Il 19 gennaio scorso con l'associazione Salute Attiva Onlus abbiamo partecipato alla organizzazione di un importante evento a Cagliari, una conferenza sull'effetto placebo che ha ospitato uno dei più importanti ricercatori nel campo a livello mondiale.
Avevamo presentato l'evento su 5LB Magazine con questo articolo sul potere di cura delle parole.
Fabrizio Benedetti ha scritto libri famosi sul tema, l'ultimo in ordine di tempo è La speranza è un farmaco, Mondadori, 2018
Ci ha esposto nei pochi minuti a sua disposizione lo stato dell'arte delle ricerche sul placebo, e ci siamo sentiti spremuti in questo centro di gravità epocale a cavallo del millennio in cui due mondi, quello delle scienze umane e quello delle scienze naturali, si precipitano a incontrarsi nella prospettiva di fondersi.
Riassumo il messaggio di 2 ore di conferenza, che pubblichiamo integralmente a fondo pagina, in questa citazione di Benedetti che risponde ad una domanda di Paolo Sanna:
STIAMO MOSTRANDO CIÒ CHE È UMANISTICO DAL PUNTO DI VISTA BIOLOGICO E NEURO-SCIENTIFICO
"[...] visto che viviamo un'epoca di medicina "molecolare" e riduzionistica (che ben venga, sia chiaro, perchè di progressi ne sono stati fatti, ma si è un po' tralasciato l'aspetto umanistico, psicologico e sociale, cioè il paziente visto in toto), e visto che una grossa fetta di comunità scientifica è disposta a capire una determinata scientificità quando si parla di molecole, il grande progresso che è stato fatto in questo ambito [quello della relazione psiche-corpo e dell'effetto placebo NDR] è che prima se ne parlava solo dal punto di vista psicologico e sociologico, oggi cominciamo a studiare il cervello, quello che succede.
E la comunità scientifica, che recepisce più le molecole che l'aspetto umanistico, si è convinta parlando di umanizzazione della cura dal punto di vista molecolare, [un punto di vista] che si fa recepire maggiormente dai "molecolaristi", per usare un neologismo...
Io penso che bisogna essere saggi e non bisogna dire tutto vero da una parte o tutto vero dall'altra, ma bisogna incontrarsi.
E questo è il grosso messaggio: che tutte le parole, tutti gli atteggiamenti, tutti i comportamenti di coloro che interagiscono con un paziente muovono un sacco di molecole nel cervello del paziente, e queste molecole possono portare dei benefici o dei danni, quindi bisogna stare molto attenti nell'interazione con il paziente."
Avevamo presentato l'evento su 5LB Magazine con questo articolo sul potere di cura delle parole.
Fabrizio Benedetti ha scritto libri famosi sul tema, l'ultimo in ordine di tempo è La speranza è un farmaco, Mondadori, 2018
Ci ha esposto nei pochi minuti a sua disposizione lo stato dell'arte delle ricerche sul placebo, e ci siamo sentiti spremuti in questo centro di gravità epocale a cavallo del millennio in cui due mondi, quello delle scienze umane e quello delle scienze naturali, si precipitano a incontrarsi nella prospettiva di fondersi.
Riassumo il messaggio di 2 ore di conferenza, che pubblichiamo integralmente a fondo pagina, in questa citazione di Benedetti che risponde ad una domanda di Paolo Sanna:
STIAMO MOSTRANDO CIÒ CHE È UMANISTICO DAL PUNTO DI VISTA BIOLOGICO E NEURO-SCIENTIFICO
"[...] visto che viviamo un'epoca di medicina "molecolare" e riduzionistica (che ben venga, sia chiaro, perchè di progressi ne sono stati fatti, ma si è un po' tralasciato l'aspetto umanistico, psicologico e sociale, cioè il paziente visto in toto), e visto che una grossa fetta di comunità scientifica è disposta a capire una determinata scientificità quando si parla di molecole, il grande progresso che è stato fatto in questo ambito [quello della relazione psiche-corpo e dell'effetto placebo NDR] è che prima se ne parlava solo dal punto di vista psicologico e sociologico, oggi cominciamo a studiare il cervello, quello che succede.
E la comunità scientifica, che recepisce più le molecole che l'aspetto umanistico, si è convinta parlando di umanizzazione della cura dal punto di vista molecolare, [un punto di vista] che si fa recepire maggiormente dai "molecolaristi", per usare un neologismo...
Io penso che bisogna essere saggi e non bisogna dire tutto vero da una parte o tutto vero dall'altra, ma bisogna incontrarsi.
E questo è il grosso messaggio: che tutte le parole, tutti gli atteggiamenti, tutti i comportamenti di coloro che interagiscono con un paziente muovono un sacco di molecole nel cervello del paziente, e queste molecole possono portare dei benefici o dei danni, quindi bisogna stare molto attenti nell'interazione con il paziente."
IL VIDEO DELLA CITAZIONE
LA CONFERENZA (INTEGRALE)
LA DISCUSSIONE E LE DOMANDE DEL PUBBLICO