Il nostro corpo è una meravigliosa struttura di programmi biologici che mantengono il migliore equilibrio omeostatico, in rapporto sia alle variazioni interne che a quelle ambientali.
Eppure, al di là del buon senso, anche le linee guida sanitarie internazionali indicano il parto naturale, meno medicalizzato possibile, come la migliore scelta per una donna.
Non solo: il luogo di elezione per partorire sono le mura domestiche e solo in ultima istanza l'ospedale, che è preferibile quando concorrono condizioni particolari sotto osservazione del medico.
Nel mezzo i diversi centri nascite "free-standing", generalmente più accoglienti di un ospedale e gestiti esclusivamente da ostetriche.
Si tratta quindi di una scelta che ricade nelle preferenze della futura mamma.
Perchè in effetti, proprio come per ogni tipo di sovra-trattamento, ci sono rischi che vanno valutati.
Oltre alle implicazioni psicologiche per la mamma e per il bambino, l'ospedalizzazione può portare con sé interventi inappropriati, soprattutto in una sanità in grande difficoltà a livello di risorse economiche e umane.
Infatti questa recente indagine eseguita dalla Doxa tra le mamme italiane dipinge un quadro preoccupante sull'inappropriatezza degli interventi che travalica spesso in violenza.
Una mamma italiana su 5 si è sentita insultata o maltrattata durante il parto
Le 5 Leggi Biologiche ce ne forniscono una mappatura stupefacente.
Nella nostra epoca tecnocratica alla spontaneità di questi programmi naturali si oppone spesso una cultura prepotentemente medicalizzante, che dall'altra parte provoca il fenomeno antitetico della fuga verso l' "alternativo".
Una tra le più celebri vittime di questa cultura è il parto.
Una tra le più celebri vittime di questa cultura è il parto.
È oggi consolidata l'assimilazione della gravidanza ad una "malattia", e come tale viene trattata con la percezione che necessiti di cure, di ospedali e di sale operatorie.
È esemplare che un ministro della salute della nostra epoca, oltretutto donna, abbia questa idea della procreazione: "La gravidanza è un fatto naturale, ma mica tanto..."
È esemplare che un ministro della salute della nostra epoca, oltretutto donna, abbia questa idea della procreazione: "La gravidanza è un fatto naturale, ma mica tanto..."
Eppure, al di là del buon senso, anche le linee guida sanitarie internazionali indicano il parto naturale, meno medicalizzato possibile, come la migliore scelta per una donna.
Non solo: il luogo di elezione per partorire sono le mura domestiche e solo in ultima istanza l'ospedale, che è preferibile quando concorrono condizioni particolari sotto osservazione del medico.
Nel mezzo i diversi centri nascite "free-standing", generalmente più accoglienti di un ospedale e gestiti esclusivamente da ostetriche.
Si tratta quindi di una scelta che ricade nelle preferenze della futura mamma.
Perchè in effetti, proprio come per ogni tipo di sovra-trattamento, ci sono rischi che vanno valutati.
Oltre alle implicazioni psicologiche per la mamma e per il bambino, l'ospedalizzazione può portare con sé interventi inappropriati, soprattutto in una sanità in grande difficoltà a livello di risorse economiche e umane.
Infatti questa recente indagine eseguita dalla Doxa tra le mamme italiane dipinge un quadro preoccupante sull'inappropriatezza degli interventi che travalica spesso in violenza.
Una mamma italiana su 5 si è sentita insultata o maltrattata durante il parto
"Sapevamo da tempo che il parto è diventato meno fisiologico e sempre più medicalizzato - spiega - ma questi dati colpiscono. Le pazienti dovrebbero rilasciare il proprio consenso e molte volte, come segnala l'indagine questo non accade. Per queste violazioni alcune donne hanno rinunciato ad altre maternità. Cose di questo tipo accadono anche perché i medici non sanno comunicare con i pazienti. Un problema che si aggrava con il taglio delle risorse negli ospedali, con la riduzione del turn over. Il personale sanitario affronta turni faticosi e a volte troppi parti a settimana. Le pazienti sono poco informate e hanno paura di quello che accade, mentre i medici temono di sbagliare" - Maurizio Romani, senatore e ginecologo.
Fonte: Repubblica
Sono stati rilevati eccessi di interventi cesarei, eccessi di episiotomie (incisione chirurgica del perineo, considerata dall'OMS dannosa tranne in rari casi. Fonte: OMS), costrizioni nell'assumere posizioni scomode, separazioni forzate dal bambino senza ragioni mediche, assenza di coinvolgimento nelle decisioni, umiliazioni e violenze prevalentemente verbali.
L'eloquente infografica che segue riporta alcuni numeri:
Aggiornamento ottobre 2019: un report sul Lancet, rilanciato dal Time, rileva che più di un terzo delle donne nel mondo subisce violenze durante il parto.
Siamo di fronte ad un fenomeno di "appropriazione dei processi riproduttivi della donna da parte del personale medico".
Una medicina invasiva che si appropria dei processi biologici.
Un risultato senz'altro culturale, che si mischia con l'ingombrante "medicina difensiva" e con i problemi di un sistema sanitario nazionale sempre più in difficoltà per la privazione di risorse.
Un cambio in questa situazione è quindi primariamente culturale, affinchè le persone possano recuperare la fiducia nel proprio corpo.
Affinchè le persone possano comprendere che la "medicalizzazione totale", sempre più pervasiva e radicata, appare ed è venduta come la strada più sicura ma non lo è affatto, perchè porta con sè dei rischi.
Affinchè le persone possano imparare a scegliere attivamente con responsabilità per la propria salute, e sempre meno a subire la scelta da parte di un'autorità.
Affinchè gli stessi "clienti" della medicina richiedano essi stessi sempre meno interventi inappropriati, generando una domanda che alimenta un'offerta sanitaria conseguente.
Oggi la condizione culturale è piuttosto drammatica, in special modo in Italia: un chiaro esempio sono le discussioni tra mamme sui social network intorno al tema della gravidanza, che puoi trovare riportate in questo articolo: Come si diventa bestie indemoniate discutendo di salute sui social network.
Fonte: Repubblica
Sono stati rilevati eccessi di interventi cesarei, eccessi di episiotomie (incisione chirurgica del perineo, considerata dall'OMS dannosa tranne in rari casi. Fonte: OMS), costrizioni nell'assumere posizioni scomode, separazioni forzate dal bambino senza ragioni mediche, assenza di coinvolgimento nelle decisioni, umiliazioni e violenze prevalentemente verbali.
L'eloquente infografica che segue riporta alcuni numeri:
Aggiornamento ottobre 2019: un report sul Lancet, rilanciato dal Time, rileva che più di un terzo delle donne nel mondo subisce violenze durante il parto.
Siamo di fronte ad un fenomeno di "appropriazione dei processi riproduttivi della donna da parte del personale medico".
Una medicina invasiva che si appropria dei processi biologici.
Un risultato senz'altro culturale, che si mischia con l'ingombrante "medicina difensiva" e con i problemi di un sistema sanitario nazionale sempre più in difficoltà per la privazione di risorse.
Un cambio in questa situazione è quindi primariamente culturale, affinchè le persone possano recuperare la fiducia nel proprio corpo.
Affinchè le persone possano comprendere che la "medicalizzazione totale", sempre più pervasiva e radicata, appare ed è venduta come la strada più sicura ma non lo è affatto, perchè porta con sè dei rischi.
Affinchè le persone possano imparare a scegliere attivamente con responsabilità per la propria salute, e sempre meno a subire la scelta da parte di un'autorità.
Affinchè gli stessi "clienti" della medicina richiedano essi stessi sempre meno interventi inappropriati, generando una domanda che alimenta un'offerta sanitaria conseguente.
Oggi la condizione culturale è piuttosto drammatica, in special modo in Italia: un chiaro esempio sono le discussioni tra mamme sui social network intorno al tema della gravidanza, che puoi trovare riportate in questo articolo: Come si diventa bestie indemoniate discutendo di salute sui social network.