Il significato della parola 'guarigione' - LA GUARIGIONE PARTE 2

Mauro Sartorio
7 minuti di lettura
Perchè la domanda "Conosci qualcuno che è guarito con le 5 Leggi Biologiche" o, peggio, "con il Metodo Hamer" non può avere risposta?
Il problema linguistico (1) emerge dagli attriti all'interno di un campo semantico in trasmutazione, i cui nuovi significati fanno apparire le domande sulla "guarigione" privi di senso e quindi privi di risposta.
A questa domanda relativa alla guarigione con le leggi biologiche risponderemo nelle PARTI successive di questo testo.

2) Ma prima, senza doverci proiettare nel futuro di un nuovo modello culturale, smontiamo pezzo per pezzo l'odierna struttura dei significati e rendiamoci conto che la domanda sulla guarigione, in generale, non può avere una risposta univoca.

Non è un argomento facile: nel limite delle possibilità farò del mio meglio per disassemblare, spolverare e ordinare gli aspetti di questa questione, o almeno quelli che mi sembrano più importanti. È certo che non saranno gli unici possibili, tutt'altro...ma spero che siano sufficienti per aprire a riflessioni.

Per farlo, la domanda iniziale va, appunto, disassemblata.



DIVERSI SIGNIFICATI DIETRO ALLA PAROLA "GUARIGIONE"


a) Guarire dall'ignoto
In effetti, concretamente e limitatamente alla cultura del nostro tempo, quando accade che qualcuno diventa "malato"?
Non è chiamato "malato" chi si è procurato una ferita, una frattura da incidente, un'ustione da incendio, condizioni insomma con una causa macroscopica, indiscutibile, ben definita della quale inoltre si conosce molto bene il decorso spontaneo di "guarigione".
Se la stessa ustione comparisse sulla pelle senza alcun contatto con un oggetto ustionante, come dal nulla, questa condizione sarebbe certamente diagnosticata come "malattia", soprattutto se permanesse a lungo, oltre quella che sarebbe una attesa e spontanea "guarigione".

Non è quindi il malessere in sè, contrapposto allo stato di benessere, che fa la persona "ammalata": la condizione necessaria affinché nello "stare male" sia coinvolto il "maligno" (che fa la persona mal-ata) è solo un elemento: l'ignoto, con le sue infinite facce dell'invisibile, dell'incontrollabile, dell'inafferrabile microscopico.
"Malato" è qualcosa di alterato che non sta dentro parametri standard, non per motivi macroscopici evidenti come un infortunio, ma perché delle cause invisibili, subdole, incontrollabili o del tutto ignote agiscono facendo "male" al corpo; in conseguenza di ciò sarà incerta l'aspettativa di guarigione, come incerto sarà il rimedio.


b) Sei ufficialmente guarito?
A dimostrazione della assoluta centralità dell'ignoto fuori controllo, per guadagnarsi lo stato di "malato" oggi non è nemmeno necessario stare male: anche in totale assenza di qualsivoglia disturbo, è sufficiente una diagnosi che definisca delle alterazioni con origini poco chiare, per esempio nei valori del sangue.
Nella maggioranza dei casi nella nostra cultura si inizia ad essere "malati" quando si identifica un'etichetta diagnostica che dà un nome ad una condizione, sia in presenza che in assenza di uno stato di malessere.

La "malattia" comincia con una diagnosi e di conseguenza termina con la certificazione nero su bianco che la diagnosi iniziale non è più in essere.
Al punto che, con una diagnosi di "malattia a vita", anche in assenza di sintomi una persona sarà "malata per la vita".
Si configurano così quelle condizioni che chiamerei di "malato eteronomico": sono i casi (in questa epoca probabilmente la maggioranza) in cui qualcuno è malato per nessun altra ragione se non perchè gli è stato detto di esserlo.
Abbiamo già osservato che il solo avanzamento tecnologico, o un cambio nelle convenzioni dei parametri sanitari, è in grado di trasformare da un giorno all'altro individui sani in malati.
In questo caso la "malattia" e la "guarigione" sono strettamente legate all'atto ufficiale della diagnosi e alla sua decadenza.

Aggiornamento 2021: quando ho scritto questo articolo già vivevamo le contraddizioni della medicina moderna, ma oggi assistiamo alle estreme conseguenze.
Nel 2020, l'apoteosi irrazionale di questa deriva che fa di ogni persona sana un malato, è stata Covid19, ovvero una pandemia costruita sull'abuso di un test clinico che ha prodotto il mitologico "malato asintomatico": ogni umano è malato fino a prova contraria.
Ora nel 2021, superando ogni immaginazione, siamo entrati in un regime totalitario in cui il malato è un pericoloso relitto sociale che, per negligenza, non si lascia sterilizzare dalla "scienza".
Ma questa è una parentesi degenerativa socio-politica, ora proseguiamo il discorso sulla guarigione.


Spesso questo fatto burocratico, che imprime etichette statiche, trascura i movimenti del processo fisiologico (sempre che ce ne sia uno), il quale non sarà mai immobile nel tempo ma per natura dinamico.
Non sono affatto rari i casi in cui una condizione considerata staticamente "inguaribile" viene smentita dalla realtà di una remissione spontanea incomprensibile, ai limiti del miracoloso.

In sintesi e per cominciare: quando qualcuno pone la fatidica domanda sulla guarigione "Sei guarito?", in genere sta chiedendo se un'etichetta diagnostica che c'era in principio adesso può essere tolta in base a degli esami clinici.
Cioè se, indipendentemente dalla presenza di malesseri, un'alterazione dei valori standard che c'era prima ora non c'è più.

Per potere ridurre la questione ai soli termini burocratici, è necessario chiudere la condizione di "guarito" tra i muri del guasto/aggiustato da una parte, e dall'altra nell'ambito dell'esorcismo da un "mostro" che va cavato fuori.
In definitiva nella nostra cultura solo ad un nemico da sconfiggere si contrappone una lotta per la "guarigione", la quale si traduce in un'affannosa rincorsa alla vittoria finale.
In questa ottica manicheistica abbiamo solo due valori: sconfitta-malato / vittoria-guarito.


c) Ti senti guarito?
L'aspetto burocratico della cartella clinica dipinge un quadro in bianco e nero che è surreale, perchè nella realtà la "guarigione" si esprime in un'infinità di grigi.
Anche quando si trattasse dei peggiori "mostri" (cancro), molte di queste neoplasie non danno problemi e spesso ci si convive. A volte la medicina non interviene nemmeno, perchè sa che queste "anomalie" poco chiare possono regredire, o che non si evolveranno, o che comunque non abbiamo mezzi efficaci per farne qualcosa.
Un esempio è l'approccio conservativo per il tumore della tiroide.

Allora in questi casi chi è definito "guarito"?
Qualcuno che, dopo una diagnosi preoccupante, ora convive con un nodulo alla tiroide? È malato o è guarito?
Qualcuno che ha visto regredire una massa è guarito?
Qualcuno che nonostante una diagnosi in essere vive bene e non ha disturbi, è guarito?
O se non ha avuto l' "assoluzione" dalla diagnosi deve essere considerato comunque "malato"?

In queste condizioni intermedie forse lo status di "malato" o "guarito" ha più a che fare con una percezione soggettiva, che è evidentemente connessa con la propria storia personale, le proprie credenze e quelle della propria epoca.
Qui abbiamo già ampiamente discusso il tema delle credenze.
Il fatto è che nella realtà non esiste il bianco e il nero, ma siamo sempre tutti immersi in uno degli infiniti grigi intermedi.

Allora, cosa sta chiedendo veramente chi chiede Conosci qualcuno che è guarito? o Sei guarito?
Se la domanda non riguarda la più superficiale questione burocratica (b), allora lo status di "guarito" o "malato" diventa un fatto strettamente soggettivo e personale.
Ti senti guarito?



d) Conosci qualcuno che è uscito dal tunnel della malattia?
Dietro al velo della domanda Sei guarito?Conosci qualcuno che è guarito? raramente può filtrare una richiesta più profonda, che chi ha sperimentato la complessità del fenomeno "malattia" riconosce, consapevole di non trovarsi di fronte ad un pulsante ON/OFF, malato/guarito.
In questo caso forse la domanda può essere così tradotta:
Conosci qualcuno che è uscito dal tunnel (del cancro o di un'altra malattia)? 

Quale tunnel?
Va portato all'attenzione un fatto, tanto palese quanto eluso: chi è improvvisamente "malato" ha ben altro da affrontare rispetto al solo processo organico.
La "malattia" è una condizione che abbatte ogni punto di riferimento, travolge il proprio essere, le relazioni, il ruolo sociale, e la vita intera viene risucchiata dentro ad un tunnel.
Quello che è generalmente considerato un contorno, delle conseguenze accessorie di una condizione fisica, spesso è invece il centro di gravità di ciò che chiamiamo "malattia".
Proprio come un buco nero, il quale non si vede, è invisibile, ma la sua massa infinita è tanto ingombrante da risucchiare ogni cosa.

Si apre così un universo sconfinato di sfaccettature che annichilisce qualsiasi domanda intorno alla "guarigione".

Allora, la risposta a Conosci qualcuno che è uscito dal tunnel? è: indubbiamente sì.
Conosco alcuni che, nonostante tutto e con i mezzi più disparati, sono riusciti ad accompagnare la propria vita fuori da questo tunnel.


[Nei prossimi giorni continueremo sul tema GUARIGIONE con la PARTE 3: Qualcuno è mai guarito con i metodi alternativi?]


Immagine grafica in licenza CC dell' European Southern Observatory