Chemio e accanimento terapeutico: quando è il momento di dire ORA BASTA?

Mauro Sartorio
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Azra Raza è una neurochirurga e oncologa della Columbia University: qualche giorno fa ha pubblicato il suo libro The First Cell and the human costs of pursuing cancer to the last,una sorta di riflessione personale nel ricordare i pazienti che ha incontrato durante la sua lunga carriera.
La recensione del libro sul New York Times.

La dottoressa in sintesi si domanda:
Ha senso perseguire la lotta al cancro fino all'ultimo respiro?
Quali sono i costi umani di questo diffusissimo approccio?

L'ESPERIENZA DI UN CHIRURGO DI TUMORI AL CERVELLO

Azra Raza oncologa"Durante la mia carriera di neurochirurgo ho lavorato a stretto contatto con gli oncologi. 
Molti dei miei pazienti hanno il cancro al cervello, uno dei più mortali tra l'illimitato numero di tumori esistenti.
Ho sempre visto i miei colleghi oncologi presi da sentimenti contraddittori: da un lato ammiro il loro lavoro, che può essere così impegnativo emotivamente; dall'altro sospetto che non sempre sappiano quando è il momento di fermarsi.
C'è una vecchia battuta nei circoli medici: "Perché non dovresti mai dare a un oncologo un cacciavite?" La risposta: "Perché ci aprirebbe la bara per continuare a curare il paziente".

Un libro frutto di una intima e sincera riflessione professionale, e probabilmente in parte un grido di protesta contro qualcosa che ha ucciso suo marito (anche lui oncologo) e, nel tempo, la maggior parte dei suoi pazienti. 

IL PATERNALISMO MEDICO OSTACOLA NUOVI PARADIGMI 

La dott.ssa Raza si pone domande difficili: “Perché abbiamo così paura di raccontare le storie della maggioranza dei pazienti che muore? 
Perché continuare a promuovere solo l'aneddoto positivo? 
Perché tutto questo paternalismo protettivo?
Pensa che sia giunto il momento di pensare alle “spaventose tossicità delle terapie” che d'altra parte ottengono invece così poco. 
Irrompe così in una discussione appassionata sull'inefficacia dell'attuale medicina antitumorale, principalmente per i pazienti "metastatici", descrivendo nel dettaglio la sofferenza del marito e di alcuni dei suoi pazienti.
Scrive: "usare la chemioterapia, l'immunoterapia e i trapianti di cellule staminali per curare il cancro... è come dare le botte al cane con la mazza da baseball per liberarlo dalle pulci".
Raza spera che, descrivendo questa sofferenza, le persone si scuotano alla ricerca di un nuovo paradigma nella cosiddetta "guerra al cancro".

FALLIMENTO E ARROGANZA DELLA CHEMIO E DEL MOLECOLARISMO

Molecolarismo medico biologia
Nel suo libro documenta il fallimento della chemioterapia nella cura del cancro "metastatico" e gli immensi costi e sofferenze che ne conseguono. 
Accusa le aziende farmaceutiche di concentrarsi su farmaci che spesso falliscono e, nella migliore delle ipotesi, danno in media qualche mese di vita in più.
Cita anche una ricerca che avanza problemi di ordine economico: negli ultimi 14 anni negli Stati Uniti "il 42,4% dei 9,5 milioni di casi di cancro aveva perso tutti i risparmi di una vita nel giro di due o più anni".
In un nostro articolo in 5LB Magazine abbiamo documentato dettagliatamente le molte buone ragioni per rifiutare oggi la chemioterapia, ragioni sperimentali che vanno conosciute per evitare di fare intorno alla chemio una rovinosa guerra ideologica.

Quello di Azra Raza appare come lo sfogo di una vita di frustrazione professionale: infatti l'atto di accusa si rivolge anche ai ricercatori e ai suoi colleghi oncologi, colpevoli di "arroganza irremovibile, convinti che siamo in possesso del potere di districare le complessità di una malattia complessa come il cancro". "É pura arroganza pensare che il problema possa essere risolto da alcuni biologi molecolari" (ricordiamo le frecciate di Fabrizio Benedetti ai "molecolaristi").

La ricerca - continua - dovrebbe basarsi sullo studio degli umani, non sulle molecole e sui topi

Per la risposta a queste domande Raza indica la direzione di una ricerca su quella prima cellula che muta, su quei primi cambiamenti che ci aiutino a comprendere come e perchè si sviluppa un tumore. 
Raza insomma porta l'attenzione sulla ricerca di base, e sul fatto che il suo finanziamento è insufficiente rispetto alle risorse che vengono prosciugate dallo sviluppo di nuovi farmaci.
Un simile ramo di ricerca sotto-finanziato (ne abbiamo parlato qui in 5LB Magazine) è quello sulla TOFT, una nuova visione della genesi dei tumori.

È richiesto un salto quantico che vada oltre la sola genomica, la trascrittomica...insomma la sola panomica, in un salto di integrazione del tutto.

L'ACCANIMENTO TECNO-TERAPEUTICO

Accanimento terapeutico cancro
Ma il tema centrale di "The First Cell" è: quando interrompere il trattamento di pazienti definiti "incurabili"? 
Raza racconta il caso di una sua paziente, "Lady N.", il cui tumore viene considerato non curabile dopo anni di chemioterapia: il trattamento è proseguito fino a dover tenere la paziente sotto ossigeno, quando ad un certo punto la madre di 101 anni ha chiesto che venisse interrotto. 
Raza scrive: "Quello che so oltre ogni ragionevole dubbio è che intubarla... è stata la cosa peggiore che si potesse farle."  La scelta di intubarla è stata fatta "per legge, ovviamente".

Henry Marsh, autore della recensione del libro sul New York Times, è anch'esso neurochirurgo.
Marsh è vagamente critico con Raza per la sua difficoltà a proporre soluzioni, ma commenta: "Sono d'accordo con Raza.[...] In diverse occasioni ho operato quando non avrei dovuto farlo. 
Ciò non è dovuto al fatto che la legge mi imponeva di dare una scelta ai miei pazienti, ma perché era così insopportabilmente doloroso dire loro la verità [che non avessi strumenti per aiutarli, NDT]
Spesso c'è un piccolo frammento di speranza, anche se solo per qualche settimana in più di vita, poiché la medicina riguarda quasi sempre le probabilità piuttosto che le certezze." 

Con questo articolo i due medici, il recensore e il recensito, hanno voluto alzare il velo su un aspetto della medicina oncologica che è un vero e proprio indicibile tabù, che riassumerei con questa frase: non sappiamo cosa sia il cancro, abbiamo pochi strumenti efficaci per contrastarlo e, colpevolmente, fingiamo il contrario con un atteggiamento paternalistico e arrogante.

MALATO TERMINALE O MEDICINA TERMINALE?

Il paziente allora deve sapere quale epoca sta vivendo, cosa va affrontando, in attesa di quell'agognato salto di paradigma di cui 5LB Magazine insiste a voler gettare i semi. 

Ed è anche il momento in cui il paziente dovrebbe accorgersi che la più potente formula nocebo mai coniata, "malato terminale", non ha affatto il significato di "sei al termine della vita", bensì: "non sei più curabile con le nostre conoscenze"; la medicina ha terminato i mezzi a sua disposizione. 
Significa cioè che è la medicina ad essere terminale a quelle condizioni, non il paziente.

Forse sarebbe questa la risposta alla domanda della Raza: "quando è il momento di dire basta"?
"Ora basta" dovrebbe essere l'ordine di una medicina che riconosce i propri limiti, li comunica alla comunità senza arroganti scientismi e li impone a se stessa per non finire ad "accanirsi con i cacciaviti" nel delirio di chi, rinunciando a curare la persona in una crociata contro qualcosa, nasconde il pudore dell'ignoranza umana di fronte alla malattia.

Ora basta, alziamo le mani.
Al contrario continueremmo ad avere la cieca illusione che la "Scienza" sia fatta e compiuta, ad essere soldati del "lo dice la scienza", arruolati da inviolabili atti di fede
In questa superstizione allucinatoria, perchè mai qualcuno dovrebbe credere che qualcosa di nuovo sia necessario?


Qualche riflessione sulla guarigione nel modello diagnostico delle 5 Leggi Biologiche.