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Se dovessi sintetizzare questo articolo, mi basterebbero due parole: "Integrare l'esperienza".
Ma credo sia meglio iniziare a sviscerare l'argomento e dedicare alla tematica delicata lo spazio che merita.
Conoscere le 5 leggi biologiche molto bene è una cosa; saperle applicare su di sè e sugli altri in modo preciso è un'altra; integrarle profondamente, tanto da non temere più la cosiddetta "malattia", è un'altra cosa ancora.
Conoscenza, esperienza, integrazione; si tratta di tre livelli ben definiti e distinti: intellettuale, percettivo ed emozionale.
Quando si incomincia a studiare le 5 Leggi Biologiche viene spontaneo citarle fermandosi ad un livello di approssimata conoscenza, praticando un puro esercizio intellettuale. Quello che viene richiesto nel tempo è l'ESPERIENZA concreta, e in un passo successivo, l'INTEGRAZIONE di esse, ovvero farle talmente proprie che possiamo sentire profondamente di avere un valore aggiunto rispetto a prima. E' l'integrazione che fa la differenza nella gestione della paura della "malattia"
I SOPRAVVISSUTI AL CANCRO
Ho conosciuto diverse persone che hanno attraversato e superato (senza conoscere le 5 Leggi Biologiche) periodi impegnativi con sintomatologie fisiche importanti, catalogate nella mente con etichette diagnostiche dai nomi altisonanti, terrificanti e dagli epiloghi ineluttabili.Tali persone ne sono uscite con i più disparati approcci ed interventi terapeutici e quello che avverto in ciascuna di loro è un (più che giustificato) senso di trionfo per aver vinto la battaglia contro una "brutta malattia" e, per alcuni, contro il "cancro".
Quando condivido con loro le esperienze vissute, mi accorgo che si considerano dei “sopravvissuti” dando un'identità “maligna” e ineluttabile al “nemico“ che hanno dovuto combattere.
Questo atteggiamento, tuttavia, li lascia nella paura di incontrarlo di nuovo e li priva della forza necessaria per affrontare eventuali nuove sfide.
Non hanno avuto modo di poter conoscere, sperimentare ed integrare il loro “nemico” per quello che biologicamente è: un processo bio-logico in corso che, oltre a non aver alcuna caratteristica di "errore di natura", ha addirittura un senso di esistere proprio in quell' organo, in quel momento, in quell' unico individuo.
Ora mi verrebbe da chiedere: "se adesso il medico ti ha definito 'guarito', come reagiresti se dovessi, per la seconda volta, affrontare di nuovo una malattia diagnosticata maligna?"
In genere lo schiaffo che si riceve la seconda volta è ancora più pesante della prima perché si è meno disposti ad affrontare di nuovo tutto l'iter sperimentato in precedenza, sia per la paura attanagliante che per le reali sofferenze fisiche nei nostri tessuti più sensibili.
A questo punto molte sono le persone che gettano la spugna e dicono "no, un'altra volta no, non ce la faccio ad affrontare tutto un'altra volta."
E si lasciano andare arrendendosi ad un destino ineluttabile.
Purtroppo, anche chi conosce le 5 leggi biologiche e si trova di fronte allo scenario sopra descritto, avverte la sensazione di "stavolta non ce la faccio", se non ha integrato quello che tali leggi rappresentano: cioè, se non ha integrato che la prima volta non ha vinto la battaglia contro una malattia (perché non c'era nessun nemico da combattere e contro cui lottare), ma in realtà stava invece avvenendo un processo biologico di risposta automatica del corpo, per affrontare un evento critico per la sopravvivenza dell'organismo.
INTEGRARE IL SENSO DELL'ESPERIENZA
Integrare l'esperienza di aver superato un momento impegnativo definito "malattia", significa aver scoperto che quel processo aveva un senso biologico nel suo manifestarsi e soprattutto che, come quello, anche eventuali processi futuri, avranno un preciso senso di esistere.Se viene integrata questa consapevolezza, non attraverso solo un approccio cognitivo bensì anche esperienziale, ecco che di fronte ad altre diagnosi o recidive o, come si suol dire, "ricadute", la persona è più pronta, più forte di prima. Vive con maggiore tranquillità in un piccolo spazio in cui ricominciare a pensare a cosa fare della propria vita. Se non c'è integrazione della propria esperienza la gestione dei processi biologici in corso diventa una lotta con se stessi.
Quindi se entriamo nell'ottica che non c'è nessun nemico da combattere, nessuna battaglia da vincere, ma solo un saper gestire una momentanea realtà impegnativa, possiamo permetterci di vivere invece che arrancare nella paura e disperazione per sopravvivere ad un nemico che non esiste.
Non sto filosofando: sto descrivendo quanto di più straordinario ho potuto sperimentare di persona negli ultimi 11 anni della mia vita a livello biologico, a livello psichico e a livello emotivo. Non è stato per niente facile, ho attraversato dei momenti terribili in cui ho creduto di non farcela, tuttavia non mi viene da dire che ho combattuto contro il "cancro" perchè, nonostante le diagnosi nefaste, non ho mai chiamato in questo modo i processi che avvenivano nel mio corpo.
Non mi considero una "sopravvissuta" perché non ho lottato contro nulla, ma ho sperimentato ed osservato l'avvicendarsi di precise leggi biologiche.
Non mi sono isolata sperando nel processo di "auto-guarigione", mi sono invece fatta aiutare e sostenere anche con utilizzo di farmaci per la gestione di sintomi intensi...e non è finita qui.
Mi rivolgo a voi tutti che state ricercando: non fermatevi alla conoscenza teorica.
Chi si ferma al cognitivismo é a metà strada: occorre esperire (verificando con piccoli sintomi e fastidi quotidiani facilmente gestibili come un raffreddore o un mal di gola...) per integrare, e occorre integrare per continuare a vivere, per continuare ad “essere totalmente” anche in circostanze più impegnative, senza sentirsi "sopravvissuto".