Ho già trattato di medicine, e dei due diffusi fondamentalismi che si fanno la guerra: quello che ne fa oggetto di fede e quello che le avversa per principio.
Oggi siamo di fronte a uno studio scientifico fatto come si deve (studio randomizzato a doppio cieco) che mette sotto analisi l'efficacia del paracetamolo (Tachipirina e simili, sostanza somministrata tradizionalmente come analgesico) per curare il mal di schiena lombare.
I risultati non hanno margini di interpretazione.
Non sappiamo se sia una manovra di marketing per preparare il terreno a qualche nuovo medicinale, ma dal punto di vista delle leggi biologiche c'è qualche dettaglio interessante.
Ecco la mia revisione.
Questo è l'estratto originale di Lancet del 24/7/2014
e questi i risultati nel dettaglio
550 partecipanti sono stati assegnati al gruppo per assunzione regolare (550 analysed), 549 sono stati assegnati al gruppo per l'assunzione in caso di bisogno (546 analysed), e 553 sono stati assegnati al gruppo placebo (547 analysed).
Il tempo medio di recupero dal dolore è stato:
17 giorni nel gruppo regolare (95% CI 14—19) ,
17 giorni nel gruppo "quando serve" (15—20)
16 giorni nel gruppo placebo (14—20)
Non abbiamo registrato differenze tra i gruppi trattati rispetto al tempo di recupero (adjusted p=0·79). Adesione alla regolare assunzione: compresse assunte mediamente:
4·0 [IQR 1·6—5·7] nel gruppo regolare
3·9 [1·5—5·6] nel gruppo "quando serve"
4·0 [1·5—5·7] nel gruppo placebo
Numero di partecipanti che hanno avuto effetti collaterali:
99 [18·5%] nel gruppo regolare
99 [18·7%] nel gruppo "quando serve"
98 [18·5%] nel gruppo placebo
In sintesi: assumere paracetamolo o una pillola di zucchero non fa alcuna differenza né nel ridurre i giorni di convalescenza per dolore lombare, né nell'evitare gli effetti collaterali. Pari e patta.
Nell'estratto non ci sono dati che riguardino la variazione dell'intensità del dolore e, ammesso che sia stata verificata, si trova nel testo completo che non è di pubblico accesso.
In ogni caso, quello che sappiamo è che, qualsiasi sostanza venga assunta, la curva bifasica necessita del suo tempo naturale per compiere il suo ciclo.
Non è infatti possibile intervenire sui tempi*, l'unica "libertà" che ci possiamo concedere è il tentativo di ridurne l'intensità (qui i migliori medicinali funzionali allo scopo).
* sempre che si tratti di una curva lineare senza recidive.
Per questo motivo suppongo, ma non posso esserne certo senza dati, che il paracetamolo (astringente) abbia saputo sostenere la vagotonia nella fase dolorosa PCL-A, riducendo in una qualche misura l'intensità dei sintomi per i due gruppi che lo assumevano.
In effetti la ricerca non verteva sull'efficacia nel ridurre il dolore nel brevissimo periodo, eppure è la funzione primaria di un qualsiasi analgesico.
Questo dettaglio mi solleva il sospetto sulla non indipendenza dello studio o, comunque, sulla strumentalizzazione che ne stanno facendo i media: "Paracetamolo: non funziona contro il mal di schiena", "Paracetamolo, ko come analgesico contro la lombalgia", "Mal di schiena: paracetamolo inutile, meglio Yoga e Pilates"... e tante altre belle declinazioni.
Invece, il dato certo che si evidenzia è il fatto che il tempo di recupero dal dolore è identico sia che si assuma il medicinale, sia che non lo si assuma.
Un valore interessante è proprio il tempo medio, che è prossimo al tempo massimo naturale che richiede una fase di riparazione PCL-A, ovvero 3 settimane.
Ma il dato ancor più interessante è sicuramente quello sugli effetti collaterali: sia che una persona assuma il medicinale sia che beva solo acqua (placebo), avrà la stessa percezione che quel gesto gli abbia procurato effetti indesiderati.
Perchè è il gesto che può procurarli, e non la sostanza (quando non è di per sè tossica).
Risulta qui evidente il ruolo fondamentale della percezione, un fattore che si tende a non considerare negli studi clinici odierni ma che è, in fondo, l'unico elemento davvero discriminante che dovrebbe portare a focalizzare la ricerca su conclusioni ben diverse rispetto al semplice risultato di prima lettura "il paracetamolo è inefficace".
Mi puoi spiegare come hai fatto a far star male 100 persone dandogli acqua e zucchero (il placebo)?
Ci sono migliaia di studi in circolazione che riportano risultati simili e, se ce ne fosse ancora bisogno, quest'ultimo ci conferma, una volta di più, che può non essere così importante cosa si fa, ma è enormemente importante COME lo si fa e con quale percezione viscerale, così unica per ogni irripetibile essere umano.
Purtroppo, ad oggi, di studi scientifici che si occupino di quei 99 individui (x3) che hanno avuto effetti collaterali, che si occupino del loro sentito profondo e delle loro relative risposte biologiche, non ne esistono (che io sappia!).
Ma questa sarà necessariamente la ricerca del futuro.
Oggi siamo di fronte a uno studio scientifico fatto come si deve (studio randomizzato a doppio cieco) che mette sotto analisi l'efficacia del paracetamolo (Tachipirina e simili, sostanza somministrata tradizionalmente come analgesico) per curare il mal di schiena lombare.
I risultati non hanno margini di interpretazione.
Non sappiamo se sia una manovra di marketing per preparare il terreno a qualche nuovo medicinale, ma dal punto di vista delle leggi biologiche c'è qualche dettaglio interessante.
Ecco la mia revisione.
Questo è l'estratto originale di Lancet del 24/7/2014
e questi i risultati nel dettaglio
550 partecipanti sono stati assegnati al gruppo per assunzione regolare (550 analysed), 549 sono stati assegnati al gruppo per l'assunzione in caso di bisogno (546 analysed), e 553 sono stati assegnati al gruppo placebo (547 analysed).
Il tempo medio di recupero dal dolore è stato:
17 giorni nel gruppo regolare (95% CI 14—19) ,
17 giorni nel gruppo "quando serve" (15—20)
16 giorni nel gruppo placebo (14—20)
Non abbiamo registrato differenze tra i gruppi trattati rispetto al tempo di recupero (adjusted p=0·79). Adesione alla regolare assunzione: compresse assunte mediamente:
4·0 [IQR 1·6—5·7] nel gruppo regolare
3·9 [1·5—5·6] nel gruppo "quando serve"
4·0 [1·5—5·7] nel gruppo placebo
Numero di partecipanti che hanno avuto effetti collaterali:
99 [18·5%] nel gruppo regolare
99 [18·7%] nel gruppo "quando serve"
98 [18·5%] nel gruppo placebo
In sintesi: assumere paracetamolo o una pillola di zucchero non fa alcuna differenza né nel ridurre i giorni di convalescenza per dolore lombare, né nell'evitare gli effetti collaterali. Pari e patta.
Nell'estratto non ci sono dati che riguardino la variazione dell'intensità del dolore e, ammesso che sia stata verificata, si trova nel testo completo che non è di pubblico accesso.
In ogni caso, quello che sappiamo è che, qualsiasi sostanza venga assunta, la curva bifasica necessita del suo tempo naturale per compiere il suo ciclo.
Non è infatti possibile intervenire sui tempi*, l'unica "libertà" che ci possiamo concedere è il tentativo di ridurne l'intensità (qui i migliori medicinali funzionali allo scopo).
* sempre che si tratti di una curva lineare senza recidive.
Per questo motivo suppongo, ma non posso esserne certo senza dati, che il paracetamolo (astringente) abbia saputo sostenere la vagotonia nella fase dolorosa PCL-A, riducendo in una qualche misura l'intensità dei sintomi per i due gruppi che lo assumevano.
In effetti la ricerca non verteva sull'efficacia nel ridurre il dolore nel brevissimo periodo, eppure è la funzione primaria di un qualsiasi analgesico.
Questo dettaglio mi solleva il sospetto sulla non indipendenza dello studio o, comunque, sulla strumentalizzazione che ne stanno facendo i media: "Paracetamolo: non funziona contro il mal di schiena", "Paracetamolo, ko come analgesico contro la lombalgia", "Mal di schiena: paracetamolo inutile, meglio Yoga e Pilates"... e tante altre belle declinazioni.
Invece, il dato certo che si evidenzia è il fatto che il tempo di recupero dal dolore è identico sia che si assuma il medicinale, sia che non lo si assuma.
Un valore interessante è proprio il tempo medio, che è prossimo al tempo massimo naturale che richiede una fase di riparazione PCL-A, ovvero 3 settimane.
Ma il dato ancor più interessante è sicuramente quello sugli effetti collaterali: sia che una persona assuma il medicinale sia che beva solo acqua (placebo), avrà la stessa percezione che quel gesto gli abbia procurato effetti indesiderati.
Perchè è il gesto che può procurarli, e non la sostanza (quando non è di per sè tossica).
Risulta qui evidente il ruolo fondamentale della percezione, un fattore che si tende a non considerare negli studi clinici odierni ma che è, in fondo, l'unico elemento davvero discriminante che dovrebbe portare a focalizzare la ricerca su conclusioni ben diverse rispetto al semplice risultato di prima lettura "il paracetamolo è inefficace".
Mi puoi spiegare come hai fatto a far star male 100 persone dandogli acqua e zucchero (il placebo)?
Ci sono migliaia di studi in circolazione che riportano risultati simili e, se ce ne fosse ancora bisogno, quest'ultimo ci conferma, una volta di più, che può non essere così importante cosa si fa, ma è enormemente importante COME lo si fa e con quale percezione viscerale, così unica per ogni irripetibile essere umano.
Purtroppo, ad oggi, di studi scientifici che si occupino di quei 99 individui (x3) che hanno avuto effetti collaterali, che si occupino del loro sentito profondo e delle loro relative risposte biologiche, non ne esistono (che io sappia!).
Ma questa sarà necessariamente la ricerca del futuro.