Troppi interventi con gli stent alle coronarie. Una storia vera e le evidenze più recenti

Mauro Sartorio
7 minuti di lettura
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 Quell'uomo era in ottima salute.
La sua pressione sanguigna era un po' alta, ma tutto il resto sembrava a posto.
In un freddo giorno di inverno stava facendo una passeggiata, quando improvvisamente il suo petto ha cominciato a far male.
Un po' spaventato, è tornato nel suo ufficio, si è seduto, e il dolore è svanito così come era venuto. Quella notte ha continuato a pensare all'accaduto: uomo di mezza età, pressione alta, lavoro stressante, fastidio al torace...
Il giorno seguente si è quindi recato in un ospedale per un controllo. I medici hanno stabilito che non c'era stato alcun infarto e che l'attività elettrica del suo cuore era regolare.
Apparentemente ha avuto un'angina. I dottori ritengono che il dolore si verifichi quando il muscolo cardiaco riceve meno sangue del normale, forse a causa di un'arteria parzialmente bloccata.

Il cardiologo dell'ospedale ha quindi raccomandato che l'uomo fosse subito sottoposto ad una coronarografia, che consiste in un catetere che viene infilato in un'arteria del cuore per iniettare un colorante, il quale consente di mostrare sulle radiografie eventuali ostruzioni.
Se il test avesse trovato un'ostruzione, il cardiologo avrebbe consigliato all'uomo di applicare uno stent, cioè un piccolo tubo di metallo che mantiene dilatata l'arteria.

Mentre aspettava nel prontosoccorso, l'uomo ha iniziato a consultare il proprio smartphone cercando "trattamento della malattia coronarica".
Capitando sui siti di alcune riviste mediche, ha trovato alcune revisioni sistematiche che concludono che i farmaci, come per esempio l'aspirina, dovrebbero essere il primo trattamento di elezione.
Quell'uomo era un paziente insolitamente "attivo" e responsabile nei confronti della propria salute, così ha chiesto al cardiologo delucidazioni su ciò che aveva trovato.
Il cardiologo, un po' sprezzante, disse all'uomo di "fare una ricerca migliore".

Insoddisfatto della risposta, l'uomo ha dunque rifiutato l'angiografia e ha consultato il suo medico di base, il quale ha suggerito un diverso tipo di esame meno invasivo, che non ha bisogno di un catetere ma utilizza invece i raggi X.
Questo test ha rilevato una arteria parzialmente ostruita, ma non è stato in grado di determinare se il blocco fosse pericoloso. Il suo medico, come il cardiologo al pronto soccorso, ha suggerito quindi che che l'uomo si sottoponesse ad un angiogramma con catetere, al quale sarebbe probabilmente seguita l'installazione di uno stent.
L'uomo ha quindi fissato un appuntamento con il cardiologo per la cateterizzazione, ma quando ha cercato di contattarlo, gli è stato detto che il medico non sarebbe stato disponibile.

L'uomo ha quindi cercato un altro parere, e ha trovato il Dr. David L. Brown, professore nella divisione cardiovascolare della Washington University School of Medicine di St. Louis.
Nell'incontro gli ha raccontato di essersi sentito sotto pressione dai medici precedenti e di volere ulteriori informazioni.
Era disposto a provare tutti i tipi di trattamenti non invasivi (come una dieta rigorosa, o anche decidere di ritirarsi in pensione dal suo lavoro stressante) prima di impiantare uno stent.
Caso vuole che il dr. Brown faccia parte del RightCare Alliance, una associazione di operatori sanitari che cerca di contrastare quella tendenza all'aumento delle spese mediche senza che questo corrisponda ad un aumento dei vantaggi per il paziente.
Brown dice che questa alleanza sta "portando equilibrio nella medicina, un equilibrio in cui ognuno ottiene il trattamento di cui ha bisogno, e nessuno ottiene il trattamento di cui non ha bisogno".

L'installazione di uno stent è un esempio classico in cui questo equilibrio è precario.
Proprio Brown nel 2012 è stato co-autore di una revisione che ha esaminato tutti gli studi clinici disponibili che hanno messo a confronto l'impianto di stent con forme di trattamento meno invasive (Fonte: PubMed).
I risultati furono: per pazienti che hanno una cosiddetta "coronaropatia stabile", gli stent non apportano alcun beneficio nella prevenzione degli infarti, e non estendono l'aspettativa di vita.
In generale, Brown dice: "nessuno che non abbia avuto un infarto ha bisogno di uno stent".

Eppure, ogni anno centinaia di migliaia di persone sane sono sottoposte a interventi per impianto di stent, e 1 ogni 50 subirà una grave complicazione o morirà a causa dell'intervento.
Brown ha allora spiegato al suo paziente che l'ostruzione è un singolo elemento di una condizione molto più ampia, che non sarebbe stata influenzata dalla dilatazione di un unico "tubo".
Fare lo stent alle coronarieIl sistema cardiovascolare è più complesso del lavandino di una cucina. 

L'uomo ha iniziato ad assumere un farmaco e ha migliorato la sua dieta.
Tre mesi più tardi il suo colesterolo è migliorato notevolmente, ha perso 15 chili, e il dolore al petto non è più tornato.
Questo aneddoto è stato tratto da un articolo sulla sovra-diagnosi nella rivista The Atlantic

Le evidenze scientifiche si rinnovano continuamente e rapidamente.
Tuttavia, il tempo necessario affinchè le nuove acquisizioni certificate rimpiazzino le vecchie abitudini e i protocolli, è in media 10 anni (Fonte: Jama).
In questi lassi di tempo si consolidano spesso tendenze a particolari tipi di intervento, come lo stent, la tiroidectomia o come lo è stata l'appendicectomia addirittura "preventiva" nella seconda metà del secolo scorso (in Francia le operazioni sono passate da 300.000 degli anni '80 a 83.400 del 2012. E un recente studio sul BMJ ha rilevato che il 63% degli interventi di oggi può essere evitato e sostituito con la terapia antibiotica - AdnKronos).
Né i medici, né gli stessi pazienti, possono permettersi di sedersi sullo scontato perchè, particolarmente in medicina, non vi è nulla di assolutamente certo e definitivo.

Abbiamo già visto l'esempio di quella donna che ha assunto una posizione di totale responsabilità sulle proprie scelte terapeutiche (articolo sul sito di Salute Attiva Onlus): questo aneddoto di oggi lo ricorda molto, e offre un'altra volta un'importante lezione: prenditi il tempo che ti serve per scegliere, e fai domande al tuo medico (approfondisci con "Parla con il tuo medico" di Dott.Gabriele Bovina).


IL VALORE AGGIUNTO DELLE 5 LEGGI BIOLOGICHE

A giudicare dal racconto e dalle reazioni del suo organismo, quest'uomo, anche senza conoscere alcuna nozione di 5LB ma probabilmente spinto dallo spavento, ha comunque mosso qualcosa di importante nella propria vita che ha limitato le recidive sui tessuti coronarici (il colesterolo può esserne un segnale).

Allora, al di là delle probabilità di efficacia dei trattamenti, cosa possono aggiungere a questa storia le 5 Leggi Biologiche?
1) Aggiungono la consapevolezza che, dopo avere valutato l'urgenza oggettiva (in questo caso molto bassa) e quella soggettiva (l'uomo ha trovato la propria strada per rassicurarsi), sia possibile verificare con precisione quella circostanza che ha esasperato e poi rilassato l'organismo, provocando quel singolo evento sintomatico (una CE, che potrebbe anche non essere correlato ai tessuti coronarici).
2) Aggiungono quindi lucidità, tranquillità e tempo, e una potente bussola che aiuta a comprendere dove ci si trova e dove si va, nella propria vita.
3) Offrono infine l'opportunità, che può essere colta ma anche no, di affrontare certe situazioni in modo diverso.

In effetti le 5LB non cambiano il MODO di scegliere una terapia, ma cambiano radicalmente la percezione delle cose.


Aggiornamento di cronaca: proprio ieri (27/2/17) è venuto a mancare il famoso attore americano Bill Paxton, a 61 anni. Sui quotidiani italiani il motivo del decesso è omesso, ma su quelli americani si comprende che sono state le complicazioni di un intervento chirurgico.
Paxton è stato sottoposto ad un intervento a cuore aperto, uno degli interventi di cardiochirurgia più complessi, ma comunque di routine.
Se necessario e in base alla situazione, spesso lo stent può essere un'alternativa adeguata meno invasiva: il cardiologo Dr. Chauncey Crandall dice "Siate certi che l'operazione a cuore aperto sia realmente necessaria. Richiedete un secondo parere da un cardiologo. Io faccio spesso interventi con stent su pazienti ai quali era stato detto precedentemente che fosse necessario un intervento a cuore aperto, ma poi si capiva che non lo era".
Above all, make sure that the open heart surgery is actually needed, says Crandall.
“Get a second opinion from a cardiac interventionist. I often do stenting procedures on patients who were previously told they needed open-heart surgery but it turns out they didn’t,” he adds. NewsMax

Non possiamo sapere se l'intervento fosse adeguato per il suo caso personale, potrebbe essere stato inevitabile. Di certo la considerazione dei rischi e dei benefici non può essere sottovalutata, specie con un approccio "less is more".