54 farmaci inutili

Mauro Sartorio
13 minuti di lettura
0
Nell'ambito delle revisioni di studi da parte della Evidence Based Medicine (EBM), la rivista indipendente Prescrire ha pubblicato nel 2013 una lista di farmaci di dubbio valore, con l’obiettivo di supportare le decisioni dei professionisti sanitari e le scelte dei pazienti.
La lista include farmaci per i quali si è comprovato un rapporto benefici/rischi non sufficiente a giustificarne l'utilizzo.

Considerato l’interesse suscitato dalla lista nella comunità scientifica internazionale, testimonianza del valore che professionisti sanitari e pazienti assegnano all’informazione indipendente sui farmaci, la lista è stata aggiornata nel febbraio 2014.

Aggiungo alla lista anche il famoso farmaco anti-influenzale Tamiflu

"La Fondazione GIMBE, tenendo conto del prontuario farmaceutico nazionale, ha tradotto in lingua italiana la lista dei farmaci per offrire a medici, pazienti e decisori uno strumento basato sulle evidenze finalizzato a proteggere la salute dei pazienti e ad evitare gli sprechi.
I destinatari della lista sono innanzitutto medici e farmacisti, ma anche le autorità regolatorie dovrebbero tenerla in considerazione, perché allo stato attuale delle conoscenze il profilo rischio-beneficio dei farmaci inclusi è sfavorevole in tutte le indicazioni approvate. Di conseguenza, per un’adeguata tutela dei pazienti, bisogna valutare l’opportunità di ritirarli dal mercato o di limitarne le indicazioni autorizzate. A tal proposito va segnalato che dei 68 farmaci inclusi nella lista originale (2) 11 non sono mai stati autorizzati in Italia e 3 (nicorandil, mequitazina, floctafenina) sono già stati ritirati.
I 54 farmaci dal profilo rischio-beneficio sfavorevole inclusi nella lista possono essere:
  • farmaci con effetti avversi eccessivi rispetto ai benefici;
  • vecchi farmaci con profilo rischio-beneficio meno favorevole rispetto a nuove molecole;
  • nuovi farmaci con profilo rischio-beneficio meno favorevole rispetto alle alternative;
  • farmaci per i quali non esistono prove di efficacia, ma è documentato il rischio di gravi effetti avversi.

I farmaci vengono riportati per aree terapeutiche utilizzando il loro nome farmacologico. Per ciascuna molecola sono descritte le principali motivazioni per cui il profilo rischio-beneficio è considerato sfavorevole. Inoltre, vengono segnalate le eventuali opzioni terapeutiche alternative ed esplicitate le situazioni in cui non esiste alcun trattamento efficace.
1. Oncologia
  • Catumaxomab. Nei pazienti con ascite neoplastica maligna provoca effetti collaterali severi in oltre il 75% dei casi; inoltre aumenta il rischio di ospedalizzazione e, verosimilmente, di morte (4). È più prudente drenare le asciti sintomatiche a intervalli guidati dalla sintomatologia del paziente.
  • Panitumumab. Nei pazienti con carcinoma metastatico del colon-retto non ha alcun impatto sulla sopravvivenza; circa il 90% dei pazienti ha sperimentato effetti avversi, tra cui lesioni cutanee severe che a volte evolvono in infezioni fatali, disordini gastrointestinali e oculari, polmonite interstiziale e reazioni di ipersensibilità. È sconsigliabile aggiungere il panitumumab a regimi chemioterapici ben sperimentati, come quelli a base di fluorouracile, in monoterapia o in combinazione con altri citotossici (5).
  • Trabectedina. Nel tumore ovarico e nei sarcomi dei tessuti molli non ha mostrato una reale efficacia nei trial comparativi e presenta elevata frequenza e gravità di effetti avversi gastrointestinali, ematologici, epatici e muscolari (6-8). È sconsigliabile aggiungerlo alla chemioterapia a base di platino per il tumore ovarico. Nei pazienti con sarcomi dei tessuti molli, se la chemioterapia è inefficace meglio optare per un’adeguata terapia di supporto.
  • Vandetanib. Nei pazienti con carcinoma midollare della tiroide metastatico o inoperabile non ha alcun impatto sulla sopravvivenza. Inoltre, a causa del numero elevato di pazienti persi al follow-up, i trial controllati vs placebo non hanno dimostrato nemmeno un aumento della sopravvivenza libera da progressione. Effetti avversi severi (diarrea, polmonite, ipertensione) si verificano in circa un terzo dei pazienti; inoltre aumenta il rischio di polmonite interstiziale, torsione di punta e morte improvvisa (9). In questi pazienti è preferibile una terapia di supporto personalizzata.
  • Vinflunina. Farmaco dall’efficacia dubbia nei pazienti con carcinoma vescicale in stadio avanzato e metastatico. Un trial clinico a rischio elevato di bias ha mostrato, rispetto alle cure palliative, un aumento della sopravvivenza di un paio di mesi. Tuttavia, il farmaco ha un rischio elevato di effetti avversi ematologici (tra cui anemia aplastica), gravi infezioni e disturbi cardiovascolari (torsione di punta, infarto del miocardio, cardiopatia ischemica), a volte con esiti fatali (10). Se la chemioterapia a base di platino è inefficace è preferibile optare per una terapia di supporto personalizzata.

2. Cardiologia
  • Aliskiren. Inibitore diretto della renina che, nell’ipertensione, non si è dimostrato efficace nella prevenzione di eventi cardiovascolari (11). Al contrario, un trial in pazienti diabetici ha mostrato un’associazione con un eccesso di eventi cardiovascolari e insufficienza renale (12,13). È più prudente scegliere altri farmaci antiipertensivi di provata efficacia quali diuretici o ACE-inibitori.
  • Fenofibrato, bezafibrato. Ipocolesterolemizzanti senza provata efficacia nella prevenzione di eventi cardiovascolari e associati a numerosi effetti avversi cutanei, ematologici e renali (14). Nei pazienti con ipercolesterolemia, l’unico fibrato efficace nel prevenire eventi cardiovascolari è il gemfibrozil, da utilizzare con cautela (15).
  • Ivabradina. Derivato del verapamil in grado di ridurre la frequenza cardiaca attraverso una inibizione selettiva della corrente pacemaker specifica If. Nei pazienti con angina o insufficienza cardiaca non è di efficacia provata (16-18) e può causare disturbi visivi, bradicardia potenzialmente severa e altre aritmie cardiache. Nell’angina meglio optare per i beta-bloccanti o i calcio-antagonisti amlodipina e verapamil. Nello scompenso cardiaco evitare di aggiungere un altro farmaco ad un regime ottimizzato di trattamento, oppure utilizzare un beta-bloccante di provata efficacia nel ridurre la mortalità.
  • Trimetazidina. Farmaco con proprietà incerte, impiegato nell’angina nonostante la sua modesta efficacia sintomatica, dimostrata principalmente nel corso di test da stress. Può causare sindromi parkinsoniane, allucinazioni e trombocitopenia (19-21). Nei pazienti con angina è molto più prudente scegliere alcuni beta-bloccanti o calcio-antagonisti quali amlodipina e verapamil.

3. Dermatologia e allergologia
  • Tacrolimus unguento. Immunosoppressore usato nell’eczema atopico che aumenta il rischio di neoplasie cutanee e linfoma (22-24). La sua efficacia è analoga agli steroidi per uso topico che dovrebbero essere preferiti per trattare le esacerbazioni.
  • Prometazina. Utilizzato per via parenterale nel trattamento severo dell’orticaria: può causare trombosi, necrosi cutanea e gangrena a seguito di stravaso o iniezione accidentale in un’arteria (25). Molto più prudente utilizzare la desclorfeniramina per via parenterale, apparentemente scevra di questi effetti avversi (26).

4. Diabete, obesità
  • Linagliptin, saxagliptin, sitagliptin e vildagliptin. L’efficacia degli inibitori della dipeptidil peptidasi 4 (gliptine) non è ancora provata sulle complicanze del diabete (eventi cardiovascolari, insufficienza renale, disturbi neurologici, etc.), sia da soli sia in combinazione con la metformina. I benefici delle gliptine includono la ridotta incidenza di episodi ipoglicemici e l’assenza di incremento ponderale; tuttavia questi farmaci presentano numerosi eventi avversi quali gravi reazioni di ipersensibilità (anafilassi, sindrome di Stevens-Johnson), infezioni (vie urinarie, alte vie respiratorie), neoplasie, pancreatiti (27-29). Oggi questi farmaci dovrebbero essere ragionevolmente utilizzati come seconda scelta nel trattamento del diabete, in attesa che i trial in corso su end-point clinicamente  rilevanti, oltre che nuove evidenze sulla loro sicurezza, ne chiariscano definitivamente il profilo rischio-beneficio.
  • Orlistat. Nei pazienti obesi determina una modesta e transitoria efficacia nella perdita di peso (circa 3.5 kg rispetto al placebo a 12 e 24 mesi), ma non esistono prove di efficacia a lungo termine. Sono molto frequenti disordini gastrointestinali, insieme a disturbi epatici, iperossaluria e fratture ossee negli adolescenti. Orlistat altera l’assorbimento di molti nutrienti (vitamine liposolubili A, D, E, K) e può ridurre l’efficacia di alcuni farmaci (ormoni tiroidei, alcuni antiepilettici, contraccettivi orali in caso di grave diarrea) (30-32). Considerato che non esistono farmaci in grado di indurre perdita di peso permanente, è preferibile utlizzare altri approcci di provata efficacia (dieta, attività fisica, terapia cognitivo-comportamentale).

5. Malattie osteoarticolari
5.1. Analgesici

Numerosi analgesici e antinfiammatori dovrebbero essere evitati, specialmente se sono disponibili alternative con un miglior profilo rischio-beneficio. Il paracetamolo è l’analgesico di prima scelta: è efficace sul dolore moderato e presenta rischi minimi di eventi avversi quando non si supera la dose massima raccomandata. In alternativa, alcuni farrmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), come ibuprofene e naproxene, utilizzati alla dose minima efficace e per il più breve periodo possibile.
  • Celecoxib, etoricoxib e parecoxib. Gli inibitori della Cox-2 (coxib) hanno una efficacia analoga rispetto ai FANS tradizionali, ma deteminano un eccesso di eventi cardiovascolari (infarto al miocardio, trombosi) e reazioni cutanee (33-35).
  • Ketoprofene gel. Rispetto ad altri FANS per uso topico di pari efficacia, presenta un rischio maggiore di reazioni di fotosensibilizzazione, quali eczema e rash bolloso (36,37).
  • Piroxicam. Rispetto a FANS più sicuri non è più efficace e presenta un rischio maggiore di disturbi gastrointestinali e cutanei (inclusa la sindrome di Lyell) (38).

5.2. Osteoporosi
Molti farmaci autorizzati per l’osteoporosi dovrebbero essere evitati, per la loro modesta efficacia e i potenziali effetti avversi severi. Quando i trattamenti non farmacologici e i supplementi di calcio e vitamina D sono inadeguati, preferire l’acido alendronico o il raloxifene che hanno un profilo rischio-beneficio più favorevole.
  • Denosumab. Anticorpo monoclonale con efficacia molto modesta nel prevenire le fratture da osteoporosi; mancano inoltre prove del suo impatto nella “perdita ossea” associata al tumore alla prostata. Comporta un rischio eccessivo di effetti avversi, tra cui mal di schiena, dolore muscolo-scheletrico e gravi infezioni (compresa endocardite), conseguenti agli effetti immunosoppressivi (39,40). Non esiste alcun farmaco soddisfacente per la “perdita ossea”.
  • Stronzio ranelato. Ha una modesta efficacia nella prevenzione delle fratture vertebrali ricorrenti e presenta molteplici effetti avversi: disturbi neuropsichiatrici, disordini cardiovascolari (incluse trombosi venose ed embolia polmonare, infarto al miocardio e morte cardiovascolare), reazioni di ipersensibilità, compresa la sindrome di Lyell e la sindrome DRESS (Drug REaction with Eosinophilia and Systemic Symptoms) (41-44).

5.3. Osteoartrite 
I farmaci autorizzati per il trattamento a lungo termine dell’osteoartrite dovrebbero essere evitati perché hanno rilevanti effetti avversi, ma nessuna prova di efficacia oltre all’effetto placebo. Il paracetamolo è il trattamento di prima scelta più prudente per il dolore, a condizione che i pazienti non superino la dose raccomandata. Un FANS adeguatamente selezionato e attentamente monitorato rappresenta, a volte, un’opzione accettabile.
  • Diacereina. Causa disturbi gastrointestinali (tra cui emorragie gastrointestinali e melanosi del colon), angioedema ed epatite (45).
  • Glucosamina. Provoca reazioni allergiche (angioedema, nefrite interstiziale acuta) ed epatite (46) e aumenta il rischio emorragico dei dicumarolici (47).

5.4. Miorilassanti
  • La tiocolchicoside causa diarrea, mal di stomaco e possibili convulsioni (48). I pazienti con semplice dolore muscolare non devono essere esposti a questi effetti avversi: meglio usare un analgesico efficace come il paracetamolo, a dosaggio adeguato.
  • Chinina. Raramente utilizzata per trattare i crampi/spasmi muscolari, può avere effetti avversi potenzialmente letali tra cui reazioni anafilattiche, disturbi ematologici (come trombocitopenia, anemia emolitica, agranulocitosi e pancitopenia) e aritmie cardiache, effetti avversi sproporzionati se comparati alla sua limitata efficacia (49). Per i crampi/spasmi muscolari non esistono farmaci con un favorevole profilo rischio-beneficio, ma lo stretching può risultare efficace. Nei pazienti con distorsioni dolorose o tendiniti il paracetamolo e l’ibuprofene per uso topico hanno un miglior profilo rischio-beneficio, in associazione a trattamenti non farmacologici (riposo, ghiaccio).

6. Gastroenterologia
  • Domperidone, droperidolo. Neurolettici indicati nei pazienti con reflusso gastroesofageo, nausea e vomito che possono causare aritmie ventricolari e morte improvvisa (50,51). Nella malattia da reflusso gastroesofageo altri farmaci (antiacidi, omeprazolo) hanno un miglior profilo rischio-beneficio. Se è indicato un neurolettico antiemetico, preferire la metoclopramide, al dosaggio più basso e per il minor tempo possibile.
  • Procalopride. Farmaco chimicamente correlato ai neurolettici autorizzato per la costipazione cronica: ha una modesta efficacia in circa un paziente su sei. Il suo profilo degli effetti avversi è scarsamente documentato, con particolare riguardo ai disturbi cardiovascolari (palpitazioni, eventi di ischemia cardiovascolare, possibile prolungamento dell’intervallo QT) e alla teratogenicità (52). La costipazione comune non giustifica l’esposizione dei pazienti a questi rischi: quando gli accorgimenti dietetici sono inefficaci, lassativi formanti massa, osmotici o, molto raramente, altri lassativi (lubrificanti, stimolanti o preparazioni rettali), utilizzati con attenzione e pazienza, sono opzioni più sicure rispetto al procalopride.

7. Ginecologia-Endocrinologia
  • Tibolone. Ormone steroideo di sintesi usato per la terapia sostitutiva post-menopausale. Ha proprietà androgene, estrogene e progestiniche e aumenta il rischio di disturbi cardiovascolari, oltre che di varie neoplasie (mammella, ovaio, etc.) (53-55). Se, nonostante i rischi, la donna sceglie la terapia ormonale sostitutiva, l’opzione più ragionevole è una combinazione estroprogestinica al dosaggio più basso e per il minor tempo possibile.

8. Antibiotici
  • Moxifloxacina. Non è più efficace rispetto agli altri fluorochinolonici, ma può causare sindrome di Lyell ed epatite fulminante ed è stata correlata ad aumento del rischio di disturbi cardiaci (56-58). Inoltre, la formulazione endovenosa presenta maggiori effetti avversi di quella orale (59). Molto più prudente scegliere un altro fluorochinolone (ciprofloxacina, ofloxacina).
  • Telitromicina. Non ha vantaggi rispetto ad altri macrolidi, ma comporta un aumentato rischio di prolungamento del tratto QT, epatite, disturbi visivi e perdita di coscienza (60-63). Se indicato, molto più prudente scegliere un altro macrolide.

9. Neurologia
9.1. Malattia di Alzheimer

I farmaci oggi disponibili hanno un’efficacia minima e transitoria: nessuno di loro è efficace nel rallentare la progressione verso la dipendenza. Tutti causano numerosi effetti avversi, alcuni potenzialmente fatali (64,65) e rischiose interazioni con altri farmaci (66). È preferibile concentrarsi sulla riorganizzazione della vita quotidiana del paziente, mantenendolo in attività e fornendo supporto e aiuto per familiari e caregiver.
  • Donepezil, galantamina, rivastigmina. Tre inibitori della colinesterasi che possono causare disturbi gastrointestinali (incluso vomito severo), disordini neuropsichiatrici, sincope, bradicardia e disturbi della conduzione cardiaca (67,68).
  • Memantina. Antagonista del recettore del glutammato NMDA (N-Metil-D-Aspartato), può causare disturbi neuropsichiatrici come allucinazioni, confusione, vertigini, cefalea, convulsioni, comportamenti violenti (69).

9.2. Altri farmaci neurologici
  • Flunarizina. Calcio antagonista con attività antistaminica utilizzato per prevenire gli attacchi di emicrania; la sua efficacia è modesta (previene un attacco circa ogni due mesi), ma può causare disturbi extrapiramidali, cardiaci e incremento ponderale (70). È più prudente utilizzare un altro farmaco come il propanololo.
  • Tolcapone. Farmaco antiparkinsoniano che può causare danni epatici potenzialmente fatali (71). Quando altre opzioni di trattamento sono state esaurite, molto più prudente utilizzare l’entacapone.

10. Apparato respiratorio
  • Decongestionanti vasocostrittori orali e nasali (efedrina, nafazolina, ossimetazolina, pseudoefedrina, tuaminoeptano) possono causare gravi disturbi cardiovascolari (crisi ipertensive, stroke, aritmie) anche mortali, un rischio inaccettabile per farmaci utilizzati per lievi disturbi autolimitanti, quali il raffreddore comune (72,73).
  • Omalizumab. Anticorpo monoclonale utilizzato nei pazienti asmatici che può causare infezioni, anafilassi, malattia da siero e tromboembolismo arterioso cardiaco e cerebrale (74-78). Steroidi inalatori ad alte dosi o per via orale hanno un miglior profilo rischio-beneficio.
  • Pirfenidone. Nei pazienti con fibrosi polmonare idiopatica non riduce la progressione della patologia, nè migliora la qualità della vita. Può avere gravi effetti avversi, quali disturbi cardiaci (aritmie, coronaropatie) e cutanei (79). In assenza di alternative, meglio concentrarsi sulla gestione dei sintomi.

11. Psichiatria
11.1. Antidepressivi 

Alcuni farmaci autorizzati per la depressione inducono gravi effetti collaterali ma non sono più efficaci di altre molecole. In generale, gli antidepressivi hanno una efficacia modesta e spesso richiedono tempo per svolgere l’azione. Meglio preferire un antidepressivo ben noto con un profilo di effetti avversi adeguatamente documentato.
  • Agomelatina. Farmaco di efficacia non provata che può causare epatiti e pancreatiti, tentativi di suicidio, aggressioni fisiche e gravi disturbi cutanei, inclusa la sindrome di Stevens-Johnson (80,81).
  • Duloxetina cloridrato. Inibitore del reuptake della serotonina — serotonin-specific reuptake inhibitor (SSRI) — e della noradrenalina. Oltre agli effetti avversi tipici degli SSRI aumenta il rischio di disturbi cardiaci (ipertensione arteriosa, tachicardia, aritmie, etc.) per la sua attività noradrenergica. Può anche causare epatiti e gravi reazioni di ipersensibilità cutanea come la sindrome di Stevens-Johnson (82-85).
  • Venlafaxina. Antidepressivo non triciclico, non inibitore delle monoamminoossidasi (MAOI) con attività serotoninergica e noradrenergica. Oltre agli effetti avversi degli SSRI, causa disturbi cardiaci (ipertensione arteriosa, tachicardia, aritmie, prolungamento dell’intervallo QT) per la sua attività noradrenergica (86).

11.2. Altri farmaci psicotropi
  • Asenapina. Negli episodi maniacali associati a disturbo bipolare è meno efficace di altri neurolettici e può causare reazioni di ipersensibilità potenzialmente severi (angioedema, ipotensione, edema della lingua), ipoestesia, oltre ai comuni effetti avversi nei neurolettici (87).
  • Dapoxetina. SSRI utilizzato nel trattamento della eiaculazione precoce: i suoi effetti avversi sono sproporzionati rispetto alla modesta efficacia e includono sfoghi aggressivi, sindrome serotoninergica e sincope (88); molto più prudente scegliere approcci psicologici e comportamentali.

11.3. Disassuefazione al fumo
Se è necessario un farmaco per favorire la disassuefazione al fumo, la scelta più prudente è rappresentata dalla nicotina perchè gli altri farmaci autorizzati non sono più efficaci e hanno numerosi effetti avversi.
  • Bupropione. Anfetamina che può causare disturbi neuropsichiatrici (aggressività, depressione, idee suicidarie), reazioni allergiche potenzialmente gravi (angioedema e sindrome di Stevens-Johnson), dipendenza e difetti congeniti al cuore se utilizzato in gravidanza (89,90).
  • Vareniclina. Può causare depressione, suicidio, gravi rash cutanei (tra cui sindrome di Stevens-Johnson) e disturbi cardiaci (angina, infarto del miocardio, fibrillazione atriale) (91-93)."

    Documento sotto licenza Creative Commons di Nino Caratabellotta e Corrado Iacono