Terapia? Quelli che 'si deve risolvere il conflitto biologico'

Mauro Sartorio
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LA CACCIA AL CONFLITTO

Le risposte fisiologiche dell'organismo nascono da uno o più eventi drammatici del passato.
Allora, in una visione meccanicistica e lineare, potremmo pensare che, come si fa oggi con i virus, dobbiamo scovarli per rimuoverli: ma è davvero utile? E se sì, è possibile?
In primis, da un punto di vista tecnico, abbiamo già visto che spesso mettersi alla ricerca di una DHS non è utile e questo sarebbe già sufficiente ad evitare la caccia al tesoro.

Inoltre, se la coscienza ha fatto ogni sforzo per nascondere quel mostro, è sensato ribaltare tutto l' "arredamento" per farglielo vedere?
La risposta è: a volte sì, a volte no. 
A volte sì è necessario, perchè accade che la persona si renda conto che quando era bambina quello era un mostro pauroso ma, oggi che è adulta, il mostro appare minuscolo e inoffensivo.
A volte invece quel nascondiglio non è proprio accessibile e andrebbe mantenuto per quello che è: uno spazio sacro. Violarlo rompendo la resistenza della coscienza può fare più danni che non fare niente. Può non essere il momento, potrebbe volere il suo tempo, ma potrebbe anche non essere accessibile mai.
Stiamo parlando di movimenti delicati e spazi in cui chi si occupa di terapia, è evidente, non può che entrare in punta di piedi e profonda connessione.
Così il rimedio a senso unico "trova il conflitto e risolvilo", che spesso viene proposto ingenuamente da chi approccia le leggi biologiche in una prima fase, può essere, se non pericoloso, inefficace.

DHS conflitto biologico da risolvere
Non il conflitto, ma la posizione della persona
rispetto al suo ambiente in questo istante
È importante comprendere che, di fronte ad un processo biologico in atto (detto malattia), non c'è una regola sul da farsi, se non quella della disposizione ad accogliere l'individuo nella sua unicità, con la sua unica storia, la sua percezione speciale della realtà, che non può essere omologabile ad un'altra.
E anche quando un caso può ricordare qualcosa di già visto, non è detto che quello che ha funzionato con qualcun altro funzioni anche qui.
L'unica cosa a cui si ha accesso è la percezione, di sè e della realtà, nell'istante qui e ora: la percezione può quindi essere aiutata a spostarsi di quel mezzo grado, sufficiente ad osservare il mondo in modo diverso.
Da quella posizione la persona può trovare da sè (non può essere spinta né persuasa) una modalità di reazione diversa dagli schemi abituali, che sono quelli che la tengono intrappolata nel proprio passato.
Per questi motivi con la conoscenza delle leggi biologiche ci si trova nell'impossibilità di generare protocolli, ricette e tutte le soluzioni pronte a cui siamo tanto abituati.


LA CONSAPEVOLEZZA

"Io ho capito il mio conflitto ma non succede niente" è la normale reazione di chi scopre improvvisamente le leggi biologiche e cerca di farci qualcosa verificandole come può.
Un'idea che è alimentata da una proposizione di freudiana memoria, radicata spesso anche negli operatori del settore: "portare a coscienza il conflitto lo risolve".
Purtroppo, invece, anche questa non può essere una regola e, anzi, è anche un fatto raro.

Lo psicanalista, il cui lavoro consiste nel trasformare i messaggi mandati dall’inconscio in un discorso razionale, è convinto che, una volta che il paziente abbia scoperto la causa dei propri sintomi, questi svaniscano... Ma non è così! Quando un impulso riemerge dall’inconscio, possiamo liberarcene soltanto realizzandolo [agendo concretamente NDR].
Alejandro Jodorosky 


MA LE LEGGI BIOLOGICHE NON SONO UNA TERAPIA

Ho parlato fino a qui di interventi.
Non hai notato qualcosa di strano? Eccome se è strano!
Facciamo un passo indietro e scriviamo sulla pietra questa frase: le leggi biologiche non sono un metodo terapeutico.
Chi parla di leggi biologiche non fa terapia!
Il medico, lo psicologo, l'operatore olistico, sono loro che fanno terapia, "maestri d'arte", ognuno con i suoi particolari e diversi strumenti (anche Hamer aveva i suoi).

Infatti, quando si obietta "ho visto con i miei occhi che la Nuova Medicina del dott. Hamer non guarisce e non funziona", lo si fa senza conoscere le basi fondamentali:

- le leggi biologiche ci spiegano i meccanismi della natura e non un modo terapeutico
- conoscere le leggi biologiche non fa guarire, come conoscere la legge di gravità non insegna a volare
- "capire" il conflitto non produce nulla di nuovo se la persona non si pone nella posizione di fare qualcosa di diverso nella sua vita

Allora nell'opera di divulgazione può essere certamente utile trattare di DHS o studiare gli "elenchi telefonici dei conflitti" ai fini dell'apprendimento o del nozionismo; tuttavia ciò non ha niente a che fare con un qualsiasi intervento terapeutico, e il solo pensarlo è deleterio.
L'attitudine "trova il conflitto e risolvilo" è una deduzione che nasce (e muore) nell'ambito della pura teoria.
Ciò che si fa nello studio delle leggi biologiche è molto diverso da quello che viene fatto sul campo dell'intervento, ed è bene essere molto prudenti a non mischiare le cose.

La ricerca delle spiegazioni causali poco ha a che vedere con la messa a punto delle soluzioni.
Giorgio Nardone

In base a queste criticità, chi si avvicina alle leggi biologiche sa che lo sta facendo per imparare qualcosa di nuovo e lasciare cadere molte paure, e deve sapere che non lo sta facendo per guarire sic et simpliciter una malattia.
E se qualcuno cercherà di "guarirgli il conflitto", avrà di che difendersi.
Tutto sommato è sufficiente un poco di attenzione e rispetto per se stessi, perchè un profondo e intimo contatto è condizione necessaria per maneggiare con guanti di velluto ciò che abbiamo di più sacro.

Esempio semplificato ma concreto di approccio da studente o ricercatore, inappropriato nel gestire casi reali:
donna single da anni, con un processo attivo all'utero: senso biologico dell'organismo "cercare di annidare l'ovulo per avere un figlio". Non si conosce nulla di questa persona.
L'approccio selvaggio sarebbe: "La DHS del tuo utero nasce da un sentito viscerale di non riuscire ad avere un figlio". 
Il messaggio più o meno implicito è "se vuoi guarire devi risolvere il conflitto".
Didatticamente non fa una piega: ma come può sentirsi questa donna con una sentenza del genere? Cosa deve fare?
È chiaro che anche riconoscendo il suo conflitto potrà rimanere ferma nella situazione in cui si trova (e il sintomo resterà invariato), o potrà fare qualche pazzia che potrebbe risolvere il sintomo ma metterla in problemi molto più grossi. 

Della serie "mi ha detto il dottore che devo fare un figlio".



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