Covid-19: virus o problema di organizzazione sanitaria?

Mauro Sartorio
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Pressoché in tutti gli articoli di 5LB Magazine sull'argomento, abbiamo richiamato i 3 centri di gravità intorno a cui ruota questo fenomeno sociale chiamato Covid-19:

1- la psicosi popolare
2- la medicina di territorio trascurata (per non dire cancellata)
3- i protocolli che ingessano gli ospedali

E certamente anche l'inadeguatezza del test tampone come strumento di screening.

In questa diretta del ComiCost, il dott. Pasquale Aiese, epidemiologo Direttore Sanitario di un'unità di emergenza territoriale COVID in Campania, tratta con grande passione e dettaglio tutte queste criticità.

In sintesi: i medici non sono oggi nella condizione di fare i medici.
È così che Covid-19, prima ancora che un virus, è un problema di organizzazione sanitaria.

Ascolta dalle sue stesse parole.




Gli argomenti toccati:

Dove c'è minore ospedalizzazione e minore tecnologizzazione, c'è minore mortalità: anche se appare contro-intuitivo, l'alta specializzazione e l'industrializzazione della medicina complica il lavoro del medico e lo rende meno efficace.
La globalizzazione della salute ha reificato le persone e ha generato falsi bisogni sanitari.
Il medico di famiglia conosce i propri assistiti e sa come ognuno può affrontare i propri disagi e disturbi.

Anche nelle malattie infettive come Covid, che si tendono a omologare, è invece importante distinguere il sintomo concreto in ogni singolo paziente.
La sintomatologia è sempre soggettiva.
"Quella soggettività che un medico non dovrebbe mai trascurare quando una persona è in difficoltà".

L'approccio a Covid-19, protocollato, è fuorviante.
L'approccio di valutazione della patologia d'organo è molto più efficace.
Perchè anche se un tampone è positivo, non c'è mai una correlazione diretta di questo con la patologia eventualmente espressa.
I medici stanno cominciando a rendersi conto che, se una persona non viene abbandonata tre giorni su una barella in un corridoio; se non viene trattata solo dopo giorni di febbre e sintomi; se viene fatta una anamnesi "umana" e non solo con strumenti di laboratorio; se vengono somministrati i farmaci di uso comune, e non ossigeno in base ad un protocollo inadatto... i risultati evitano l'emergenza.
Non servono farmaci speciali, né faide tra scopritori di nuove cure... serve recuperare la maestria dell'essere medico.

Pasquale Aiese
I medici sanno bene che questo è ciò che andrebbe fatto.
Ma le raccomandazioni sovra-determinate, lo status quo e la medicina difensiva, impediscono al medico di fare il medico, ancor di più in questa condizione di confusione emergenziale, in cui gli operatori sono oltremodo stressati e hanno anche paura.
Le raccomandazioni, come quelle dell'OMS, condizionano così tanto il lavoro da diventare dei diktat.
Per questo si tende ad abusare delle maschere ad ossigeno, che non sono una cura ma una scelta estrema quando si sono perse le speranze.

Ecco il motivo per cui la medicina di territorio è tanto importante, ovvero il medico di famiglia, che deve tornare a mettere in campo la propria arte.


Tutto questo è ciò a cui ci riferiamo quando diciamo che la gestione psicotica della pandemia ingessa la sanità intera, dai medici a cui è impedito di fare i medici fino agli ospedali, e provoca una catastrofe sovra-alimentata dal quotidiano terrorismo mediatico.

Covid19 non è un virus. É un fenomeno sociale

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