(In)efficacia dei farmaci anti-colesterolo

Mauro Sartorio
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Usa: approvato nuovo tipo di farmaco anti-colesterolo
Le iniezioni riducono del 40-50% la malattia. Destinato alla cura dei casi resistenti. Va usato con le statine.

"Un super farmaco contro il colesterolo è stato appena approvato negli Stati Uniti dalla Food and drug administration (Fda). E' l'ultimo di una serie di medicinali di nuova generazione, capaci di ridurre  il colesterolo cattivo che predispone a infarto e a ictus."
Fonte: Repubblica

Tre grosse case farmaceutiche (Sanofi, Amgen, Pfizer) stanno per mettere in commercio dei farmaci capaci di ridurre il cosiddetto "colesterolo cattivo" o, come dicono i giornali, "capaci di ridurre del 50% la malattia".
È un prodotto biotecnologico molto efficace, purtroppo piuttosto costoso, che viene iniettato una volta ogni due settimane per ridurre il colesterolo LDL fino al 65%, senza i noti effetti collaterali delle terapie basate su statine (è comunque stato studiato per agire in combinazione con queste ultime).
Il nuovo superfarmaco è stato approvato in questi giorni dall'americana FDA e dall'europea EMA per venire usato soprattutto nei casi ad alto rischio cardiovascolare, "predisposti" a infarto e ictus.
Se i test clinici, eseguiti dalle stesse aziende, non sono stati sovrastimati per motivi commerciali, possiamo dire che i recenti prodotti biotecnologici sono davvero straordinari: la loro efficacia nell'abbattere l'LDL è molto superiore alle soluzioni precedenti. 
Avremmo dunque a disposizione uno strumento sintomatico molto potente.

UN'IPOTESI DI BASE NON VERIFICATA

Potente per fare cosa?
Perchè, nonostante questi risultati eclatanti, la ben nota ipotesi di fondo che sostiene che "abbassare il colesterolo apporta benefici" ha un'evidenza scientifica molto debole.

Infatti fino ad oggi la ricerca ha sì mostrato che i medicinali sono in grado di abbassare la colesterolemia, ma non ha saputo mostrare con la stessa sicurezza che questa riduzione sia benefica per il sistema cardiovascolare. 
Ad esempio, una meta-analisi molto recente riportata dal gruppo NNT ed eseguita da Cochrane sui numerosi studi disponibili sulle statine che hanno coinvolto pazienti NON cardiopatici, conferma che questi medicinali sono efficaci nella riduzione del colesterolo nel sangue.
Tuttavia, che questa riduzione produca un minore rischio di infarto o di ictus non è affatto evidente: si tratta di una correlazione che, in un certo senso, viene spesso non indagata e data per scontata. 
Dai pochi studi che analizzano tale correlazione, risulta che, con una terapia basata su statine della durata di 5 anni, si riduce dell'1,6% il rischio di infarto e dello 0,37% il rischio di ictus. Non si riduce invece il rischio di morte.
Dall'altro lato, ci sono probabilità intorno all'1% di sviluppare diabete, e probabilità del 10% di sviluppare sintomi muscolari debilitanti.
Questo per le terapie preventive su pazienti sani, che certa cardiologia insiste a prescrivere.

Nel caso invece di pazienti cardiopatici considerati ad alto rischio, un'altra meta-analisi rileva che il controllo farmacologico del colesterolo comporta una riduzione dei rischi di decesso dell'1,2%, dei rischi per l'infarto del 2,6%, e dello 0,8% per l'ictus. 
In termini individuali i benefici sono bassi (19 persone su 20 non godono di alcun effetto), ma in termini sociali possono avere un peso sulla bilancia, poiché ogni milione di persone 45000 hanno un beneficio, mentre 6000 ricevono un danno.
E qui una recente revisione del 2016 del BMJ, in cui l'ipotesi che il colesterolo sia la causa di problemi cardiovascolari è confutata con prove significative, che addirittura mostrerebbero un vantaggio in alti valori di colesterolo "cattivo" LDL per persone oltre i 60 anni: l'ipotesi sul colesterolo sostiene che i livelli di LDL sarebbero associati con l'aumento di mortalità per cause cardiovascolari o di altro tipo. La nostra revisione ha mostrato una mancanza di associazione, se non un'associazione inversa, tra il colesterolo e la mortalità. L'ipotesi [consolidata] sul colesterolo sembra essere in conflitto con molti dei criteri di causazione di Bradford Hill, a causa dell'assenza di congruenza e coerenza. La nostra revisione fornisce le basi per ulteriori ricerche sulle cause dell'aterosclerosi e delle malattie cardiovascolari, e anche per una rivalutazione delle linee-guida per la prevenzione cardiovascolare, in particolare perché i benefici dai trattamenti con statine sono stati esagerati
Fonte: BMJ

Aggiornamento marzo 2022: aggiungo una ulteriore meta-analisi (casomai ce ne fosse bisogno) che accusa il comportamento anti-etico con cui l'industria e i media fanno marketing dei benefici delle statine con numeri relativi, apparentemente molto rilevanti, mentre invece in termini clinici sono minimi o insignificanti, occultando i rischi.
Lo studio infatti rileva da tutta la letteratura tra il 1987 e il 2021, che il beneficio relativo comunicato sarebbe una riduzione del 29% di incidenza di infarti, del 14% di ictus e del 9% di morte, ma in termini assoluti rispettivamente l'1,3%, lo 0,4% e lo 0,8%, confermando che di fatto le terapie con statine non migliorano l'incidenza di eventi cardiovascolari né di morte, ma piuttosto accumulano nel tempo danni come declino cognitivo e diabete.
Fonte: JAMA e il commento di un'autrice alle controversie più comuni.

Ti invito a visionare la nostra guida in 10 punti per non farsi manipolare dalle notizie sulla salute, il cui punto primo tratta proprio l'artificio comunicativo che abusa dei numeri intorno a rischio relativo e rischio assoluto.

Aggiornamento giugno 2023:
"Molti milioni di persone hanno preso statine per più di 40 anni e sono costate trilioni di dollari. Ancora oggi non c'è alcun RCT che mostri che persone in salute vivano più a lungo e meglio con le statine, mentre molti soffrono assumendole.
È tempo per uno studio RCT, non possiamo permetterci di NON avere evidence di alta qualità".
Rita Redberg, cardiologa editorialista a JAMA


In parole povere, secondo le revisioni di tutti questi studi, ridurre il colesterolo con il fine della prevenzione non ha alcuna utilità e, anzi, gli effetti collaterali sono decisamente superiori ai benefici.
Invece, ridurlo quando si fanno molte recidive, per quanto in modo marginale, potrebbe forse aiutare. 

RIMEDI SINTOMATICI, FORSE NEMMENO EFFICACI

Il principio che può spiegare questa differenza di efficacia è quello che conosciamo: i farmaci sono strumenti di intervento sintomatico e, quando un organismo recidiva un processo biologico a lungo, gli eccessi debilitanti possono essere contenuti da interventi farmacologici.

Per fare un esempio più chiaro: tutti abbiamo la candida nell'intestino, perchè è un fungo simbionte dell'organismo umano, arruolato con la sua utilità ben definita nell'esercito della flora mico-batterica.
Nessuno si preoccupa e nemmeno si accorge di averla, e non ha infatti senso farne "prevenzione".
Quando la fisiologia speciale entra in Fase Attiva, la candida prolifera pronta ad entrare in azione in fase PCL-A: se la curva è monociclica, il processo può iniziare e terminare in modo del tutto asintomatico.
Se invece la curva si trascina in continue ricadute, la candida può proliferare in modo notevole, diventare "troppa" e dare disturbi fastidiosi. A quel punto un farmaco può aiutare a contenerne l'esuberanza.

Lo stesso discorso vale per il colesterolo: abbiamo già visto che il suo senso biologico è in relazione alla cicatrizzazione dell' intima delle arterie, specie quelle coronariche.
Tutti abbiamo il colesterolo nel sangue, e non ha senso prevenirlo perchè è utile e necessario.
Se un processo sulle coronarie si trascina in perduranti recidive, la produzione di colesterolo può crescere progressivamente fino a livelli molto alti, per la necessità di cicatrizzare i tessuti ulcerati. 
È plausibile quindi che diventi "troppo", e un farmaco potrebbe contenere l'esuberanza. 
Se fosse un "super-farmaco super-efficace", ancora meglio.

È evidente che si tratta di interventi limitati al sintomo - terapie sintomatiche - che possono migliorare la qualità della vita (ammesso che dimostrino un tale traguardo), possono permettere di guadagnare tempo, ma non possono di per sè invertire il processo biologico ("guarire") poichè non intervengono sulla causa. 
Nei fatti la loro efficacia sul lungo periodo è spesso molto bassa.
Il processo fisiologico recidivato si interrompe solo quando l'organismo percepisce che ci sono le condizioni per interromperlo (leggi sulla differenza tra terapie sintomatiche e terapie causali).

Se ora ti sorgono domande sulla prevenzione della ipercolesterolemia con l'approccio nutrizionale, leggi questo articolo, ma ancora prima leggi la recente notizia che certifica ufficialmente la non-correlazione tra colesterolo alimentare e colesterolo nel sangue.

IL PIANO INDUSTRIALE PER RIMPIAZZARE LE STATINE

Aggiornamento settembre 2019: nelle ultime settimane in Inghilterra è montata una forte polemica sulle statine, da decenni il farmaco più prescritto al mondo ma intorno al quale c'è sempre stata poca trasparenza e grande contraddizione negli studi.
Il detonatore è stata la rilevazione che negli ultimi anni il numero di morti per eventi cardiovascolari è aumentato significativamente, per la prima volta dopo 50 anni.
Si noti che i premi Nobel che convinsero la comunità scientifica dell'ipotesi lipidica dichiaravano negli anni 80 che, grazie alla loro scoperta, nei primi anni 2000 le malattie cardiovascolari sarebbero state del tutto debellate.
Siamo ormai ai ferri corti sulle statine, per questo l'industria sta cercando disperatamente nuovi prodotti per rimpiazzarle

Non a caso, nel 2018 vi avevamo parlato di un cosiddetto vaccino che avrebbe eliminato del tutto il colesterolo dal sangue attraverso una terapia genica...

Aggiornamento gennaio 2023: E noi che siamo sopravvissuti alla catastrofe del 2020, sappiamo che questa è la strada intrapresa dall'industria farmaceutica, nostro malgrado, e che tutte le risorse sono oggi investite in quel che a noi appare una allucinazione scientifica.

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