La chemioterapia funziona? I dati sull'efficacia.

Mauro Sartorio
Il fenomeno che chiamo "ondate mediatiche" crea un marcato effetto illusorio sulle tendenze sociali: così sembra configurarsi un periodo in cui si concentrano casi di genitori che nutrono male i propri figli, un periodo in cui avvengono violenze da parte di stranieri, un periodo particolare in cui si muore di cancro mentre si seguono terapie non convenzionali.
È chiaro a tutti, anche se spesso non ci facciamo attenzione, che questi fatti accadono sempre e che la tendenza a concentrarsi su un tema risieda all'interno degli organi di informazione (come anche il giudizio che vi si accompagna), e non nei fatti reali.
Un po' come avviene nei piccoli paesi, in cui per qualche tempo una diceria prende forza e diventa l'argomento più chiacchierato.

In questi giorni l'onda mediatica sta portando in evidenza casi di persone che, dopo una diagnosi di cancro, hanno scelto approcci terapeutici in contrasto con il proprio medico: un fatto non di grande novità, anche se a qualcuno potrebbe apparire il contrario a causa della anomala intensità con cui è veicolata l'informazione.

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Siccome questa onda anomala investe le 5 Leggi Biologiche e la confusione è molto alta nelle opinioni che vi gravitano attorno, è il caso di compiere una revisione ad hoc.

Abbiamo già discusso di quanto la scelta terapeutica di fronte a una diagnosi sia un argomento estremamente delicato, e ancor più di quel che si immagini quando entrano in scena le 5 Leggi Biologiche: gli aspetti percettivi e di applicazione concreta di queste conoscenze sono certamente i più ostici da integrare in una cultura che fatica anche solo a prenderli in considerazione.

Ora invece entriamo negli aspetti più tecnici della scelta, raccogliendo evidenze scientifiche che possano aiutare a prendere decisioni per la propria salute, "attive", consapevoli, condivise con il proprio medico e in accordo con la propria personalissima condizione.
Affrontiamo allora quello che oggi è l'intervento di elezione nei confronti del "cancro", in molti casi affiancato alla chirurgia: la chemioterapia.

Di quali evidenze disponiamo per fare una valutazione tra l'efficacia e i rischi della chemioterapia?
L'argomento è molto incerto e dibattuto.
In un commento di queste ore ad uno studio inglese sulla mortalità a 30 giorni, il professor Peter Johnson scrive:
"Quando un trattamento sta per cominciare, è sempre un momento di incertezza per i pazienti che hanno un tumore e per le loro famiglie.
Ma questo può essere vero anche per i dottori come me.
Vogliamo essere certi che i trattamenti che prescriviamo abbiano le migliori possibilità di aiutare ogni singolo paziente. E questo è particolarmente vero quando consideriamo i trattamenti che possono avere effetti sull'intero corpo, come la chemioterapia, i farmaci mirati e la più recente immunoterapia.
È di vitale importanza che noi sappiamo quanto più possibile su come queste terapie anti-cancro hanno influenza sui differenti pazienti che arrivano nelle nostre cliniche con differenti bisogni.
Noi abbiamo anche bisogno di conoscere se i nostri pazienti stanno ricevendo le migliori cure possibili, in modo che possiamo migliorare.
Sappiamo che nel Regno Unito la sopravvivenza al cancro è raddoppiata negli ultimi 40 anni, ma, con frustrazione, non siamo stati capaci di misurare i dettagli di cui avremmo bisogno. 

Infatti siamo in possesso di dati molto limitati su cosa accade ai pazienti che ricevono questi trattamenti, nonostante molti di questi vengano prescritti per via telematica." 

Sì, l'argomento è molto incerto e dibattuto.
Se qualcuno si sbilanciasse in asserzioni perentorie e imperative del tipo "se quel paziente avesse fatto la chemio sarebbe guarito!", "se invece di fare di testa sua avesse seguito la scienza!"...ma anche il contrario "se NON avesse fatto la chemio non sarebbe morto!", questa persona è probabile che stia reagendo a paure personali e non abbia dati oggettivi su cui poggiare la propria sicumera.
A maggior ragione si può comprendere se a reagire in questo modo fosse un medico, schiacciato com'è tra responsabilità, medicina difensiva e disperati tentativi di sostenere la compliance dei propri pazienti (a tal proposito, ecco lo studio sull'efficacia della comunicazione dei "soli benefici").

Nell'intreccio tra queste forze, l'informazione ne esce inevitabilmente distorta.
Succede che la distorsione sia addirittura scientificamente ricercata: in questo studio eseguito su 203 studenti di medicina si è dimostrato che, affinchè le persone scelgano un trattamento, è necessario che vengano informate solo parzialmente.
Se invece sono informate completamente anche sui rischi che corrono, si verifica che restano confuse e non riescono a scegliere la cura.
Eppure per poter seguire il processo decisionale condiviso con il proprio medico, è necessario che si conoscano e discutano tutti i benefici e tutti i rischi di qualsiasi intervento.

Allora mettiamo insieme qualche dato oggettivo da discutere, diviso per i diversi tipi di interventi chemioterapici relativi ai diversi tipi di "cancro" (vedi nella tabella in fondo alla pagina, l'efficacia media relativa a ogni tumore varia tra lo 0,7% e il 42%).
Il famoso "rapporto Morgan" è tra le poche analisi disponibili ad ampio spettro sull'efficacia della chemioterapia, un'indagine che sfoglia i registri dei tumori australiano e americano.
Questo rapporto è famoso principalmente tra gli "agitatori di folle", perchè dallo stesso è stato estrapolato capziosamente un dato fallace: "La sopravvivenza a 5 anni con la chemioterapia è al 2%".
Ci si accorgerà che le cose sono molto diverse: la sopravvivenza ai tumori, in generale e a 5 anni, è nell'ordine del 60%:
il 2% è la porzione di questo 60% che è fornita, in media, dalla sola chemio. 
Il resto lo sappiamo bene: è un processo biologico in corso.

Più sotto le conclusioni del rapporto, che indicano una sostanziale sopravvalutazione della chemioterapia in termini di efficacia, ma purtroppo non misura i noti effetti collaterali sulla qualità della vita.


DALLA PROSPETTIVA 5LB

Se hai compreso le 5 Leggi Biologiche e come funziona il meccanismo della percezione, comprenderai che l'effetto chimico di un farmaco ha certamente una rilevanza, ma è molto marginale sulla vita della persona rispetto agli illimitati aspetti percettivi coinvolti.

All'atto pratico, è poco rilevante che il trattamento chemioterapico abbia una efficacia statistica pressochè nulla, se dall'altra parte la radicata percezione del singolo individuo le dà un valore assoluto del 100% !
Viceversa, anche se il contributo della chemio alla sopravvivenza fosse del 70%, è un fatto ben poco rilevante nel momento in cui la percezione dell'individuo la ritiene pericolosissima, terrificante, come se la sua efficacia fosse sotto zero!
Di fronte all'urgenza reale non c'è dato né obiettività: c'è invece una danza di smottamenti interiori, che va rispettata.
L'integrazione tra medicine non si compie solo nei fatti esteriori, ma è essenziale che avvenga soprattutto tra le proprie risorse interiori.
Se hai capito ciò, hai capito cosa significa applicare le 5 Leggi Biologiche nell'urgenza soggettiva della diagnosi.


IL CONTRIBUTO DELLA CHEMIOTERAPIA CITOTOSSICA ALLA SOPRAVVIVENZA A 5 ANNI PER I TUMORI MALIGNI

"Il tasso relativo di sopravvivenza a 5 anni per i pazienti oncologici diagnosticati in Australia tra il 1992 e il 1997 è stato 63,4% (95 % CI , 63.1e63.6) [30].
In questa analisi basata sull’evidenza, abbiamo stimato che il contributo alla sopravvivenza a 5 anni della chemioterapia citotossica curativa e coadiuvante negli adulti è del 2,3 % in Australia e del 2,1% negli Stati Uniti (Tabelle 1 , 2 ).

Queste stime di beneficio dovrebbero essere considerate come il limite massimo di efficacia, dato che alcuni pazienti eleggibili non subiscono la chemioterapia per motivi di età, precarie condizioni, o per propria scelta. Inoltre, come indicato nel testo, il beneficio della chemioterapia citotossica può essere stato sovrastimato per i tumori di esofago, stomaco, retto e del cervello.
Ci sono differenze nella distribuzione e nell'incidenza del cancro tra diversi paesi e all'interno degli stessi. Tuttavia, qualsiasi variazione dovrebbe essere estremamente grande per avere un maggior significato sulla percentuale stimata di possibile giovamento. Questo è dimostrato dal modesto discostamento nel beneficio di sopravvivenza, come si vede nel caso delle diverse proporzioni di cancro del colon C di Duke segnalati in Australia e negli Stati Uniti (35% e 21%, rispettivamente). La somiglianza dei risultati per l'Australia e gli Stati Uniti suggerisce fortemente che un beneficio di meno del 2,5% è probabile che sia applicabile anche per altri paesi sviluppati.

Per i dati, ci siamo basati su una revisione sistematica o una meta-analisi di studi randomizzati e controllati sui risultati del trattamento, piuttosto che singoli RCT. Questa metodologia è stata utilizzata per ridurre la distorsione (bias) insita nel presentare solo i risultati da un unico RCT positivo, ignorando i dati di un certo numero di RCT negativi sullo stesso argomento. 
Allo stesso modo non abbiamo accettato i punti di vista pubblicati da "gruppi di esperti". Come ad esempio la promozione dal NICE dei taxani per il cancro ovarico [86] non è stata suffragata da ICON3 [12] o sostenuta da un altro gruppo Health Technology Assessment [87], ed è stata poi ritrattata [88]. 

Nel complesso, solo 13 dei 22 tumori maligni valutati hanno mostrato un miglioramento nella sopravvivenza a 5 anni , e il miglioramento è stato superiore al 10 % in solo 3 dei 13 tumori maligni considerati.

I 5 tumori più “sensibili alla chemio", vale a dire testicolo, linfoma Hodgkin e non- Hodgkin , cervice e ovaie, hanno rappresentato l’ 8,4% dell’ incidenza totale in Australia nel 1998. 
In questo gruppo, il tasso di sopravvivenza a 5 anni dovuto unicamente alla chemioterapia citotossica è stato del 14 %.

I 5 tumori più comuni negli adulti (colon-retto, seno, prostata , melanoma e il cancro del polmone) hanno rappresentato il 56,6 % dell'incidenza totale in Australia nel 1998. 

In questo gruppo, il tasso di sopravvivenza a 5 anni dovuto esclusivamente alla chemioterapia è stato del 1,6%

Il basso impatto sulla sopravvivenza nei più comuni tumori contrasta con la percezione di molti pazienti che sentono di ricevere un trattamento che migliorerà significativamente le loro probabilità di guarigione. 
In parte, ciò riflette il fatto che si presentano i risultati in termini di 'riduzione del rischio' piuttosto che di beneficio assoluto di sopravvivenza [89,90] e riflette l’esagerazione del tasso di risposta poiché si includono 'condizioni tumorali stabili'.

Il miglior esempio di vendita forzata (overselling) della chemioterapia è il cancro al seno, in cui la chemioterapia è stata introdotta come l'esempio di nuova cura per tumori solidi. In Australia, nel 1998, solo 4638 delle 10661 donne con una nuova diagnosi di cancro al seno erano idonee per la chemioterapia coadiuvante (44% del totale). Dai nostri calcoli, solo 164 donne (3,5%) hanno in realtà avuto un beneficio nella sopravvivenza dalla chemioterapia coadiuvante.
In altre parole, in media, devono essere trattate 29 donne per dare a una sola donna la sopravvivenza oltre i 5 anni.
Nonostante ciò, diversi studi hanno giustificato la chemioterapia nel carcinoma mammario in fase iniziale, dimostrando che le donne sono disposte a intraprendere un trattamento chemioterapico anche solo per un beneficio molto piccolo [91].

Questo non si applica a tutti i tumori maligni.
Nel cancro del polmone, un'analisi di come i pazienti valutano il rapporto tra i benefici e la tossicità della chemioterapia, ha mostrato che la disponibilità ad accettare la chemioterapia come trattamento varia ampiamente [92]. 
Alcuni pazienti avrebbero scelto la chemioterapia per un probabile beneficio di sopravvivenza di 1 settimana in più, mentre altri non avrebbero scelto la chemioterapia per un beneficio di 24 mesi. Altri ancora non avrebbero scelto la chemioterapia in cambio di qualsiasi beneficio sulla sopravvivenza, ma sarebbero disposti a farla in cambio di un miglioramento della qualità della vita. 
Il documento ha anche riscontrato che alcuni pazienti non avrebbero scelto la chemioterapia se fossero stati più ampiamente informati. 

Nonostante i nuovi farmaci, le migliori combinazioni e nonostante gli additivi che consentono l’aumento delle dosi, la prevenzione del vomito e della sepsi farmaco-indotta, ci sono stati piccoli cambiamenti nei protocolli utilizzati per il trattamento dei tumori “sensibili alla chemio”. 
Esempi sono il linfoma non-Hodgkin [11] e il cancro ovarico [12], per i quali rispettivamente CHOP e platino, entrambi introdotti oltre 20 anni fa, sono ancora il 'gold standard'.
Altre innovazioni, come il trapianto di midollo osseo per il cancro al seno, non hanno mostrato alcun beneficio [93,94]. Analogamente, l'aggiunta di antracicline e taxani per coadiuvare il trattamento del cancro al seno è solo in grado di migliorare la sopravvivenza dei sottogruppi trattati di circa l'1%, ma con il rischio di tossicità cardiaca [95] e di neurotossicità [86]. 
Inoltre, recenti studi hanno documentato la compromissione della funzione cognitiva in donne sotto trattamento coadiuvante per il carcinoma mammario [96], e l’idea sollevata nel 1977 [97] che la chemioterapia coadiuvante fosse soltanto un mezzo tossico per provocare un’ovariectomia è ancora irrisolto [98].
La nostra analisi non affronta l'efficacia o il contributo alla sopravvivenza della chemioterapia citotossica nelle cure palliative o non-curative dei tumori maligni, ma il valore della chemioterapia palliativa è stato investigato [99.100].

Nel carcinoma mammario, i programmi ottimali per la chemioterapia citotossica in malattie recidivanti / metastatiche non sono ancora definiti, nonostante oltre 30 anni di ricerca e una pletora di studi (RCT), a partire da quello Cooper pubblicato nel 1969. [101].
Non vi è inoltre alcuna prova convincente che l'uso di protocolli con farmaci nuovi e più costosi dia un qualsiasi beneficio rispetto quelli utilizzati nel 1970 [102]. 
Inoltre, due revisioni sistematiche sulla chemioterapia per il carcinoma mammario recidivante o metastatico non sono stati in grado di mostrare alcun beneficio di sopravvivenza [103,104]. 
È stata anche notata l'assenza di dati sulla qualità della vita in molti studi (RCT) sulla chemioterapia [105]. 
Sebbene possano esistere linee guida per alcuni usi palliativi della chemioterapia citotossica, i medici non sono soggetti a restrizioni nel somministrare un secondo, terzo o quarto ciclo di chemioterapia palliativa di fronte ad una risposta minima e alla progressione della malattia. 
Anche se i tassi di risposta inferiori al 15% possono essere dovuti esclusivamente ad un effetto placebo [106.107], questo fatto non è stato affrontato apertamente. Infatti l'intera questione sulla validità dei tassi di risposta è molto aperta e dibattuta [108.109]. 

Questo, naturalmente, porta ad una discussione sulle implicazioni economiche di costo della chemioterapia citotossica. Anche se questa è una questione separata, notiamo che il costo dei farmaci citotossici forniti dal Pharmaceutical Benefits Scheme in Australia è aumentato da $67M per l'esercizio chiuso al 30 giugno 2000 a $101.3M per l'esercizio chiuso al 30 giugno 2001 [110]. L'aumento del 51% del costo totale del farmaco è stato a causa di un aumento del 17% del numero di prescrizioni e un aumento del 29% nel prezzo medio di prescrizione.

In considerazione del minimo impatto della chemioterapia citotossica sulla sopravvivenza a 5 anni, e della mancanza di un qualsiasi grande progresso negli ultimi 20 anni, ne consegue che il ruolo principale della chemioterapia citotossica è nelle cure palliative. [Uno studio molto recente svela un vuoto di evidenza nell'efficacia della chemio per le cure palliative e per il miglioramento della qualità di vita, NDR]
Anche se per molte neoplasie si può avere il controllo dei sintomi grazie alla chemioterapia citotossica, questo è raramente segnalato e, per la maggior parte dei pazienti, la sopravvivenza in coloro che ottengono una risposta è raramente oltre i 12 mesi. 

L'introduzione della chemioterapia citotossica per i tumori solidi e la creazione di sotto-specializzazioni di oncologia medica sono state accettate come un avanzamento nella gestione del cancro. Tuttavia, nonostante le prime rivendicazioni della chemioterapia intesa come panacea per curare tutti i tumori, l’impatto della stessa è limitato a piccoli sottogruppi di pazienti e avviene principalmente nelle neoplasie meno comuni.
Comunque, ogni nuovo farmaco chemioterapico è ancora promosso come un importante passo avanti nella lotta contro il cancro, anche quando successivamente viene respinto senza il clamore che ha accompagnato il suo arrivo.
In un contesto di risorse scarse e di contenimento di costi, vi è la necessità di una valutazione basata sulle evidenze prima che qualsiasi nuovo trattamento (o precedentemente accettato) sia accolto come pratica standard.
Per giustificare il continuo finanziamento e la disponibilità dei farmaci utilizzati nella chemioterapia citotossica, è urgente una rigorosa valutazione del rapporto costo-efficacia e l'impatto sulla qualità della vita."


Tabella - Impatto della chemioterapia sulla sopravvivenza a 5 anni
Attenzione: "Neoplasie con piccoli numeri, come vescica, pleura, occhi, ossa, pene e placenta sono stati esclusi.
La leucemia acuta e cronica (n ¼ 1647 o 2% del totale) non è stata inclusa per la difficoltà nel definire gli esiti in accordo con la classificazione FAB (Francia-America-Britannia) e per i differenti esiti per adulti e bambini.
Inoltre, questi pazienti sono tipicamente seguiti da ematologi piuttosto che oncologi.
Per l'Australia, le 22 neoplasie valutate erano il 90% del numero totale di nuove diagnosi per il 1998."

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI