Le sostanze cancerogene: cambiare la domanda per trovare la risposta

Mauro Sartorio
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Per la serie fanno bene, fanno male, parliamo dell'argomento "sostanze cancerogene".

Non entro nello specifico di qualche particolare sostanza, ma voglio affrontare un dilemma che attanaglia molti: se è vero che i tumori non sono altro che reazioni sensate dell'organismo a percezioni biologiche (e se non lo credi vero, per qualche minuto prendilo per assurdo), come è possibile che, al contrario, siamo così scientificamente sicuri che il cancro sia causato da sostanze con cui veniamo a contatto?
Prodotti chimici, additivi alimentari, campi elettromagnetici... è ovvio che queste cose generano il cancro: sono state create dall'uomo ed erano assenti nei millenni in cui la nostra civiltà si è sviluppata.
Inoltre, grazie al progresso tecnologico, oggi centinaia di studi riportano evidenze di queste correlazioni.

Un'evidenza non si mette in discussione.
Eppure anche l'evidenza poggia i piedi da qualche parte.
Prende una posizione per osservare un fenomeno.
E questa posizione può certamente essere messa in discussione. Senza tirare in causa il movente commerciale di cui parliamo spesso e volentieri, le sperimentazioni di laboratorio hanno sempre un obiettivo che dà il senso alla ricerca e orienta l'osservazione indicando qualcosa.
 
Oltre a certi inevitabili pregiudizi di fondo, le fragilità alla base della scienza medica (in particolare quella medica) si sommano. Prima di tutto, poiché è una scienza dominata dalla statistica, un fenomeno non è mai "sempre riproducibile" come vorrebbero le scienze dure, bensì è solo probabile. In secondo luogo oggi vi sono numerosi problemi sistemici che impediscono a più del 70% degli esperimenti clinici di essere riprodotti. Fonte: Nature
Questo non è l'argomento di cui trattiamo ora: però ammettiamo, per assurdo, che un esperimento su cavie animali sia sempre riproducibile nel 100% dei casi.

Esperimento Hamer topiPrendiamo ad esempio quella ricerca americana, citata dallo stesso Hamer, in cui si voleva verificare la cancerogenicità della formaldeide (un disinfettante): ne veniva spruzzata una soluzione concentrata sul naso dei ratti, il loro organo più sensibile.
Normalmente i ratti evitano accuratamente il contatto con la formaldeide, invece nell'esperimento gli veniva spruzzata sul naso più volte al giorno per un anno intero.
Risultato: tumore della mucosa nasale.
L'evidenza scientifica riporta che una prolungata esposizione alla formaldeide provoca il cancro.

UN'ALTRA VISIONE DEL MONDO

Questa conclusione è ovvia perché il paradigma di base presuppone una visione del mondo in cui certe sostanze possono provocare il cancro.
Uno scienziato alieno proveniente dal futuro, con una visione del mondo fondata sulle 5 Leggi Biologiche, direbbe invece: ho torturato questi poveri animali per un anno. 
Così il loro organismo ha reagito sensatamente alla percezione di "sono impedito nell'evitare questo odore disgustoso", ulcerando ripetutamente la mucosa nasale e sviluppando una neoplasia per proteggersi.
Lo stesso esperimento avrebbe significati profondamente diversi: interpretato nel nostro odierno paradigma la conclusione è che la sostanza è cancerogena;  invece nel paradigma dello scienziato del futuro la conclusione è che la modalità di esecuzione dell'esperimento e la specifica percezione della cavia a quella situazione sono cancerogene.

Il "cosa e come succede" è perfettamente osservabile e non opinabile, il "perché" è interpretabile in base all'osservatore.

INCONSISTENZA DELLA TEORIA DELLA CELLULA IMPAZZITA

La teoria della cancerogenicità di certe sostanze si fonda sul postulato che i geni vengano danneggiati e di conseguenza le cellule si deformino e moltiplichino in modo casuale e incontrollato.
Eppure questa casualità non si vede nella realtà.
Ogni tumore derivato da specifici tessuti si manifesta con morfologie istologiche peculiari: l'adenocarcinoma del polmone ha un modo di proliferare e un aspetto peculiari; il sarcoma ha un modo di proliferare e un aspetto istologico peculiari; le cellule del tumore nel naso dei topi del nostro esperimento hanno un aspetto peculiare.
Da dove viene una organizzazione cellulare tanto precisa e definita?
Se il presunto danneggiamento genetico fosse casuale, le cellule attuerebbero altrettante forme e processi infinitamente diversi e casuali.

Invece ogni tessuto sviluppa una specifica forma tissutale e uno specifico modo di proliferare, finalizzati ad una specifica funzione, un processo ben definito che noi chiamiamo "fisiologia speciale"
È questa regolarità che gli istologi osservano nel microscopio, e non informi ammassi casuali, tanto da poter riconoscere e classificare le diverse morfologie tumorali.

Consiglio al lettore di studiare questo argomento che abbiamo approfondito attraverso un ambito di ricerca d'avanguardia, la Teoria del Campo dell’Organizzazione Tissutale (TOFT), con la quale si comprende che:
1- lo stato normale di ogni cellula è la proliferazione
2- non servono mutazioni genetiche per fare un cancro
3- il cancro può prodursi senza alcun agente cancerogeno
4- l’instabilità genetica non è una causa ma un effetto del processo tumorale

IL PERCHÈ PROBABILISTICO

Rendiamoci conto di quanto poco sappiamo sull'essere umano: conosciamo un po', e neanche tanto bene, "come" funziona l'organismo, ma non conosciamo quasi nulla del "perché" delle più piccole cose!
Benché osserviamo al microscopio la struttura cellulare della pelle e conosciamo con precisione i processi di osmosi... non abbiamo un'idea chiara del perché la pelle delle dita, ma solo dei polpastrelli, immersa a lungo nell'acqua si raggrinzisce!
Sarà un agente esterno o sarà forse una fisiologia speciale perfettamente funzionale alla vita?Non conosciamo il perché delle più piccole cose.

Rimanendo nell'ambito delle "sostanze cancerogene", oggi non si discute di alcun dubbio interpretativo perché pochi cercano una spiegazione che sia più coerente rispetto a quella dominante. La quale è data per scontata.  
Infatti la maggioranza dei ricercatori si limitano a fare statistica in modo più o meno rigoroso, nello sforzo di corroborare postulati errati. Per questo la ricerca sembra vagare senza una bussola in un mare di dati probabilistici, spesso incoerenti e non riproducibili.  
Come stupirci, allora, se quotidianamente ci vengono presentati studi sulle "sostanze cancerogene" che si contraddicono uno con l'altro, e a una esibizione statistica pervasa da "effetti cicogna".

CAMBIARE LA DOMANDA

È vero, grazie ai "big data" oggi si possono fare meta-analisi (qui una recente sulla formaldeide) che certamente consentono di ridurre l'errore statistico. Tuttavia, poiché il paradigma da cui si vuole osservare i dati è ridotto all'indagine biochimica (esclusivamente biochimica) non sono possibili risultati e conclusioni diverse.
Non ci si accorge del vicolo cieco in cui ci si costringe, a causa dell'inflessibile domanda intorno a cui tutto ruota: "Una sostanza come causa il cancro nell'organismo?" e "in che modo l'organismo impazzisce a contatto con agenti cancerogeni?".
L'osservatore cercherà quella risposta, senza chiedersi se la domanda sia corretta.  E cercare una risposta ad una domanda sbagliata, è ovvio, diventa un circolo vizioso di vani tentativi.

Ma se anche la "visione aliena dal futuro", quella 5LB, non avesse alcun fondamento, il solo sospetto che una tale interpretazione sia possibile deve spronare il ricercatore rigorosamente scientifico a metterla alla prova sperimentalmente, per dare risposta alla nuova domanda.

[Ti semplifico la vita con un suggerimento su una nuova domanda: quale percezione interiore in quali condizioni ambientali richiede una reazione di fisiologia speciale detta "tumore"?]

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