso poi vi dico una cosa sul problema, sull'hard problem della coscienza che secondo me è stato posto in una maniera estremamente abborracciata. Se io postulo i qualia come se fossero delle proprietà che esistono in qualche iperuranico regno degli stati, sto contravvenendo e sto contraddicendo proprio quello che è in realtà inconfutabile che ho detto poc'anzi. Non è che il sapore del cioccolato, il rosso della mela sono qualcosa di intrinseci di per sé al cioccolato, alla mela, ma sono qualcosa di intrinseci, come già ci hanno fatto capire i fenomenologi, della mia relazione percettiva con questo.
Secondo, in questo modo di trattare le qualità, notate bene che Chalmers parla dei Qualia e non solo lui, anche per esempio Bernardo Kastrup che è il fondatore dell'idealismo analitico, dove dice un qualcosa su cui posso concordare, cioè che esiste solo coscienza, solo qualità e l'approssimazione in realtà che facciamo, l'emanazione semplicistica sono le quantità e questo è perfetto. Poi diremo perché. In realtà i qualia vengono intesi dalla maggior parte dei ricercatori come degli stati, delle proprietà individuabili, precise, chiuse in sé stesse. E io chiedo sempre: dove inizia il sapore di una cosa e finisce il suo profumo?
E tra l'altro, ripeto, non possono essere qualcosa di appeso da qualche parte che già preesiste al mondo, perché in questo modello la coscienza sarebbe un qualcosa che è uno strato fondamentale, da cui si emana di nuovo come se fosse creato il mondo. Non posso, ripeto, li sto trattando paradossalmente con le stesse attitudini con cui sono sottoponibili le quantità e succede, ve lo posso garantire, che qualia diventa quasi come il plurale di qualium, tanto quanto quanta è il plurale di quantum. E qui c'è un grosso ossimoro che si propone.
Stiamo cercando di acquisire una visione olistica e vedremo perché proprio la meccanica quantistica non è in grado di portare questo, proprio perché ancora poggia sul postulato della particella, sul postulato della parte in sé e bisogna spostarsi in una fisica quantistica realistica, come diceva Giuliano Preparata, e non convenzionalistica come la Quantum Mechanics, piena di problemi, che come minimi ha la teoria quantistica dei campi. Quindi un approccio di campo che è in grado di rinunciare alla pretesa del conteggio, sapendo che qualunque parte è soltanto il risultato di una decisione arbitraria e imparando a cogliere la realtà come pattern, come dinamiche. È un po' come ritornare a guardare il mare senza pretendere di mettere delle righette intorno alle onde, capendo che non c'è dualità tra il mare e le onde.
E qui c'è un punto centrale. Abbiamo parlato tanto di informazione e io in luglio sono riuscito a pubblicare un articolo per me fondamentale dove questiono profondamente il concetto di informazione così come viene utilizzata nelle scienze e propongo una sostituzione di questo termine che è assolutamente digital like, figlio di una cultura matematizzante la realtà e quindi spezzettante che tra l'altro non ha nessuna capacità di contemplare i significati perché viene considerata nel senso digitale alla Shannon come una serie di bit, prescindendo dal contesto e prescindendo appunto dalla relazione e quindi non può emergere nessun significato. Propongo il passaggio dall'informazione, che è un concetto secondo me insufficiente e che sussume il dualismo tra hardware e software, come vi dicevo, che non è possibile, ve lo dico tra un attimo, a una nuova prospettiva che è quella della configurazione.
La configurazione è qualcosa se io imparo a leggere quando era molto più sana la definizione che avevano i cibernetici negli anni '70 di informazioni. Cosa diceva Bateson? What is information? Information is a difference that makes a difference. È una differenza che fa la differenza. Che cosa sta volendo dire questo? Sta volendo dire che c'è questo reale nel quale se io creo delle differenze, cioè se ci sono delle differenziazioni, prendo questa sedia e la sposto, beh, tutte le relazioni spaziali di questa stanza sono cambiate, così come anche quando qualcuno di voi si fosse toccato la testa. Vi sto cercando di far capire che quello che chiamiamo informazione, quello che chiamiamo software non esiste staccato da un hardware, è il come dell'hardware.
Hardware e software sono soltanto due etichette, due qualità estremali che col nostro linguaggio, purtroppo, come diceva Korzybski, abilitato soltanto a parlare di enti e non capace di parlare di relazioni se non nei verbi. Noi dovremmo parlare solo con verbi, separiamo, ma non c'è questa separazione. Infatti io vi dicevo, se scavate infinitamente dentro una qualunque porzione di materia, non trovate niente. Trovate questo campo unificato che si configura e si configura dando questo, dando quello e quindi non potete postulare una separazione tra aps e soma.
Ecco qui, dicevo, l'auto-organizzazione non è una bella storia, ma è qualcosa che deriva dal fatto che la realtà è auto-relazionata con sé stessa e che nelle proprie dinamiche non può che seguire dei principi di autoconsistenza. Ecco perché esistono delle sorte di regolarità che chiamiamo leggi fisiche. Non perché esista un regno, un abaco, dove esiste il mondo dei numeri. In natura, la natura non ha numeri. In realtà il motivo per cui tutte le grandi... quando cerchiamo di vedere i rapporti di scala, per esempio, in un organismo oppure tra, non so, le dimensioni di un atomo e quelle di una cellula e quelle di una galassia e quelle di un pianeta, mettiamo su un asse le dimensioni che hanno questi oggetti a scale molto diverse, noi vedremo che avremmo bisogno di una scala logaritmica e vedremo che questi oggetti, questi valori cadrebbero su una retta.
Andatevi a vedere i lavori di Nassim Haramein che tra l'altro sta esprimendo benissimo. Sono stato felice di avergli dato in Giappone alcuni spunti importanti che vedo che ha utilizzato alla conferenza di Barcellona in Spagna in luglio. Parla di questa continuità del fatto che appunto non possiamo più parlare di particelle, sono semplicemente eccitazioni, corrugazioni. Se noi continuiamo a tener vivo questo concetto classico, noi ci troviamo a fare una fatica bestiale. Ed è quello che è successo alla meccanica quantistica che ha un sacco di problemi. È una teoria incompleta, è una teoria che non ha nessuna capacità di descrivere quello che verrebbe chiamato collasso da funzione d'onda che in realtà è un artefatto.
Questo che sto dicendo, scusate, è in modo erratico, perché veramente non avete idea del frattale multidimensionale che c'è in testa in questo momento per cercare di collegare i puntini, ma si collega al problema del probabilismo e qui veniamo a fare un commento sul libero arbitrio.
Ho fatto un commento sul fatto che io dico che non c'è niente di male a pensare che... allora facciamo una disambiguazione semantica. Abbiamo usato la parola coscienza, ma cosa vogliamo dire in questa parola? Perché se vogliamo dire che è la capacità di cogliere il mondo, il range d'ampiezza con cui sono in grado di accorgermi / potrebbe esserci anche, quindi, ai livelli più integrati mi accorgo addirittura di esserci. Poi bisogna vedere, no? Come diceva Lacan, esserci chi? Io chi?
Allora, se parliamo di questo, io non posso attribuire questo tipo di qualità a un campo fondamentale. Io posso attribuire una qualità cosciente al reale, intesa semplicemente come asciuttissima, senza proiezione antropomorfa o psicomorfa. Semplicemente il fatto che c'è una irremovibile auto-relazione del reale con se stesso e quindi di fatto tutto il reale sa di se stesso. Punto. Mi devo fermare lì, altrimenti sto semplicemente sostituendo il mito di un qualche Dio che guarda dall'alto soltanto con altri termini. Mentre se lo riferiamo a un vivente ci sta questa cosa. E allora dicevo proprietà fondamentale sì, ma come qualità di un campo è intesa in quel modo non antropomorfo, non proiettivo.
Dicevo del libero arbitrio, così come ci sono dei problemi, esatto, circostanziato. Se io dico che la coscienza è la proprietà fondamentale della realtà e anche il libero arbitrio, ma libero significa non condizionato. Se io devo essere libero, io devo essere con dei bordi, devo essere isolabile. La fisica classica è morta quando Walter Nernst ha scoperto la legge del Tcubo proprio perché ha capito che non esiste l'isolabilità dei corpi. Ed è da lì che è nata la fisica quantistica. Come ci insegna Del Giudice, io nel momento in cui mi accorgo che non posso avere la divergenza dell'entropia al tendere a zero della temperatura e quindi deve mantenersi un sempre una pur minima incertezza di base, quella che si chiama campo di punto zero, io capisco che questo è un modo per dire: "loro se la sono giocata dicendo la particella si muove sempre", ma in realtà dovremmo andare più giù e dire è perché non ci sono bordi.
Allora, se non ci sono bordi, se non c'è isolabilità, se non posso avere confini, come ci ha detto Spinoza, ma di chi è il libero arbitrio? Il libero arbitrio è soltanto della tuttità, è solo il reale intero che può agire libertà, perché libertà è necessità. Ananché, non posso affrancarmi da niente. È inutile che vi citassi gli esperimenti, tra l'altro fatti già nel 2000, da Benjamin Libet, che faceva vedere che mettendo delle persone — alle quali si si dava, monitorate con elettroencefalogramma e sensori vari, gli si diceva: "schiaccia un pulsante quando decidi di muovere un dito o un polso in totale libertà, in totale quiete" — puntualmente l'azione e la scarica dalla corteccia motoria avveniva 400 millisecondi, circa tra i 300 e 450 millisecondi prima che la persona fosse consapevole di voler fare il gesto.
Voglio dire, ma ce la facciamo a fare qualche passetto in più? Io non è che voglio fare il petulante. Io stimo tantissimo quello che sta portando avanti Faggin da un punto di vista del messaggio sul fatto di questa dannata, ecco, chiamiamola IA con il nome giusto, invasione algoritmica. Quello che stiamo vedendo. Grazie. Scusate se il discorso è un po' complesso da seguire, ma vedrete che alla fine si tirano le fila.
Andiamo un po' oltre perché ci sono dei problemi. Se noi diamo, allora noi possiamo avere anche e questo vale anche nelle tecniche di medicina, tecniche terapeutiche. Faccio agopuntura, faccio omeopatia, non so, faccio omotossicologia, faccio bio-risonanza. Bello. Sai, come dice Claudio Piano, tutti i tipi di terapeuti possono vantarsi del fatto che qualcuno è stato guarito da loro e tutti i tipi di terapeuti possono dover ammettere: "non sono riuscito a fare niente."
Allora, qual è il punto? È che va bene, io posso aver avuto, ho osservato un fenomeno, per esempio, anche una guarigione, diciamola così, ma le spiegazioni che mi sono dato per questa guarigione sono corrette? Perché il punto è questo, se noi vogliamo, come diceva Gödel, se io voglio veramente fare una metafisica — attenti bene, metafisica non è qualcosa che sta via dalla fisica, perché noi dobbiamo partire da un continuismo. Metaphysis è tutto ciò che esiste. Dobbiamo parlare di metafisica in senso di ragionare sulla physis. Se io voglio fare quindi della metafisica fatta bene, quindi educazione al pensare, Gödel ci diceva: un sistema di regole dall'interno non è spiegabile. Nel momento in cui io sono in grado di capire le regole che gestiscono un certo sistema, io ne sono riuscito a uscire.
E questo è quello che ci serve. Se io riesco a darmi delle spiegazioni il più possibile veritiere e corrette di quello che accade, allora sì che, come diceva Spinoza, essere liberi significa conoscere, cioè solo con la conoscenza, con questa libertà via dalle paure, via dalle credenze.
Mi ricollego a quello che dicevo prima. Può essere molto pericoloso sussumere che la coscienza è un insieme di qubit, perché guardate che quello che sta succedendo nell'agenda transumanista è l'implementare computer quantistici a un tasso estremamente rapido. E quello che si vede, tra l'altro, qui c'è una parentesi che devo aprire, appunto, Silvestrini stamattina aveva parlato di una cosa molto importante, che questo fantomatico collasso della funzione d'onda sarebbe attuabile laddove un sistema classico interagisce con un sistema quantistico.
Giustamente, se voi ragionate bene, io posso fare un esempio molto semplice. Pensate a una buca di potenziale doppia in cui un elettrone è posto. Questo è un classico esempio di meccanica quantistica. Voi potete descrivere lo stato del sistema come appunto dato da un 50% di possibilità che sia in questo lato della buca o nell'altro. E c'è un esempio carino che si dice. Allora, se io affianco a questa buca porto un altro elettrone, che è ancora un oggetto quantistico, ovviamente, essendo di una carica identica a quella di quello che è dentro, posso sbilanciare un po' la probabilità con cui l'elettrone sia in una buca o nell'altra, cioè se sente la repulsione colombiana di quest'altro è più facile che sia un po' più nella buca lontana. Bene. Ok. Quindi non scriverò più √ 1/2 stato 1 + √ 1/2 stato 2, ma scriverò √ 3/4 e radice √ 1/4, per esempio.
Allora, mettiamone un altro di elettrone fuori. C'è ancora un po' più di repulsione colombiana, ancora un po' più probabile. Mettiamone un altro ancora, mettiamone un altro ancora e cominciamo. Quando c'è una riga, appunto, a cui questo sistema non è più un sistema quantistico, ma dovrebbe creare un collasso. Vedete che non c'è nessun collasso in questo senso, perché ve lo sto dicendo? C'è semplicemente un interagire. La realtà non è che va a breo, come si dice a Genova. La realtà si muove con una precisissima organizzazione deterministica.
Deterministico non vuol dire meccanicistico, cioè non vuol dire soltanto diacronico. E qui poi introduciamo il discorso del tempo. Non è che va solo la causalità dal passato al futuro, ma anche potremmo dire al contrario, ma soprattutto perché il tempo, che cos'è? Esiste il tempo. E qui ecco di nuovo il problema del libero arbitrio. Per postulare il libero arbitrio è necessario pensare che ci sia un asse del tempo come grandezza fondamentale e universale e un futuro aperto, cosa che tranquillamente sappiamo benissimo dalla relatività generale non è possibile. Un Adesso in un sistema di riferimento è un Ieri in un altro e un Non ancora in un altro ancora.
Quale libero arbitrio? "Ah, ma se non ci fosse arbitrio," dice Faggin, "la coscienza sarebbe inutile." Ma perché? Ma chi l'ha detto questa cosa? Abbiamo un piccolo spazio di manovra, come dice Michael Gazzaniga in un bellissimo libro che si intitola Chi comanda? Questo è un punto fondamentale perché uno potrebbe dire: "Stai togliendo il libero arbitrio, allora non abbiamo più nessuna responsabilità." No, abbiamo la possibilità di osservare e di essere presenti ai significati che stiamo dando al reale e alle vicende e alle cose.
Sono libero di dire queste parole in questo momento? Secondo voi io sono libero di parlare semplicemente perché ne faccio un'esperienza dall'interno, mi verrebbe da dire così. Ma qui cosa sta succedendo? Tutto il reale si è mosso, si sta muovendo e si sta configurando in modo che voi siete qua a sentire, Rossana è qua accanto a me, io sto parlando e sto dicendo queste parole, non c'ho nessuna libertà. Questa è necessità pura, non è ideologica, non è che poteva essere qualcos'altro.
E questo è una cosa molto profonda, anche perché vi ricordate, Schrödinger stesso aveva denunciato, appunto, l'equazione di Schrödinger non è assolutamente probabilistica. L'equazione di Schrödinger ti dice che il sistema si declina come una distribuzione, come una composizione di stati. Poi c'è appunto il problema della misura che proietterebbe uno di questi e il delirio che è stato fatto è il dire: "Ah beh, ma finché non abbiamo guardato nella scatola, il gatto è contemporaneamente vivo e morto." Attenti. A parte a essere un delirio di onnipotenza e uno scambiare completamente ciò che è con ciò che conosco, guardate bene, l'equazione del gatto in questo caso è stata scritta con due stati vivo e morto. Potevo scriverla con altri 150.000, pezzato e soriano, con 13 pulci o tre, con un microbiota così o cosà? Ma di che cosa stiamo parlando? Vedete cosa voglio dire?
Come diceva Douglas Hofstadter, vi cito una piccola frase che secondo me è molto importante: noi siamo vittime del linguaggio.
Siamo vittime del linguaggio perché gli eventi della vita ci obbligano, ci forzano a parlare degli eventi a livello al quale li percepiamo direttamente.
Questa è una cosa molto semplice, ma pacifica. Cadiamo in questa roba qua tutti i giorni, ogni secondo. E tutta questa impalcatura teoretica che è stata costruita anche come la meccanica quantistica e per esempio anche questa teoria di coscienza, attenti perché rischia di essere in realtà, non volendolo, un domani che esiste una potenza di calcolo quantistico sufficiente, di fregare gli ingenui, perché tanto la coscienza è fatta di qubit.
Che poi dire — mi sono preso degli appunti — dire che un qubit è un'infinità di stati, allora non è un bit, perché un bit di qualsivoglia tipo è una porzione e quindi se io sto dicendo che è un'infinità di tutti gli stati possibili, non è una porzione e qui di nuovo, quindi vi sto dicendo: ce la facciamo a farli cadere questi bordi? E poi viene un altro punto. Come è stato posto il problema, l'hard problem della coscienza?
Io sono ben consapevole del fatto che ci sono persone e ci sono individui di noi che hanno fatto delle esperienze non ordinarie di coscienza, viaggi fuori dal corpo, Near Death Experiences, tutto verissimo, assolutamente. Ho cari amici che hanno fatto questa esperienza, come dicevo prima, il problema è la spiegazione e le conclusioni che ne traiamo. Allora, Chalmers ha posto l'hard problem della coscienza in un modo su cui Faggin e Dariano si sono serenamente basati, che io invece critico molto, perché Chalmers dice: l'hard problem della coscienza consiste sostanzialmente in questo.
Non si capisce perché tutta l'attività metabolica, biochimica, di sensing, se vogliamo anche di rilevamento dell'organismo accade, ma non accade in silenzio, cioè chissà perché mai debba produrmi delle sensazioni. Questo è quello che chiede Chalmers: perché deve prodursi un'esperienza? E quello che sta sussumendo Chalmers è un dualismo tra corpo ed esperienza.
Ed è qui che casca l'asino. Perché se noi stiamo pensando il corpo ancora con le categorie classiche, lo stiamo infatti, come ho sentito tutta la mattina, ne stiamo parlando come un oggetto. Quando sei iniziato, quando sei iniziata, dove inizi? Dove finisci? Ma dobbiamo capire che questo corpo che chiamiamo corpo, che io sono stufo, in tedesco che è una lingua seria, come dice qualcuno, esiste la possibilità di distinguere molto bene tra Körper [corpo oggetto] e Leib [corpo soggetto]. Corpo cosa? Corpo oggetto, espressione assolutamente forse calzabile per il cadavere, e la corpo soggetto. Corpo soggetto significa che non possiamo assolutamente considerarlo come fa di fatto tutto il nostro pensare ancora classico come un oggetto. È un processo.
Finché contempliamo il corpo come un oggetto, avremo sempre bisogno di appiccicarci qualcosa. Non sappiamo come, ce ne freghiamo, ci accomodiamo di questo che viene da qualche altra parte. Il fisicalismo va a braccetto con la metafisica. Il fisicalismo va a braccetto con una trascendenza e un dualismo ontologico, ma invece vi sto dicendo che c'è la possibilità di fare veramente un salto di paradigma olistico e potrei dire riduzio-olistico, capace di una riduzione ontologica, ma di una visione olonomica della storia se capiamo le cose in modo Eracliteo.
Cosa diceva Eraclito? "Non ti bagnerai mai due volte nello stesso fiume." Ma sì, che belle frasi da biscottino cinese. Ma questa cosa ha una profondità enorme, nel senso che vuol dire un qualcosa che di solito non si considera. Significa che quella roba lì, questo flusso di acqua, non è fatto di acqua più movimento. Vedete, questa è algebra lineare e sto sussumendo, se io dico che il fiume è fatto di acqua più movimento, io sto sussumendo che l'acqua e il movimento sono due variabili indipendenti.
Non è così. Ecco il linguaggio dove ci frega. Ne tiro fuori un po', la fermo, continuo a chiamarla acqua, ma non è affatto quella roba là, non è quello che era prima. Non esiste il movimento senza l'acqua e l'acqua non è sempre sé stessa a prescindere dal movimento. Se noi riusciamo a fare questo click che non farete sicuramente in 5 minuti, ci vuole un po' di lavoro su questo perché siamo talmente drogati di cosalità io la chiamo. Abbiamo l'attitudine cosale. Noi vediamo la realtà e noi dico: ho una gamba, ne ho due, ho un corpo. Merleau-Ponty ha fatto riflessioni preziosissime su questo già negli anni '70 nella sua Fenomenologia della percezione. Questa è un'attitudine riflessiva.
Ma io perché devo dire "io ho un corpo"? Ma chi sta parlando adesso? Perché devo inventarmi un fantasma nella macchina? Perché non sono capace di capire Eracliteamente che non posso staccare le proprietà, meglio la funzione, dalla struttura, che non posso staccare le proprietà dalla sostanza. Questa è la roba che ha fallato tutta la filosofia, eccetto Spinoza, eccetto Nietzsche, e ci sta appestando e ammorbando la scienza di oggi.
Giustamente abbiamo da lamentarci col riduzionismo scientifico. Dovete sapere che ce lo trasciniamo per la stessa attitudine che ha costruito le religioni, ossia l'idea fittizia della quantità come categoria fondamentale e quindi la divisione tra software e hardware, fisica e metafisica, informazione e materia. Non è possibile questa cosa. L'informazione è qualcosa di immanente a un sistema. Io potrei fare informazione basandola su come siete disposti nelle sedie. Se ne sposto uno, ho cambiato tutta l'informazione di questo sistema. Ma perché? Perché è cambiata la configurazione, quindi l'informazione non è una roba che viaggia da qua a là.
E qui torniamo a un altro punto, il teorema di no-cloning. Il teorema di no-cloning è vero semplicemente laddove ci sia un trasferimento di energia. Laddove ci sia la necessità per far conoscere a un sistema, lo stato di un altro, un passaggio di energia. Ma se noi parliamo, per esempio, di risuonare di entanglement, appunto, come quando una mamma sente che al figlio sta succedendo qualcosa, quella non è una misura, quello è un qualcosa che Silvestrini prima stamattina ha citato: il partecipare all'essere.
E vedete qui, esatto, qui si risolve anche la questione della riga a cui avverrebbe il collasso o non il collasso. Dipende come interagisce col sistema e quindi c'è la possibilità invece di sentire, essere presente a come è messo un certo una certa porzione di sistema nel mondo, tipo mio figlio, senza dover collassare niente, senza dover rompere lo stato, ma semplicemente perché condivido una fase comune. Questo è tutto il tema della coerenza.
Questo è tutto il tema che permette poi, esatto, di ricollegarsi a quello che è stato detto nell'ultimo intervento riguardo al fatto che il vivente è un sistema super coerente, non c'è un evento molecolare che venga a caso e che tutte sono risposte di adattamento. Quindi dico, in seno appunto alle scoperte di Hamer, le cinque leggi biologiche, piantiamola di chiamarla malattia, ma capiamo che si tratta di risposte sensate alla relazione col mondo. E che cos'è la relazione col mondo? La relazione col mondo non è una cosa ed è questo che dovremmo intendere come anima.
Se non riusciamo a trovare la fine di un elettrone, come possiamo pensare che ci sia la fine di un'anima? Finisce la mia anima, inizia la tua? Ma come si fa a essere così ingenui? Perché non riusciamo a fare questo salto? Perché ci vuole ancora un po' di tempo. Ecco, io sto cercando di provocarvi in un qualcosa che vi porti verso una unificazione della Weltanschauung anche attraverso un'evoluzione del linguaggio, pur sapendo che attraverso il linguaggio dobbiamo suicidare il linguaggio, no? Come diceva Gödel, la logica non può che auto-dimostrarsi suicidandosi.
C'è una cosa, mi vien da leggervi, un passo di un libricino che scrisse il mio professore di dottorato che secondo me è affascinante e vi fa capire veramente come sempre bisogna essere vigili al parlare, ricordando che la realtà non è isomorfa a nessun tipo di linguaggio, a nessun tipo di rappresentazione, che sia linguistica nel senso stretto della parola, che sia matematica, che è comunque sempre una linguistica e anche percettiva perché appunto io posso percepire un bosco e chiaramente non sto risolvendo tutto quello che esiste perché un capriolo percepirà altro, un'ape qualcos'altro, un porcellino di terra, altro, quella quercia, qualcos'altro, eccetera.
Allora, il mio professore che si chiama Alessandro Pluchino e questo librettino si intitola Tempo, cosmologia e libero arbitrio, sta facendo una riflessione appunto dove a quelli che sostengono: "Ma no, ma sì, sai, abbiamo un libero arbitrio perché c'è un Sé." E lui dice: "Ma e benissimo, ma il Sé che cosa sarebbe?" Cioè, come facciamo a definire questo Sé?
Lui dice: "Ciò che ci induce in errore ci spinge a ritenere che la discontinuità tra un nostro Sé e il resto del mondo ci sia, è semplicemente il fatto che noi non ci limitiamo ad osservare il Sé così come osserviamo il resto dell'universo. Noi il Sé lo sperimentiamo."
E questo ovviamente ci dà una posizione privilegiata, per esempio, rispetto a quello che giustamente ci dice Faggin e che tutti condividiamo, che l'esperienza è privata, ma ci dà una posizione anche un pochino facile a cadere nell'errore perché immaginiamo che questo Sé sia una cosa, una cosa isolabile. "Noi lo sperimentiamo, noi siamo il Sé e questo genera inevitabilmente una deformazione prospettica, un'illusione ottica che ci spinge a ritenerci in discontinuità con il resto dell'universo, finché stiamo in un'attitudine classica, solo in quei rari istanti di espansione della consapevolezza."
E qui poi ci torniamo perché: "ah, ma allora l'esperienze fuori dal corpo, ma allora quella ho visto quando ero in coma 6 mesi?" Secondo voi erano esercitabili queste cose senza quello che stiamo chiamando corpo? È che finché lo chiamiamo così, dicendo che tanto è un sacco di molecole, noi capiamo che quello invece è un sistema di oscillazione continuo, è un processo a proprietà non locali, come nei superconduttori che non sono infatti spiegabili dalla meccanica quantistica e bisogna introdurre la visione di campo, la teoria quantistica dei campi per spiegare lo stato condensato di questo genere.
Finché noi continuiamo a pensare a cercare di descrivere il corpo con la meccanica quantistica, non arriveremo da nessuna parte. Ma se lo descriviamo con le rotture spontanee della simmetria, con le dinamiche dissipative e appunto con la visione di campo, viene fuori tutta un'altra storia, come con l'acqua liquida, di fatto costituente il 99% della materia vivente, in frazione molare. E che cosa emerge? Emerge che, così come il superconduttore per essere — che è un fenomeno macroscopico, dove vedo questo bel pezzo di neodimio a 20 Kelvin levitare su magnete, inspiegabile con leggi macroscopiche classiche — come diceva Umezawa, come ha detto Vitiello, Blasone, questa roba qua che stiamo chiamando corpo è una manifestazione macroscopica assolutamente di dinamiche quantistiche.
Quantistiche in senso però serio, e quindi assolutamente ha proprietà non locali. Ha la capacità della memoria, ha la capacità del telos, ha la capacità anche di cambiare il punto di vista prospettico. Ultimamente sono stati fatti esperimenti di visione senza occhi, non so se qualcuno di voi li conosce, completamente bendati, persone che man mano addestrate, anche bambini facevano in India, e gli mettono davanti dei cartoncini di vario colore e sanno dire che colore è sbagliando zero. Questo è un fenomeno non locale.
Il corpo - questo a me non piace chiamarlo corpo - il vivente, il processo biologico, questo fiume eracliteo ha proprietà non locali. Non c'è bisogno di appiccicarci un'altra roba che poi diventa un casino da gestire. Come fa questa roba che non è fisica a gestire il fisico? Andiamo all'asciutto. Io, come diceva Panikkar: "Quando la goccia d'acqua torna nel mare, cosa c'è che dura? La goccia d'acqua o l'acqua della goccia?"
Ce la facciamo ad avere questa forza, questa capacità di morire o dobbiamo per forza aggrapparci?
No, io continuo a esistere perché io... Ma piantala. Una volpe accasciata e defunta ai piedi di una quercia diventerà tutto. Questa è la sua eternità. Un po' un fringuello che arriva a marzo, un po' foglie di quella quercia, un po' fibre di micelio di quel terreno, un po' erba, un po' nuvole, un po' il nostro respiro. È così terribile questa cosa da accettare? Cosa ci vuole per avere questa sobrietà, questa forza d'animo per riuscire a non aver bisogno per... "No, io non voglio morire." Lo so, che dobbiamo fare. Siamo dentro come un ricciolo d'acqua dentro un fiume. C'è e non è altro dal fiume. Si trasformerà continuamente. Il fiume evolve. E ci vuole questo coraggio.
È molto più coraggioso saper vivere senza fede che con la fede. E questo lo so che urta tantissimi di voi, però io ve lo devo dire. Stavo finendo di dire: "solo in quei rari istanti di espansione della consapevolezza che caratterizzano la cosiddetta coscienza cosmica, quando i confini tra il nostro corpo e il resto del cosmo si affievoliscono, cioè li riusciamo a percepire molto finalmente come artefatti, fin quasi a svanire. Ecco che ci è consentito sperimentare ciò che realmente siamo. Campi di energia, materia, quello che volete, in coevoluzione dinamica con l'intero universo, senza tagli" come un vortice nel fiume non ha tagli rispetto all'acqua del fiume. Sfido io chiunque a contraddirmi in questo.
"In quei momenti ci sentiamo in sincronia con la miriade di processi che coinvolgono tutte le strutture gerarchiche del nostro complesso organismo con i flussi di informazione che percorrono gli stati in senso sia ascendente che discendente in molteplici livelli di organizzazione della materia energia che in questo momento formano questo condensato che chiamiamo organismo, chiamiamo vivente. Ebbene, che senso ha in quei momenti rimanere aggrappati?" Scrive Alessandro Pluchino, non io. "Che senso ha rimanere aggrappati ad un fantomatico Sé isolato dal resto del mondo che dovrebbe compiere scelte libere? Libere da cosa?
Chi è che compie le scelte se un Sé separato dal resto non esiste? Per esempio, se vogliamo parlare di atomi che compongono il nostro corpo, sono stati sintetizzati nel cuore di stelle supernove sparse per la galassia che poi esplodendo hanno disseminato gli elementi chimici, per esempio, pesanti nello spazio interstellare e ci torneranno. Durante la nostra vita ricicliamo quasi tutti questi atomi svariate volte. Apertura termodinamica, ma resta la continuità di un self come chiusura organizzativa. Io ho la continuità di fare esperienza proprio perché quella che è fissa è la dinamica, così come nel fiume è quello che continuamente rimane: il divenire.
Ed eccola qua la falla della metafisica, la falla del platonismo che ha sempre voluto dividere essere e divenire. L'unico essere è il divenire. È l'unica cosa fondamentale.
Dicevo: "durante la nostra vita ricicliamo tutti questi atomi svariate volte scambiandoli e riscambiandoli. Gli atomi dei miei capelli, delle mie cellule, dei miei tessuti, intrecciano le loro traiettorie spazio-temporali con quelli degli altri esseri viventi e non viventi della biosfera come fili di un enorme tappeto colorato. La mia vita diventa un ricamo che si intreccia con gli altri in un disegno più vasto e complesso che in ultima analisi non è nient'altro che la trama profonda del cosmo."
Sono nodo in una rete. Che male c'è? Sono vortice in un fiume? Che male c'è?
Allora, "il Sé non è una sostanza, ma un pattern di organizzazione, proprio come la Grande Macchia Rossa di Giove, una vasta tempesta anticiclonica che dura da almeno 300 anni e che si sostituisce continuamente le proprie particelle costituenti attingendo alla ribollente massa gassosa del più grande pianeta del nostro sistema solare. Così il mio Sé è una tempesta biologica che dura da più di 40 anni attingendo alle riserve di idrogeno, carbonio, eccetera, eccetera." Questo è molto interessante.
Vado avanti e vi leggo un altro punto fondamentale. Lui dice: se ci sono tanti livelli, quello più fondamentale dei campi, poi quello che potremmo identificare come dinamiche molecolari del metabolismo, quello cellulare tissutale, sistemi, l'endocrino, quello che volete, lui dice: "Dov'è che starebbe?" Cioè perché il Sé, voglio dire, è comunque tutti questi livelli, non è che è in uno di questi.
Infatti lui dice: "Del resto, da quale o da quali e quanti di questi livelli scaturiscono la nostra auto-coscienza, la nostra sensazione di possedere una consapevolezza?" La risposta non è banale e qui fa un esempio che è magistrale che vi voglio leggere brevemente.
"Per renderci conto di quanto non è banale, proviamo ad immaginare di trovarci seduti e rilassati su un divano ad assistere in diretta TV all'esecuzione della Quinta Sinfonia di Beethoven da parte dell'orchestra della Scala di Milano.
E proviamo a porci la seguente domanda: dove risiede realmente e fisicamente la sinfonia di Beethoven che stiamo ascoltando? Quando parliamo di Quinta Sinfonia di Beethoven, basta ovviamente pronunciare il nome per intenderci tutti su che cosa stiamo dicendo, ma come vedete, lui dice, ripeto, riformulo la domanda: cosa è veramente la Quinta Sinfonia di Beethoven? In cosa realmente consiste? Certo, non nelle quattro parole, Quinta Sinfonia di Beethoven, ma allora risiede forse in quelle macchie di inchiostro sugli spartiti dell'orchestra che le retine dei musicisti attivate dai fotoni che rimbalzano sulla carta riconoscono come note e che i loro sistemi nervosi trasdurranno i movimenti muscolari.
Risiede nelle molecole d'aria contenute nel teatro della Scala e spostate dalle onde di pressione generate dagli strumenti. Risiede nei miliardi di elettroni che si spostano per caso nei cavi elettrici che collegano la telecamera e i microfoni che registrano il concerto all'antenna che trasmette segnale nelle onde elettromagnetiche trasportano tale segnale nell'etere fino all'antenna del nostro televisore o risiede negli elettroni del tubo catodico che trasducono quel segnale in immagini e suoni nelle molecole d'aria della stanza in cui ci troviamo, nelle configurazioni neuronali del nostro cervello."
Oppure, dice, 'Ma non sarebbe altrettanto corretto dare a Ludwig quel che è di Ludwig e dire che la vera sinfonia di Beethoven risiedeva solo nel cervello di Beethoven.'
Dove esattamente? Nelle sue configurazioni neuronali, nei suoi neurotrasmettitori elettrochimici, nei suoi ormoni? E siamo sicuri che fosse solo nel cervello o non più diffusamente in tutto il corpo? E da dove aveva avuto origine? Da dove Beethoven aveva tratto le ispirazione per comporla? Da quali eventi della sua, questa è la domanda ficcante, da quali storia della sua vita, da quali amori, sentimenti, emozioni era scaturita? Insomma, proprio che dire cosa sia o dove risieda fisicamente la Quinta Sinfonia di Beethoven, non sia meno difficile che dire cosa sia o dove risieda fisicamente il nostro Sé.
E questa difficoltà risiede nel fatto che sia noi che le sinfonie, come moltissime altre entità, i cui nomi popolano il nostro universo semantico, teorie scientifiche, guerre, nazioni, città, religioni, film, romanzi, il traffico, le folle degli stadi, gli uragani, i terremoti, non siano degli oggetti ben definiti e delimitati, ma dei pattern di configurazione complessi, distribuiti che emergono dall'intreccio di una molteplicità di livelli di descrizione supporti di fisici diversi. È impossibile isolare uno di questi livelli, qualunque esso sia, e dire: 'noi siamo là' oppure 'ecco, la sinfonia è là.'
A volte per comodità o semplicità lo facciamo e parliamo di musica, arte, scienza, politica, funzioni di alto livello, causalità verso il basso, anima, io, libertà, libero arbitrio, provvidenza, destino, Dio. Ma dobbiamo capire che così facendo stiamo effettuando delle approssimazioni, spesso enormi approssimazioni. Probabilmente questo è l'inevitabile prezzo da pagare per comprendere il mondo che ci circonda e sopravvivere in esso, ma dobbiamo essere presenti a questo."
Allora, questo è un punto centrale perché tutte le teorie che vengono strutturate su un linguaggio logico sono sottoposte alla categoria della quantità, alla categoria della quantità finita. Questo dà una dignità scientifica rispetto a quello che per noi oggi significa dignità scientifica, ma di fatto rischia di farci guardare il reale con un'attitudine cosale e quindi c'è bisogno di inventarsi un sacco di cose, c'è bisogno di appiccicare delle cose che sono d'altra parte, quando in realtà possiamo tranquillamente vedere, appunto, come se capissimo che il movimento del fiume è intrinseco all'acqua. Proprio la natura stessa di quell'acqua è il movimento. Non so se è chiaro questo, non è molto semplice, però è un punto decisivo questo.
C'erano c'era qualche altra riflessione che mi era venuta in mente. Solo che in questo momento sono andato in decoerenza e semmai lascio lo spazio per qualche cosa, qualche dubbio. Vi ringrazio. [Applauso]
Rossana Becarelli: Nella complessa analisi che abbiamo sentito adesso e in tutto quello che abbiamo sentito oggi, vorrei farvi una riflessione che poi porterete con voi. Allora, tutto quello di cui noi stiamo parlando si organizza secondo due modalità di altissima codifica. Uno sono i numeri. Avete sentito che nella serie numerica di cui noi ci avvaliamo lo zero è arrivato tardissimo. Quindi, oltretutto, non è neanche una serie naturale, ma addirittura neanche così antica. Ma l'altra è ancora più stravagante, perché una serie assolutamente arbitraria di segni che fanno le lettere alfabetiche, compongono delle parole che si organizzano a loro modo secondo grammatiche e sintassi. E immaginatevi questi due modi di altissima codifica che intendono riprodurre la realtà.
Non c'è nulla che ci possa giustificare che questi due sistemi di codifica dicano alcunché della realtà nella quale stiamo vivendo. Quindi con queste premesse noi stiamo soltanto facendo, come dire, sovrapposizioni geologiche, filosofiche, metafisiche. Ogni volta che apriamo la bocca noi facciamo un atto di metafisica e di metanalisi della quale non siamo assolutamente consapevoli a proposito di coscienza perché stiamo usando dei sistemi di codifica di tipo comunicativo che siano qualitativi o quantitativi di cui non abbiamo nessun governo, ma in cui soprattutto non c'è nessun rapporto causale.
Che giustifichi il fatto che noi ci esprimiamo con parole o con formule matematiche, perché sono due sistemi di codifica che non hanno nulla a che vedere con il mondo nel quale noi viviamo e di cui siamo sensibili partecipanti. Quindi, date queste premesse, credo che chiunque può dire ciò che vuole, leggere la realtà come gli pare e sperare soltanto che ogni parola che dice sia carica di tutta la possibile passione ed entusiasmo che rende conto e giustifica il nostro essere presenti al mondo. Nient'altro. [Applauso]
Prima di darvi la parola dico ancora una cosa, visto che siamo nell'alveo della fiorentinità dell'Istituto di Bioquantica Applicata, c'è in questo momento a Firenze una delle più belle mostre di pittura che vi consiglio ardentemente di andare a vedere, la mostra di Beato Angelico. Ecco lì devo dirvi che a proposito dei sistemi di altissima codifica, c'è da chiedersi che rapporto ha la chimica di quei colori di Beato Angelico con le immagini assolutamente trasfigurate e spirituali che ci rimanda.
E sono questi passaggi totalmente illogici che però rendono la nostra vita degna di essere vissuta. E dobbiamo concepire il nostro generarci ogni momento all'interno di questi sistemi che sono chiusi, altamente chiusi e altamente auto-referenziali. Fa parte del gioco. Speriamo di capirci almeno un po'. Mi pare che tutto sommato quello che si può desumere dall'esperienza di Faggin, altamente criticata da Paolo e devo dire dal punto di vista filosofico, ne ha molte ragioni perché la lettura della filosofia di Faggin assolutamente no, secondo me non regge ad una analisi di persone che si intendono di filosofia.
Tuttavia c'è un elemento potente in quello che Faggin sta dicendo, credo di averlo detto anche stamattina, ed è il fatto che si possa legittimamente raccontare un'esperienza che travolge le condizioni intellettuali, le condizioni della conoscenza, soprattutto per uno che in fondo ha fatto di quella conoscenza anche una parte importantissima della nostra personale vita con strumenti, dispositivi che noi usiamo e che in qualche modo susciti in moltissimi di noi un eco, un'eco antica e che quella cosa lì ci suggerisca comunque la possibilità di esperire delle cose che attualmente non erano troppo di moda. Ecco, questo è un po' quello che penso io, [Applauso] perché la Quinta di Beethoven, Beato Angelico e un'infinità di altre emozioni come passare un'ora in mezzo a un bosco, eccetera, sono tutte occasioni nelle quali noi possiamo esperire davvero delle condizioni animiche, se vogliamo usare questa parola che ormai è anche molto difficile adesso dire qualunque parola dopo Paolo, però diciamo animica, tanto per dire qualcosa.
Ma la condizione vera è fare una specie di riverginazione, come dice la mia conterranea Litizzetto, per poter riappropriarci di esperienze proprio togliendo via tutta questa incrostazione di concetti che siano qualitativi o quantitativi che secondo me non ci fanno vivere tanto bene. [Applauso]
Paolo Renati: Certo. Volevo dire solo una cosa a chiosa di quello che hai detto, brevissimo. Non pensiate che io stia negando l'esperienza che ha vissuto Faggin. Io sono perfettamente consapevole di questo. Stavo semplicemente dicendovi che se noi consideriamo il corpo come oggetto, abbiamo la necessità di fare un costrutto che ha un costo logico e ontologico.
Ma questa riduzione che sto facendo ontologica, nessuno pensi che tolga qualche meraviglia e qualche poeticità e qualche alchimia a questa cosa che è la vita. Perché proprio perché la vita è aisthesis e significa percepire. E questa, voglio dire, è proprio questo il punto che anche connota l'essenza del vivente in quanto non cosa in sé, ma come processo di relazione, come storia.
In questo senso anche il concetto, appunto, di anima, come era stato sempre concepito, che si appiccica al corpo, è estremamente povero perché non contempla l'idea della storia, come se l'essenza di una mandorla fosse identica all'essenza di un mandorlo di 130 anni che ha una storia, ha vissuto esperienze, interazioni di tutto e c'è un arricchimento, fatemi dire, informazionale, configurazionale così enorme che io non posso impoverirlo con questa ingenuità che c'è una roba che tanto è lì ed era lì a prescindere.
Noi questo lo facciamo perché abbiamo bisogno di sentire un bisogno di non finitezza, ma lo facciamo dal lato sbagliato. Il lato giusto per sentirle è quello dell'Ontos, è quello del fatto che siamo processi di relazione. Dove sono cominciato io? Quando lo spermatozoo di tuo padre è entrato nell'ordinato? In che senso? Quando ha toccato? Un po' di più. Quando è entrata la testa? C'era sì. Quanto poi quando si... dividi, dividi, dividi, dividi. Dov'è il momento? Non c'è. E poi tutta la sistemica, tutta la mia genealogia, tutte le premesse, tutta la storia, tutti gli stati, le cose che hanno vissuto i miei genitori prima di me scrivono quello che io sono, così come io se un domani avessi figli scriverò qualcosa a prescindere dalla mia volontà. Quindi l'anima è la relazione col mondo perché è una storia.
Se volete fare delle domande vi invito a venire qui perché forse c'è il microfono disponibile. Sì, grazie. Grazie.
MALATTIA E GUARIGIONE IN QUESTA CONCEZIONE DELLA VITA
Dott.ssa Erminia Ferrari: Allora, grazie per questa complessissima relazione, non semplicissima di comprensione. Secondo me bisogna avere degli strumenti, abbiamo parlato di significati e di cose, però per chi insomma ha accolto, grazie veramente di cuore. Io volevo chiedere questo a Paolo. In tutto questo discorso bellissimo, il processo di guarigione di un essere umano che sviluppa una patologia per una questione adattativa, su questo sono totalmente d'accordo. La malattia ti mette di fronte allo specchio di qualcosa che comunque in questo processo e nei confronti di quello che sei, non entriamo quello che sei, in qualche modo sei entrato in un campo di non coerenza, per cui hai sviluppato quella, fammelo dire così, hai sviluppato quella patologia che comunque nella stessa essenza in cui si manifesta, io sono un medico, ti sta dando delle informazioni a te prima di tutto, oltre che a chi ti deve seguire da un punto di vista clinico, ti sta dicendo perché e che cosa devi guardare. Quindi in questo sistema che ci ha illustrato, vabbè c'è un mio amico che dice che io sono itea, quindi per certi versi capisco che cosa vuole dire in accordo a quello che tu hai detto, ma ecco il processo di guarigione in questo sistema come si verifica? Come si manifesta? La domanda è chiara? Grazie.
Paolo Renati: Per capire che cos'è il processo di guarigione, dobbiamo capire che cosa chiamiamo malattia. Allora, diciamola così, faccio un mini sunto. Il sistema vivente è un sistema super coerente, ossia è un sistema in cui vigono un sacco di livelli gerarchici di coerenza incastonati gli uni negli altri, che ci sono le sincronizzazioni, le messe in fase, il phase locking di oscillazioni che vanno da quelle elettroniche, per esempio, dei domini di coerenza che troviamo anche nell'acqua liquida a molte altre che riguardano, per esempio, la rotazione dei dipoli, che sono quelle che implicano, per esempio, nella exclusion zone water e tante altre coerenze che si instaurano proprio nel momento in cui si comincia a creare un interplay con altre specie molecolari.
La coerenza è una condizione fisica tale per cui un oscillatore, per esempio, una molecola, un dipolo, conquista uno stato di vuoto, un livello di vuoto più basso, liberandosi di un eccesso di energia sotto forma di disordine, di calore, di entropia. Questo è il motivo per cui quando comprimi del vapore e lo fai diventare liquido sufficiente, se il sistema può buttare fuori calore, il sistema diventa liquido, tu vedi un calore che esce, il calore latente della liquefazione. Stessa roba.
Cosa significa questo? Significa che la coerenza che da un punto di vista fisiologico medico potremmo leggere come omeostasi è uno stato perseguito, sempre cercato perché è termodinamicamente voluto e questo è un punto centrale. Cosa significa questo? Che la relazione col mondo di un organismo può essere qualcosa che sostiene la tua omeostasi, sostiene la tua coerenza.
Tipicamente, per esempio, Del Giudice diceva molto bene, quando sei in risonanza con altri sistemi con cui puoi condividere la tua fase di oscillazione, che non vuol dire la frequenza, vuol dire il ritmo. Significa quindi che io sono un sassofono e suono un pezzo, tu o Monica, meglio, perché è una cantante, canta, ma lo fa a tempo con me. Non è che canta per i cavoli propri. Questa è l'essere in fase.
Allora, questa condizione sostiene la coerenza perché nella teoria quantistica dei campi c'è, tra l'altro una versione del principio di indeterminazione che correla due variabili coniugate che sono la fase e il numero di oscillatori. Se io posso aumentare il numero di oscillatori che vanno a quella fase lì, quindi non ci sono solo io, ma ci sei anche tu, pensa in una relazione d'amore, di coppia, per esempio, dove stiamo oscillando insieme, la mia omeostasi viene aumentata perché la mia fase aumenta la precisione. Questo è dovuto al fatto che aumenta l'incertezza sul numero.
Che cosa si traduce su questo? Questo si traduce sul fatto che se io ho delle relazioni col mondo che sostengono, implementano la mia coerenza, viaggio con uno stato di salute, potremmo dire, laddove le relazioni col mondo depletino la mia coerenza, mi avveleno. Oppure pensa a un bambino piccolo che viene lasciato lì senza mai essere toccato, muore, perché perde coerenza.
Allora, succede questo, però finché c'è un minimo livello di coerenza ancora ancora vigente, tale per cui puoi dirti che sei viva, tutto quello che il tuo corpo metterà in atto è un tentativo per ripristinarla. È una risposta a qualcosa che ha minacciato la mia omostasi. Ti faccio l'esempio semplice del bernoccolo, proprio anche per non confondere le cose. Se tu mi dai una botta in testa, io ho una lesione, dopo magari un po' mi vedi un bernoccolo, giusto?
Che cos'è il bernoccolo? È la malattia. È semplice, ma non lo è. Nel senso che la malattia, se vuoi, cioè il problema è il danno che hai fatto con la botta, l'insulto biologico, il bambino che è stato lasciato lì, magari a piangere 3 ore senza nessuno che lo coccolasse. E lì cosa succede? Il corpo mette in atto delle estrasie di risposta che comunque hanno un prezzo, un prezzo fisiologico o in questo caso, per esempio, un prezzo fisiologico che non vedi in termini di fisiologia, ma vedrai in termini di neurobiologia, attaccamento disorganizzato o evitante o altro.
Che cosa sono queste modalità di attaccamento? O il bernoccolo, sono processi in realtà ordinati, coerenti, sensati e biologici per rispondere a uno stimolo che aveva il potere di decoerentizzarmi in un preciso modo, cioè non era "sto morendo di fame" o "non so marcare il mio territorio", è "mi manca il contatto" oppure "ho subito una lesione all'integrità." Sono tutti modi di minare la coerenza precisi. La cosa interessante che si collega a quello che ha scoperto Damasio, sempre per parlare di unità ontologica, quando diceva che l'emozione è il marcatore somatico, cioè è una precisa configurazione, lui diceva una mappa viscerale che ha una precisa configurazione, in realtà è molto più che solo una mappa viscerale neurovegetativa.
È proprio una precisa configurazione di modi di oscillare ai quali si associa una precisa biochimica. Prima il professor Ventura già ci ha fatto accennare che in base alle risonanze abbiamo incontri biochimici. Questo ce l'ha insegnato Del Giudice molto bene. Tutta la formazione che faccio in elettrodinamica vuole esplorare tutto questo in maniera precisa. E allora che cosa vuol dire? Che il modo mio di oscillare, che è sempre sta venendo manifestato all'interno della mia coerenza, è quello che scrive la fisiologia che avrò.
Così come, esatto, se uno continua a pensare il corpo oggetto, il fatto di essere triste, innamorato, affamato o felice, noi siamo abituati a pensarlo come qualcosa che è lì, ma tanto il corpo è sempre il corpo. No, no, no. Essere felice o essere affamato, essere innamorato, essere arrabbiato, significa che io sto oscillando, infatti ho tutta una biochimica X Y Z, F, eccetera. Quello è l'emozione, non c'è l'emozione e c'è il corpo. E questo era per chiarire una cosa.
La risposta a te che mi dici cos'è la guarigione è appunto devo capire cos'è la malattia. Se io dico: "Ah, hai il bernoccolo, ti guarisco dal bernoccolo, ah, hai il carcinoma, ti guarisco dal carcinoma, siamo fuori strada." Nel senso che nessuno ti sta dicendo che certe fisiologie non debbano essere gestite, ma lo faccio con la comprensione che quella roba lì la sta volendo il corpo per ripristinare la coerenza in un modo in cui è stata minacciata.
Non è che se inciampo mi gratto la testa, se inciampo attivo un programma motorio, se mi mancano le carezze farò un programma sulla corteccia sensoria, farò un programma magari sull'epitelio ectodermico della cute. Se sento l'integrità minacciata, metterò in atto dei processi che servono a aumentare la protezione. Qui c'è tutto il mesoderma antico, tutta la storiella dei melanomi che se soltanto la gente capisse che le femmine dei cavalli che vengono fecondate artificialmente sono piene di melanomi sulle vulve perché non gli si chiede permesso, ma nessuno gli fa chemio, radio, niente, non c'è nessuno che muore di melanoma.
Quello che porta alla morte è tutto un finire intubati dentro a un iter clinico, un terrore assoluto di quella che è la diagnosi perché ci crediamo. Rileggere tutto con degli occhi completamente diversi. Questo ci aiuta a capire che la guarigione non la fa mai nessuno, la fa sempre solo il corpo. Io al più come terapeuta, come medico, come ipnotista sto sostenendo il corpo e sto anche evitando delle urgenze. C'hai una fase leucemica, ti va l'emoglobina sotto il 5%, l'ematocrito sotto il 15. Trasfusione. Trasfusione. C'è, serve un chemioterapico per stringere un po' una vagotonia esagerata? Facciamolo, ma lo faccio con il corpo. Non "signora, lei ha un carcinoma."
È come dire "il suo corpo si è ribellato a lei, il suo corpo è stupido, è impazzito." Come fa a esserci una cellula impazzita? Che ogni preciso evento molecolare è guidato da una sincronia coerente. Se volete fare delle domande qui, per questo è il punto.
È semplicemente un cambio di prospettiva sul fatto che, ecco perché vi dicevo che il problema di Chalmers, l'hard problem della coscienza è stato posto male, perché se io continuo a pensare che il corpo è una roba e l'esperito, l'esperienza, la percezione sono un'altra, son fregato. Il corpo è quello che io da fuori oggettivando vedo come flusso percettivo.
Il modo di percepire il mondo in un certo modo produce la pianta di fagiolo e un altro modo di percepire quella stessa aria, quella stessa luce, quella stessa terra produce la quercia. Sono soltanto pattern di oscillazioni diverse, pattern, pattern e pattern. Allora, nel momento in cui capisco questo e capisco che c'è la coerenza, io quando vedo una fisiologia speciale, come direbbe Mauro Sartorio che è qua con noi, quindi un'uscita da una normotonia che può avere delle implicazioni e vanno assolutamente contemplate.
Se c'è un'urgenza oggettiva, se c'è anche un'urgenza soggettiva della persona, tipo un dolore fortissimo che non riesco a gestire, eccolo qua il mio compito di terapeuta, di sostenere la fisiologia per portare l'organismo a superare questa cosa, anche perché la maggior parte dei sintomi avvengono quando, esatto, il bernoccolo, quando ti viene dopo che è finito il problema dell'integrità minacciata, quando sei al sicuro.
E in quel momento, quindi, basta sostenere l'organismo verso questo tipo di processo con una terapia sintomatica, cioè ti gestisco i sintomi, oppure c'è un altro mondo, quello della terapia causale che riguarda "io sono anni che ho l'ulcera" e allora io sono anni che picchio lì, che cosa vuol dire? Che continuo ad avere un protocollo percettivo per stare al mondo che cozza con la mia biologia. Allora, qui la terapia causale è un altro mondo di cui la medicina al momento mainstream non si occupa minimamente e che riguarda il faccio un lavoro su quelle che sono le mie coordinate esistenziali per ritrovare un'altra posizione da cui percepire il mondo che non implicherà più quel tipo di accensione di processi comunque sensati biologici. Non so se ti ho risposto.
Sono temi vastissimi. Ma grazie a te.
Rossana Becarelli: Allora, siamo andati un po' lunghi. Paolo, grazie infinite, è stata una bella occasione. [Applauso]





