Alcuni commenti sulle ricerche in materia di “virus”,
esosomi, vescicole extracellulari e terapie geniche alla luce delle 5 Leggi
Biologiche
A cura di
Paolo Renati, PhD.
Parte 1 – La
comunicazione intra ed inter-organismi
In merito alla revisione che stiamo
portando, e in coda al precedente articolo di Mauro Sartorio crediamo ci sia la
necessità di fornire qualche altra riflessione su questo cruciale tema della
ricerca in microbiologia. E in particolare dobbiamo indirizzare il focus sul
facile equivoco secondo cui vescicole extracellulari ed esosomi (e quindi anche
i medesimi componenti quando fossero, arbitrariamente, etichettati come
“virus”) possano innescare nelle cellule riceventi (anche in un organismo) dei
processi strettamente fedeli alle ipotizzate “istruzioni geniche” che essi trasportino.
Come buon esempio di questo possibile equivoco citiamo anche qui il lavoro di Hadi
Valadi, biologo molecolare dell'Università di Goteborg, svolto in vitro
in cui cellule umane, includendo esosomi provenienti da mastcellule di midollo
osseo di topo, sono state osservate produrre proteine “di topo”.
La domanda che ci poniamo è: siamo sicuri che siano le vescicole ad “innescare effetti specifici” tout court…? Perché qui c'è il rischio di intendere la dinamica con una elementarità che porterebbe a dei paradossi tragicomici, del tipo che: se ricevessimo una busta dal postino, la leggessimo e ci facessimo un thè e andassimo a scrivere una email al pc subito dopo, allora chi osservasse da fuori la scena - come accade in questi lavori di ricerca – potesse desumere che sulla busta ci fosse scritta l’istruzione: "bevi un thè e scrivi una email". Al contrario, come ben possiamo comprendere parlando di sistemi viventi, la vicenda è ben più sottile e consistentemente leggibile come un processo di risposta e non - solo e riduzionisticamente - di reazione. Quindi dovrebbe esser letta come: abbiamo ricevuto alcune informazioni riguardanti lo stato dell'ambiente circostante (provenienti dai viventi presenti nello stesso) e ne facciamo quel che ha senso biologico per noi, ovviamente in relazione al contesto (vedi caso dei simbionti con l’organismo ospite, in accordo con la 4° legge Biologica). Quindi, nella metafora sarebbe: dopo aver letto un messaggio (che possa riguardare un pagamento in arretrato o un modulo urgente da compilare), possiamo farci un thè e metterci al pc a scrivere una email, il che costituisce il nostro "rispondere" a quell'input (ma senza concludere riduzionisticamente che in quell'input ci fosse esattamente l'istruzione che corrisponda in modo suriettivo al nostro agito, ossia: “bevi un thè e scrivi una email”).
Nel caso della - così sembra -
trascrizione di proteine tipiche del topo da parte di cellule umane che abbiano
ricevuto esosomi da mastcellule murine, va tenuto ben conto che si tratta di un
esperimento condotto in vitro.
Questo cambia di molto le cose
rispetto al setting biologico reale, in quanto le cellule umane
riceventi gli esosomi in vitro, sono private di tutto quel contesto di
correlazione elettrodinamico esperito quando facessero parte di un organismo
biologico che ne detti le funzioni (proprio come accade nei tessuti viventi, la
cui fisiologia è regolata dalla necessità di risposte associata all'intero
organismo e non tanto da un evento locale del tessuto, infatti nel cadavere vi
è solo il livello della reazione e nessuna fisiologia viene attivata a fronte
di qualsivoglia stimolo).
Motivo per cui, le cellule
riceventi potrebbero consistentemente trovarsi nella situazione di trascrivere
quelle proteine per ragioni, in vitro, ancora sconosciute sul piano
quantitativo, ma pertinenti al fatto che esse non abbiano alcun "sistema
più grande" a cui appartenere.
Tale punto andrebbe inteso
anche per le cellule emissarie degli stessi esosomi e per le quali - tra
l'altro - sarebbe anche utile approfondire il perché si mettano a produrli e
con quale criterio vengano scelte le sequenze di RNA che debbano essere poi
lette e addirittura trascritte (e se tutti gli esosomi contengano le stesse
sequenze o meno).
In sostanza, con la visione
offertaci dalle 5LB abbiamo l'occasione per arricchire lo scenario e la lettura
di questi fatti osservati, emancipandoci da un riduzionismo ingenuo che di
nuovo:
- Rischia di scambiare i "come" accadono le cose, coi
"perché" esse accadano (le fisiologie) tra cui la fallace idea
secondo la quale sia il genoma il "primum movens" della
fisiologia quando è esattamente il contrario (cit. B. Lipton, The
Biology of Beliefs, per es.), ossia il genoma è l'ultimo anello della
catena causale che consente alla cellula di esprimere funzionalità
nuove/diverse/speciali, su istruzione della fisiologia (speciale, nuova)
richiesta dalla relazione con l'ambiente (*).
- Rischia di rimanere relegato ad un manicheismo elementare del tipo
"esosoma=messaggio buono”, “virus=messaggio cattivo" (quando una
loro distinguibilità a priori è oltretutto infattibile e senza molto
senso, come è già stato riferito da più di uno studioso)
- Rischia di sussumere che un organismo, da un lato, sia una
"monade" a sé, che opera processi auto-riferiti, ma che
dall'altro (quando ricevesse "messaggi") sia bellamente capace
di eseguirne perché riceve “l’istruzione di farli”, come un automa, a
prescindere che abbiano delle implicazioni per la propria omeostasi o meno
(quindi si ipotizza che qualcosa di esterno possa farci fare dei sintomi o
possa farci aggiustare le cose, "perché abbiamo ricevuto
un'informazione che ci mancava" (**))
Inoltre, a metter in
discussione che queste vescicole siano il mezzo necessario e sufficiente per
trasferire messaggi - intesi dai ricercatori molecolari come "istruzioni
circa il trascrivere una qualche proteina o una qualche altra" - vi sono i
vecchi esperimenti del russo Alexander Gurwitsch [Gurwitsch, A. G., and
Gurwitsch, L. G., Die Mitogenetische Strahlung, Gustav Fischer
Verlag, Jena, 1959)] (e i nuovi di Daniel Fels [https://www.semanticscholar.org/reader/b6848c141915707899c2a238773f654a9e59b991]
(***)) circa la cosiddetta "radiazione mitogenetica" per cui si è
compreso che colture cellulari – isolate chimicamente (cioè in capsule di Petri
o becher distinti, senza possibilità di scambio di materiale tra loro), ma in
comunicazione ottica (ossia con la possibilità di scambiare (bio)fotoni tra
esse, e cioè che possano "vedersi") – potevano indurre trasformazioni
reciproche facendo cambiare stato/funzioni alle cellule di una coltura, ad
imitazione di quelle dell'altra.
Tutto ciò ha una perfetta
congruenza con gli studi di elettrodinamica dell'acqua e della fase vivente
della materia, che mostrano come il vivente sia un sistema super-coerente in
cui tutti gli oscillatori sono correlati da una fase comune (phase-locking)
e condividono stati ben precisi a cui corrispondono frequenze di lavoro ben
precise, alle quali si associano altrettanto precise sintassi biochimiche. E
ciò ci fa capire che, se ci sono delle fisiologie da adempiere, queste sono
agite e modulate per via elettrodinamica, in primis, con un notevole risparmio
in termini di energia, materia e tempo (in quanto immensamente più rapide di
qualsivoglia vescicola rilasciata in un mezzo liquido o gassoso – ammesso che
possano davvero mantenersi inalterate anche fuori dal vivente).
Per approfondire il tema delle
basi del funzionamento fisico della fase vivente della materia, si veda la
formazione in Elettrodinamica del Vivente sulla piattaforma 5LB-Dex o
si consideri la frequentazione dei 3 Moduli in presenza; una prossima edizione
del Primo Modulo si terrà a Verona, il 15-16 Marzo 2025.
Quindi, in conclusione, in una
visione coerente con la "Quint'Essenza", a cosa servirebbero questi
"pacchetti materici" potenzialmente trasportanti delle
"informazioni"?
Sapendo che la natura non fa
niente in modo superfluo e, anzi, adotta spesso un medesimo processo per ottemperare
a più funzioni (si pensi all'urinare nei mammiferi che, oltre ad adempiere una
funzione escretoria, svolge un cruciale ruolo nella comunicazione con i simili
circa i limiti di un territorio da marcare o anche lo stato di recettività
sessuale per l'accoppiamento), ci sentiamo di propendere per questa risposta:
- nel caso in cui si tratti di vescicole compresenti a tessuti/cellule
che stiano agendo date fisiologie, queste sono delle risultanti di lavoro
come nella lisi cellulare e dei microorganismi) o del materiale che è
anche utilizzabile per la ricostruzione cellulare (si pensi alle
riparazioni in PCL di epiteli ectodermici a cui si associano particole
etichettate come virioni, ad es. "Herpes Virus", "Papilloma
Virus", ecc.)
- nel caso del loro reperimento massivo negli oceani e nell'atmosfera,
secondo noi ha senso intenderle come mezzo per la condivisione orizzontale
di un linguaggio genetico (horizontal gene transfer), che è comune
a TUTTE le specie presenti sul pianeta, e ad una comunicazione reciproca
circa lo "stato dell'arte" degli ecosistemi, entro la Rete della
Vita che costituisce l'intera biosfera, in consistenza con la visione
della Vita come dinamica corale.
Ovviamente, ogni organismo, o
comunità di organismi, nel ricevere determinati "pacchetti postali"
ne farà quello che al meglio, con senso biologico eco-sistemico e non solo
individuale, è utile, nel senso del “funzionale”, a massimizzare la stabilità
termodinamica del sistema, liquidando
quindi l'idea secondo la quale, nel momento in cui riceva una "notizia/istruzione",
si metta automicamente ad agirla come una striscia di programmazione di un
calcolatore (altrimenti ricadremmo nell'idea del contagio, solo portato su un
piano ancora più incontrollabile e sfuggente).
Nota (*): chiaramente, nei
modelli di studio in vitro, per ribadire, tutta questa complessità
causale, che consente di parlare ancor di più di "risposte" invece
che di mere "reazioni", è quanto mai dissolta e tale semplificazione
del sistema lascia spazio ad elementarismi stereotipanti con cui interpretare
il vivente (come nel caso della metafora della lettera ricevuta dal postino di
cui sopra)
Nota (**): questo è un punto
che affronteremo nella seconda parte quando ci occuperemo delle emergenti terapie
geniche e del comprendere come e perché possano funzionare, entro una lettura
che tenga conto della Quint'Essenza, la Quinta Legge della natura ormai palese
e dimostrabile.
Nota (***) Anche se nel
mainstream si dice che alcuni esperimenti di divisione cellulare indotta non
sono stati replicati; questo non è saliente rispetto al discorso che stiamo qui
facendo in quanto volto a mostrare come la “comunicazione” tra cellule è fattibile,
specialmente, in vivo, ma dimostrata anche in vitro, per via
elettromagnetica/biofotonica [Beloussov, L.V., Popp, F.A., Voiekov, V. e van
Wijk, R.: Biofotonica e sistemi coerenti. Stampa
dell'Università di Mosca, Mosca 2000]. Ovviamente, anche questa lettura su base
fisica dei meccanismi di comunicazione, senza la comprensione dell’esistenza
del “senso biologico”, ci farebbe ricadere nello scambiare i “come” coi
“perché”.