In una visione “hameriana” si ritiene che il meccanismo che sottende l’attivazione sovradeterminata della muscolatura striata dell’apparato locomotore sia il medesimo di tutti gli altri tessuti.
Da una mia analisi, deduttiva prima e clinica poi, emergerebbe invece che questo specifico tessuto ha un comportamento inedito nel suo innesco biologico-conflittuale.
In realtà sembrerebbe che le fibrocellule non posseggano alcun programma biologico attivabile e quindi nessun relè cerebrale sulla sostanza bianca sub-corticale, a cui ricondurre la propria attitudine in condizioni conflittuali.
Questo è dovuto alla sua singolare unità funzionale costituita da filamenti di actina e miosina che, intersecandosi attraverso un complesso meccanismo biochimico, lo rendono l’unico tessuto dell’apparato locomotore dinamico e funzionale al tempo stesso, quindi l’unico vero attivatore del movimento.
Suppongo che il dottor Hamer sia stato tratto in inganno dal fatto che il tessuto muscolare volontario, per effetto del principio di supercompensazione – a seguito della fase di recupero da uno sforzo intenso e prolungato – risulta essere più performante a causa della sua ipertrofia e della sua modificazione biochimica. Ma il meccanismo che sottende a questo processo non ha nulla a che vedere con la fisiologia speciale descritta dai programmi biologici SBS.
Immagine CC BY di Blausen.com staff (2014) |
Il processo fisiologico a carico della muscolatura striata volontaria, che porta all’incremento della sua massa e quindi della forza, non necessita di alcuna attivazione cerebrale per poter avvenire: accade infatti seguendo uno schema di ripristino del tessuto leso a seguito di un’attività fisica intensa e duratura, solo a carico dei muscoli maggiormente coinvolti nello sforzo e con una modalità completamente differente.
Questo accade senza che vi sia alcun conflitto biologico a guidarne il meccanismo di risposta.
In poche parole la necrosi del tessuto miofibrillare non avviene per effetto dell’attivazione di un SBS, come si potrebbe pensare, bensì a causa di uno stress biomeccanico ripetuto a cui è sottoposto il muscolo durante lo sforzo, il quale deteriora le miofibrille e sposta le linee Z all’interno della fibrocellula.
Il tessuto muscolare è in assoluto quello con le maggiori capacità di trasformazione biochimica e strutturale, mediate unicamente dalle richieste biomeccaniche dello sforzo. Questo comportamento possiede un preciso scopo biologico: fornire all’individuo la capacità di far fronte costantemente a nuove situazioni in relazione allo scenario contingente.
Se non vi è alcuna richiesta di sforzo muscolare, come accade ad esempio nelle lunghe degenze, il tessuto atrofizza… ma appena le richieste ricompaiono ipertrofizza nel giro di pochi giorni.
Se l’individuo invece necessita di una maggiore resistenza, come nel caso dei maratoneti, il tessuto muscolare non ipertrofizza ma modifica la sua struttura biochimica, incrementando nella fase di supercompensazione il numero di mitocondri e la quantità di glicogeno e mioglobina all’interno della fibrocellula.
Nel caso di pesisti o bodybuilder la richiesta nello sforzo è relativa alla forza, perciò aumenteranno il numero di miofibrille all’interno della fibrocellula, il tutto con lo scopo di favorire quella specifica funzione biologica.
Ogni meccanismo di autoregolazione del trofismo muscolare e della sua fisiologia sono determinati unicamente dalle richieste biomeccaniche e mediate da molecole infiammatorie quali: citochine, chemochine e prostaglandine che generano: calor, rubor, tumor, dolor, functio laesa (calore della parte infiammata, arrossamento, tumefazione, dolore, alterazione funzionale).
È un tipo di dolore che viene innescato circa 24/48 dopo lo sforzo, a cui è stato assegnato l’acronimo di DOMS (Delayed Onset Muscle Soreness), cioè dolore muscolare a comparsa ritardata: un dolore inconfondibile che tutti gli sportivi conoscono perfettamente, impossibile da innescare senza un lavoro muscolare intenso. Nessun conflitto di tipo metaforico sarà mai in grado di riprodurlo.
Stando a quanto viene sostenuto dalla quinta Legge Biologica (e come ho meglio spiegato nella prima parte di questo articolo), non avrebbe alcun senso l’attivazione di un programma che tolga forza ad un gruppo muscolare, o che ne decrementi la sua resistenza e il suo trofismo proprio quando risulta essere più necessario, cioè nella Fase Attiva del conflitto. Questo “presunto” meccanismo conflittuale metterebbe l’individuo in una condizione di ulteriore difficoltà. Sarebbe come se chiedessimo aiuto ad un compagno di viaggio perché una salita ci ha sfiniti e, invece di fornirci una spinta e dei mezzi per procedere, mettesse sulle nostre spalle anche il suo zaino o peggio ancora ci facesse uno sgambetto… un comportamento totalmente insensato.
Eppure si è sempre pensato che questa fosse la vera modalità d’azione dei programmi biologici che agisce sui muscoli volontari.
Il sistema muscolare è stato talmente ben progettato da madre natura da avere anche recettori di conservazione inediti nell’organismo umano, in assenza dei quali potrebbe subire lesioni irreversibili nel giro di pochi giorni.
I primi sono chiamati organi tendinei del Golgi, i quali hanno il preciso scopo di preservare l’integrità del muscolo togliendo forza, cioè togliendo “corrente elettrica” alla contrazione muscolare qualora venisse applicata un’eccessiva quantità di carico. E i secondi chiamati fusi neuromuscolari, intercalati nelle miofibrille con lo scopo di far avvenire una contrazione muscolare involontaria, nel caso in cui il fascio muscolare venga eccessivamente stirato.
Occorre osservare fra l’altro che, se la massa muscolare potesse incrementare il proprio volume sempre e solo a seguito di conflitti biologici specifici per questo tessuto, la regione midollare del cervello – area di pertinenza dei relè dell’apparato locomotore – nei body builder, nei pesisti o negli sportivi di alto livello in genere, sarebbe totalmente costellata di focolai cerebrali con formazioni a bersaglio FH (focolai di Hamer) ed edematosi degli stessi a seguito di ogni allenamento. Per quel che ne so, una questione mai verificata o dimostrata tramite TAC cerebrale.
Da quanto esposto si evince che questo tessuto, oltre ad avere un comportamento, una modificabilità ed una struttura unici nell’organismo umano, possiede anche una sua capacità di autoregolazione omeostatica che agisce costantemente, 24 ore su 24, senza alcun bisogno di aiuti derivanti da fisiologia speciale, a differenza di quanto avviene per gli tutti altri tessuti dell’apparato locomotore (legamenti, ossa, articolazioni, vasi...).
Prosegui con la terza parte per approfondire ancora meglio la questione.
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