La domesticazione degli animali modifica gli organismi e produce conflitti biologici

Eleonora Meloni
Molta letteratura divulgativa afferma che le specie animali addomesticate presentano un incremento di casi oncologici rispetto ai loro progenitori selvatici.
In altre parole, gli animali che l'uomo ha addomesticato sarebbero più suscettibili ad ammalarsi rispetto a quelli della stessa specie selvatica e in molti casi contraggono le stesse forme tumorali presenti nell'uomo come ad esempio il tumore spontaneo alla prostata nel cane domestico, assente nel lupo selvatico.

Aspetti clinici e patologici dello spontaneo carcinoma prostatico canino. 76 casi. 
Fonte: PubMed 

Nonostante abbia dedicato tempo alla ricerca, purtroppo non sono riuscita a reperire molti studi (oltre a quelli che già abbiamo pubblicato in 5LB Magazine) che dimostrassero un incremento di malattie nelle specie addomesticate rispetto alle specie selvatiche. 
Quindi non mi sento di sostenere la tesi delle, seppur numerose, dichiarazioni divulgative fintanto che non troverò altre ricerche che la avallino. 
Chiedo pertanto l’aiuto del lettore se dovesse incappare in qualche studio ulteriore sul tema.

Tuttavia ciò non mi impedisce di fare delle considerazioni riguardo alle effettive e riscontrate differenze biochimiche tra addomesticati e selvatici.

Andiamo per gradi:

GLI ANIMALI SELVATICI
Prima di tutto lo studio di animali selvatici ci ha insegnato che le specie allo stato brado hanno un loro habitat e una loro nicchia ecologica in cui vivono in un equilibrio dinamico.
In Natura si verifica una perfetta convivenza intra-specifica, ma poco tollerata quando si viene in contatto con specie diverse, e in special modo con l'uomo. Nel caso di interazioni extra-specifiche prevale la diffidenza, gli animali selvatici sono schivi e se messi in difficoltà o sono minacciati manifestano tempi brevissimi di reazione, manifesti con aggressività o fuga.

DOMESTICAZIONE
Per addomesticamento, o meglio domesticazione (termine più preciso che esclude le estensioni al linguaggio figurato), si intende il processo attraverso cui una specie animale o vegetale viene resa domestica, ovvero dipendente dalla convivenza con l'uomo e dal controllo da parte di quest'ultimo. Per molte specie, la domesticazione ha comportato notevoli mutamenti nel comportamento, nella manifestazione fenotipica (forme e dimensioni), nel ciclo biologico e persino nella fisiologia
(da Wikipedia)


La TRECCANI entra ancora più nello specifico:
Domesticazione: stato in cui si trovano gli animali e le piante, quando le condizioni di alimentazione e riproduzione sono regolate dall’uomo. In particolare si dicono domestiche quelle specie di animali che, vivendo permanentemente con l’uomo, gli forniscono lavoro e prodotti utili e sono dall’uomo stesso protette e sottratte alle vicissitudini della lotta per l’esistenza.
...
La domesticazione ha comportato la selezione artificiale di specie vegetali e animali al fine di esaltarne le qualità sfruttabili non solo a scopi alimentari ma anche, nel caso degli animali, per l’abbigliamento, le suppellettili, il trasporto. [e anche per compagnia, N.d.R.].
...
Nella domesticazione gli effetti della selezione naturale sono regolati e le razze nuove che compaiono non si incrociano a caso fra loro o con le forme selvatiche, ma vengono moltiplicate oppure no a seconda dei criteri dell’allevatore.


Alcune delle specie che l'uomo nell'arco della sua storia ha addomesticato per trarne un vantaggio al proprio bisogno, sono appartenenti alle seguenti famiglie o gruppi: ovini, caprini, suini, camelidi, equidi, canidi, volatili, roditori…
La domesticazione avviene per selezione artificiale, da parte dell'intervento dell'uomo, tra gli esemplari più mansueti della specie selvatica.

Sono selezionati quegli elementi che manifestano di riconoscere l'autorità dell'essere umano, indipendentemente dall'organizzazione sociale intra specifica.

Addomesticare significa quindi apportare delle alterazioni comportamentali, fisiche, fisiologiche all'interno di una specie affinché siano utili per l'uomo, fino ad ottenere, dopo generazioni di incroci specifici, elementi mansueti e compatibili con la presenza umana.

Interessanti sono i risultati a cui sono giunti il genetista russo Dimitry Belyaev e colleghi, che iniziarono gli esperimenti di domesticazione della volpe argentata nel 1956 e ancora oggi proseguono: nel 2005 i ricercatori annunciarono che dopo circa 40 generazioni la volpe è diventata da paurosa e aggressiva ad adattata completamente all'ambiente sociale umano.
Fonte: PubMed
Foto CC-BY-SA di Zefram


Negli animali addomesticati, resi più mansueti e obbedienti, si riscontra un cambiamento ormonale che avviene lungo l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, che nello specifico si traduce in una riduzione della produzione degli ormoni glucocorticoidi, tra cui il cortisolo. Questi sono implicati nella gestione di situazioni di stress (Fasi Attive).

Alti livelli di glucocorticoidi permettono una reazione veloce nella gestione dello stress (attacco o fuga) come fanno gli esemplari selvatici; bassi livelli di glucocorticoidi non permettono la medesima immediatezza di reazione in caso di domesticazione.
Il paradigma odierno interpreta la mansuetudine, e quindi la rallentata risposta allo stress, come un effetto causato da questo calo di ormoni.

Viceversa, nel paradigma ribaltato delle 5 Leggi Biologiche, sarebbe la mansuetudine, cioè il comportamento adottato in seguito ad una specifica percezione viscerale dell’animale nei confronti di eventi esterni, a causare una risposta fisiologica speciale del corpo (calo di ormoni), per adattarsi al meglio alle nuove condizioni ambientali imposte.
La produzione di glucocorticoidi si riduce perchè l’animale non si trova più in condizioni di pericolo per la sua esistenza: trovare cibo, non diventare cibo, difendere il proprio territorio.
Con il suo padrone è al sicuro, lo stato di allerta è sempre meno necessario.

Se sono un gatto che sto tutto il giorno sul divano (dormo, mangio, ho un territorio, sono protetto, ricevo coccole), il mio organismo deve produrre cortisolo come farebbe un felino selvaggio che deve sopravvivere ogni giorno? NO.
Il gatto di casa ha “addormentato” il sistema di risposta (attacco o fuga) perchè gli serve di meno.
Si allena a non sentire e non gestire la paura.
I muri della casa che lo proteggono sono anche muri che lo separano dall’abitudine alle asperità del mondo e, in un certo senso, comprimono l’energia vitale e la sua rapidità di reazione.

Questa mansuetudine, necessaria a godere delle comodità umane, può produrre attriti notevoli con le abitudini ancestrali acquisite in migliaia di anni di allenamento alla dura sopravvivenza.
Per questo alcuni tessuti del corpo avranno la tendenza più marcata a reagire con le proprie funzioni e strutture secondo la 2° e 3° legge biologica.
In altre parole l’animale si “ammala”.

In stato di domesticazione spesso l’animale vive condizioni fortemente non-biologiche per sé e la sua specie.
Un esempio lampante sono le fecondazioni forzate, gli impedimenti agli accoppiamenti fino alle sterilizzazioni, gli impedimenti nei movimenti, condizioni profondamente in contrasto con la biologia e la vita.
Per di più queste condizioni perdurano nel tempo, creando i presupposti per grandi masse conflittuali.

Dal punto di vista della genetica e secondo la medicina veterinaria, l'incidenza di tumori negli animali domestici sarebbe dovuta alla maggiore probabilità che negli incroci tra consanguinei si rendano esprimibili geni oncogeni che sarebbero silenziati nella specie selvatica grazie alla maggior variabilità genetica.
Il modello delle 5 Leggi Biologiche concepisce questa spiegazione non come la causa bensì come l'effetto che la genetica (epigenetica) esprime in risposta ad una situazione vissuta in conflitto con le proprie necessità biologiche.

ESEMPIO

“I cani sono gli unici altri grandi mammiferi [oltre all’uomo] che comunemente sviluppano spontaneamente il cancro alla prostata”.
Fonte: Science Direct
I cani castrati sviluppano più facilmente di quelli integri il tumore alla prostata.
Fonte: Scientific Research Publisher e PubMed

Il sentito viscerale che attiva la fisiologia speciale di questo organo atto alla riproduzione è "non posso fecondare abbastanza", che per l'essere vivente è un istinto necessario alla sopravvivenza alla pari del bisogno di cibo.

Immaginiamo il lupo selvatico, progenitore del cane, e dall’altra parte osserviamo quest’ultimo nei giardini pubblici, il suo istinto primordiale e il collare che lo strattona ogni volta che prova ad avvicinarsi ad una femmina.
E il padrone, la sua assicurazione alla sopravvivenza ormai irrinunciabile, che lo redarguisce.


In futuro ho intenzione di pubblicare una seconda parte di questo testo per approfondire altri aspetti collegati.

In questa rubrica altri articoli di 5LB Magazine che trattano dell'ipotesi di una conflittualità crescente provocata dalla domesticazione.