Sono molti gli articoli di 5LB Magazine che trattano l'argomento screening al seno, perché il Nastro Rosa è tra le campagne di prevenzione più persuasive e capillari, ma anche tra le più discusse e discutibili al mondo.
Nella trattazione della questione facciamo sempre riferimento alle Linee Guida internazionali, che siano europee o statunitensi. Un importante aggiornamento di quelle europee è stato fatto nel 2022 sulla scorta dei grade A-B-C della USPSTF americana, tradotti dalle nostre parti nell'omologo concetto di raccomandazione forte e condizionata.
Vediamo cosa significa.
RACCOMANDAZIONI CONDIZIONATE
Nelle nuove linee guida europee lo screening mammografico resta:
- raccomandato tra i 50 e i 69 anni con frequenza biennale;
- NON raccomandata la frequenza annuale per nessuna età;
a cui si aggiunge:
- fasce 45-49 e 70-74 raccomandate con condizione con frequenza triennale;
- la fascia 40-45 resta contraria, cioè NON raccomandata.
Come spieghiamo sempre, queste decisioni sono parametrate sui migliori dati di evidenza scientifica: non per un calcolo economico, ma perché il migliore intervallo fra un test e l’altro è scelto soppesando gli effetti indesiderati e gli effetti desiderati che discendono dall’esame stesso, che si riassumono nel bilanciamento tra i benefici del test e i rischi di eccesso di diagnosi e trattamento, cioè quando si subiscono shock e interventi per tumori che non avrebbero mai dato problemi se non ci si fosse sottoposte alla mammografia.
Siccome nelle fasce più giovani e più anziane (45-49 e 70-74) tale bilanciamento è risultato incerto (l’aumento dei falsi positivi all’aumentare della frequenza di screening è l’unico dato su cui non abbiamo grandi incertezze. Fonte: ONS) allora si è posta la condizione.
Cosa significa la dicitura raccomandazione condizionata, nei fatti?
- Sul piano collettivo che le risorse siano investite prima per coprire la fascia raccomandata (50-69) e solo in seguito e se disponibili siano estese alle fasce condizionate;
- sul piano individuale significa che la donna deve essere informata dei rischi e dei benefici della sua scelta di sottoporsi alla mammografia, cioè la condizione chiede al sistema sanitario di rimettersi esplicitamente alle preferenze soggettive e al valore che la persona attribuisce ai possibili effetti desiderati e indesiderati.
E se gli effetti desiderati sono ampiamente comunicati, quelli indesiderati lo sono quasi per nulla.
I RISCHI DELLA MAMMOGRAFIA
Ripeto qui i termini della questione, che ho appena citato tra le righe ma ampiamente argomentato in numerosi articoli di 5LB Magazine.
Li ripeto perché non è mai sufficiente per scalfire l'ipnosi del granitico luogo comune "meglio un controllo in più che uno in meno". No, non è vero che è meglio un controllo in più.
Quando si pensa ai danni da screening popolarmente si immagina che riguardino le radiazioni dei macchinari o lo schiacciamento doloroso del seno.
No, non è questo che le linee guida considerano nella valutazione dei rischi e benefici.
Si tratta invece di valutare gli eccessi di diagnosi e di trattamenti, che ci sono quando si subiscono:
- indagini invasive per "lesioni" che in realtà non ci sono (falsi positivi) o che non sarebbero mai progredite comportando alcun problema: già perché - sarà controintuitivo in questa epoca di guerre ai mostri maligni - ma sono numerose le formazioni cellulari (dette lesioni indolenti) con cui è più salutare convivere piuttosto che dargli la caccia;
- conseguenti trattamenti e mutilazioni di organi;
- danni psicologici inevitabili, che sono il problema per noi più rilevante.
E siccome le cure a sintomo conclamato migliorano nel tempo e sono sempre più efficaci, tutti questi rischi diventano un prezzo non sostenibile per chi sta bene e ha una vita serena.
Infatti pensaci, citando il NEJM: dal momento che la polmonite può essere trattata con successo, nessuno suggerisce che si facciano screening per la polmonite.
Questi rischi sono un prezzo insostenibile soprattutto per le donne più giovani in età di maternità e per le più anziane la cui prospettiva di vita sarebbe trasformata in un inutile calvario.
Ecco perché, dunque, le linee guida limitano lo screening tra i 50 e i 69 anni con frequenza biennale, mai annuale. E non per una negligenza del politico di turno o perché non ci sono i soldi pubblici (e allora uno dice vado dal privato), attenzione!
LE LINEE GUIDA ITALIANE
Allora perché in Italia capita di imbattersi in raccomandazioni diverse da quelle internazionali, generalmente più estese ed intense?
Quando sono uscite le prime linee guida europee, in Italia il ministero adottava una raccomandazione estesa dai 45 anni con frequenza annuale, anche se non tutte le regioni la applicano.
La dissonanza con le linee europee, che sconsigliano una frequenza inferiore ai 2 anni, metteva in difficoltà prassi, procedure e consuetudini di numerosi interlocutori sul territorio, per cui una commissione di esperti (tra cui anche alcuni rappresentanti delle associazioni di cittadini e pazienti) si è occupata di adattare le linee guida italiane alla luce di quelle europee.
Nella necessità di gestire lo status-quo italiano dei controlli annuali dai 45 anni, la decisione è giustificata così:
Nel formulare la raccomandazione abbiamo considerato una maggiore accettabilità dell’intervallo più frequente nella popolazione italiana e attribuito un peso minore al principale effetto indesiderato, cioè il rischio di sovradiagnosi. Un recente studio italiano, condotto nella città di Milano, ha analizzato i possibili effetti negativi di intervalli di screening ravvicinati in donne di età 45-49 anni: ne è emersa una maggiore apprensione per i falsi negativi rispetto alla sovradiagnosi e un atteggiamento fortemente favorevole a richiami più ravvicinati. Quindi nella formulazione della raccomandazione abbiamo considerato anche il giudizio delle donne.
In sostanza, dopo 30 anni di campagne di pink-washing (cioè di velato terrorismo da nastro rosa) oggi tante donne come te sono legittimamente spaventate e quindi vorrebbero sottoporsi a test molto più ravvicinati. Ecco perché: a causa di questa pressione popolare, anche tu sarai chiamata alla mammografia a 45 anni, ogni anno.
Non so come la vedi, ma a noi sembra un bel cortocircuito sostenuto da un clamoroso bias cognitivo della disponibilità: voglio dire, è ovvio che se dovessimo fondare le linee guida sul sentimento della donna media spaventata dal cancro, dovremmo assecondarla nella richiesta di screening gratuiti annuali a partire fin dall'adolescenza.
Ma le ragioni scientifiche sono spesso controintuitive, e non è proprio un caso né una ingiustizia della politica che le raccomandazioni siano limitate alla fascia 50-69.
Per prendere la tua decisione informata e condivisa con il tuo medico, devi sapere comunque che anche in Italia le raccomandazioni sotto i 50 anni e sopra i 69 sono indicate con riserva, cioè condizionate alla tua corretta informazione intorno ai rischi e ai benefici.
Invece sotto i 45 anni le mammografie NON sono raccomandate mai, tantomeno con frequenza annuale, nonostante vediamo fioccare inviti dei vari testimonial e influencer, con il tipico trasporto emotivo delle campagne rosa.
LA NOSTRA INSISTENZA SUL TEMA
Prima di tutto perché se i media affrontassero il problema, invece di sventolare nastrini e bandierine, noi ne faremmo volentieri a meno; e poi perché è missione di 5LB Magazine scremare i diversi strati grossolani della comunicazione intorno alla salute:
- il primo è lo strato del marketing della salute, il quale spinge sulla paura e, fornendo informazioni parziali (illusione di adeguatezza dell'informazione) lascia aperta l'unica via di uscita, cioè quella verso l' "acquisto del prodotto";
- solo dopo aver tolto di mezzo il marketing, la persona può fare una scelta informata e serena per la sua salute sulla base delle migliori evidenze scientifiche;
- e solo dopo avere compreso il quadro completo e oggettivo dei fatti, la persona può calarsi in una scelta che abbia radici nelle proprie convinzioni e preferenze, come quando si abbraccia un modello di salute 5LB, per natura conservativo, incompatibile con il maligno e con le azioni per prevenirlo, e quindi si è poco propensi ad aderire a campagne di prevenzione secondaria.
A questo punto devi anche sapere che, se scegli di non sottoporti a mammografia a qualunque età, una parte di comunità scientifica ritiene la tua scelta ragionevole, sulla base di 30 anni di dati oggettivi.
Questi sono i fatti, osservati dalla nostra speciale prospettiva.
Però attenzione: la scelta di ogni donna deve fare sempre i conti con il percepito più profondo e biologico, che non è sempre scontato come vorrebbero le apparenze.
Per esempio potresti essere convinta razionalmente di ciò che ti ho appena raccontato, ma nel tuo intimo ci sia una paura inconfessabile o un irretimento familiare che, in coscienza delle 5 Leggi Biologiche, è più che opportuno ascoltare.
Leggi l'articolo "Prevenzione: fare o non fare? Questo è il dilemma..."